Russia-Ucraina, il conto alla rovescia e la "madre di tutte le sanzioni"
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Russia-Ucraina, il conto alla rovescia e la "madre di tutte le sanzioni"

. La diplomazia internazionale cerca di scongiurare il peggio, intanto, però, Mosca ha ammassato 100mila soldati ai confini con l’Ucraina e la Nato ha cominciato a mobilitare, su spinta americana, i suoi effettivi. 

Russia-Ucraina, il conto alla rovescia e la "madre di tutte le sanzioni"
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

27 Gennaio 2022 - 17.08


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Russia-Ucraina: è iniziato il conto alla rovescia. La diplomazia internazionale cerca di scongiurare il peggio, intanto, però, Mosca ha ammassato 100mila soldati ai confini con l’Ucraina e la Nato ha cominciato a mobilitare, su spinta americana, i suoi effettivi. 

Conto alla rovescia

Gli Stati Uniti si aspettano “un possibile uso della forza militare” in Ucraina da parte della Russia “entro la metà di febbraio”. Lo ha affermato il Dipartimento di Stato americano. Intanto gli Usa e gli alleati Natohanno “messo sul tavolo alcune proposte per un potenziale progresso se Mosca scegliesse la de-escalation. Progressi significativi si possono registrare solo in un clima più disteso”, ha detto Thomas Smitham, incaricato d’affari Usa a Roma.

Se la Russia rifiuta la diplomazia e viola ulteriormente l’integrità territoriale ucraina, “saremo totalmente allineati con l’Italia e gli altri nostri partner e alleati”, ha proseguito Smitham. “Imporremo misure dure nei confronti della Russia, comprese dure sanzioni economiche. Insieme ai nostri alleati e partner, risponderemo con forti misure che infliggerebbero costi significativi all’economia e al sistema finanziario russi”.

 L’ambasciatore americano a Mosca, John Sullivan, ha consegnato al ministero degli Esteri russo l’attesa risposta scritta di Washington alle richieste avanzate dalla Russia in relazione alla propria sicurezza. Lo ha annunciato in una nota il ministero degli Esteri di Mosca. La risposta fornita da Washington a Mosca in relazione alle sue richieste di garanzie sulla sicurezza europea offre “una via diplomatica seria, se la Russia la vuole”, ha invece detto il segretario di stato Usa Antony Blinken.

Scenari Nato

Stati Uniti e Nato hanno inviato le loro risposte e controproposte alla Russia che chiedeva maggiori garanzie sulla presenza delle truppe del Patto Atlantico vicino ai suoi confini. Adesso la parola torna di nuovo a Mosca che nei prossimi giorni avrà colloqui col presidente francese, Emmanuel Macron, con il segretario di Stato americano, Antony Blinken, e con la ministra degli Esteri britannica, Liz Truss. Ma il messaggio inviato dalla coalizione è chiaro: l’Ucraina deve poter scegliere i propri alleati senza alcuna ingerenza o minaccia esterna. Abbiamo fornito “un serio percorso diplomatico da seguire, qualora la Russia lo volesse”, ha dichiarato Blinken dopo aver annunciato che l’ambasciatore Usa si era recato al ministero degli Esteri di Mosca per consegnare le risposte richieste da Vladimir Putin. Ma la linea dell’Alleanza l’ha esplicitata il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, nel corso di una conferenza stampa straordinaria. Lo ha fatto elencando i tre punti imprescindibili per la ripresa di un serio dialogo che porti a una de-escalation: “Innanzitutto – ha esordito – dovremmo ristabilire i nostri rispettivi uffici a Mosca e a Bruxelles. Secondo, dovremmo fare pieno uso dei nostri attuali canali di comunicazione militari per promuovere la trasparenza e ridurre i rischi e cercare anche di creare una linea di comunicazione civile per le emergenze“. Terzo punto, “dovremmo consultarci sui modi per prevenire incidenti in aria e in mare e impegnarci nuovamente a rispettare pienamente gli impegni internazionali sulle armi chimiche e biologiche. Infine, dobbiamo avere una conversazione seria sul controllo degli armamenti, comprese le armi nucleari e le armi a medio e corto raggio a terra. Queste aree rappresentano un’agenda per un dialogo significativo. E ho invitato gli alleati e la Russia a una serie di incontri per affrontare tutte queste questioni in modo più dettagliato nel Consiglio Nato-Russia. Gli alleati sono pronti a incontrarsi il prima possibile”. E alle accuse di “provocazioni” lanciate da Mosca, ha risposto ricordando che i militari di Mosca si trovano anche in Bielorussia, in Moldova e in Georgia: “La Russia ritiri le sue truppe da questi Paesi e avvii una seria de-escalation“, è stato il suo appello.E alle accuse di “provocazioni” lanciate da Mosca, ha risposto ricordando che i militari di Mosca si trovano anche in Bielorussia, in Moldova e in Georgia: “La Russia ritiri le sue truppe da questi Paesi e avvii una seria de-escalation“, è stato il , è stato il suo appello Nel caso in cui i colloqui dovessero fallire, ha poi dichiarato Stoltenberg rispondendo alle domande dei giornalisti, la Nato è pronta ad aumentare la propria “Forza di risposta costituita da circa 5.000 soldati e attualmente guidata dalla Francia, ma anche altri alleati contribuiscono con truppe a questo strumento che può essere schierato in pochi giorni. Poi abbiamo ulteriori truppe che possono essere dispiegate con breve preavviso. Per dispiegare le risorse della Nato o qualsiasi elemento della Forza di risposta abbiamo bisogno di una decisione del Consiglio del Nord Atlantico. E quella decisione verrà presa, se necessario”. 

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La “ madre di tutte le sanzioni”

Intanto gli Stati Uniti stanno preparando quella che è già stata ribattezzata ‘la madre di tutte le sanzioni’. Un piano per colpire economicamente la Russia in caso di una nuova invasione dell’Ucraina che, sperano a Washington, funzioni soprattutto da deterrente contro una possibile azione militare. La bozza su cui sono partiti i negoziati è stata presentata dal presidente della commissione Esteri del Senato, Bob Menendez, e autorizza Joe Biden a colpire funzionari e istituzioni finanziarie con misure drastiche. E potrebbe raggiungere anche Vladimir Putin in persona. Un’ipotesi, questa, che ha scatenato la dura reazione del Cremlino, con il suo portavoce Dmitry Peskov che ha avvertito: in caso di sanzioni al presidente, queste risulteranno “politicamente dolorose” e “distruttive” per le relazioni tra Mosca e l’Occidente, aggiungendo che la legge russa vieta in linea di principio agli alti funzionari del Paese di possedere beni all’estero e che quindi le sanzioni non sarebbero “affatto dolorose” per Putin.

Il “niet” di Bruxelles

La Nato  ha escluso di soddisfare le richieste russe sul limitare la sua presenza nell’Europa orientale, giudicate per lo più «inaccettabili». Uno dei segnali più importanti di questa accelerazione è arrivato dall’annuncio del governo statunitense di avere messo in “stato di allerta” 8.500 soldati, che potrebbero essere presto impiegati in Europa orientale per contrastare l’aggressività della Russia. La decisione è stata definita dal New York Times un «grande cambiamento» per l’amministrazione Biden, che finora aveva adottato una posizione assai cauta nella crisi ucraina per evitare di provocare il governo russo. L’obiettivo principale di questa mossa, ha detto il governo americano, è quello di rassicurare gli alleati, timorosi di quello che potrebbe fare la Russia. “Stato di allerta” significa che in caso di necessità gli 8.500 soldati potranno essere trasferiti e “attivati” in tempi molto rapidi (per alcune unità si parla di 5 giorni al posto dei normali 10). Parte di questi soldati potrebbe essere mandata direttamente nei paesi Nato dell’Europa orientale, come Polonia e Romania, dove sono richieste unità militari con funzioni e abilità specifiche; l’altra parte, la maggioranza delle truppe, potrebbe rafforzare la Nato Response Force (Nrf), forza multinazionale della Nato formata da 40mila soldati e incaricata di rispondere rapidamente alle emergenze.

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Pechino prova a mediare

La Cina ritiene che “per risolvere” la questione della crisi in Ucraina sia necessario “tornare ancora al punto originale del Nuovo accordo di Minsk”, mentre “tutte le parti dovrebbero abbandonare completamente la mentalità della Guerra Fredda e formare un meccanismo di sicurezza europeo equilibrato, efficace e sostenibile attraverso negoziati”. Wang, secondo una nota diffusa dal ministero degli Esteri cinese, ha rimandato all’accordo di Minsk “approvato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu”, che “è un documento politico fondamentale riconosciuto da tutte le parti e dovrebbe essere attuato efficacemente”. Il ministro ha affermato, nel colloquio avuto questa mattina, che la sicurezza di un Paese “non può essere a scapito di quella di altri” e che “la sicurezza regionale non può essere garantita rafforzando o addirittura espandendo i blocchi militari”. La Cina, inoltre, chiede “a tutte le parti di mantenere la calma e di astenersi dal fare cose che stimolino la tensione e promuovano la crisi”.

La “guerra del gas” che allarma l’Europa

Di grande interesse, in proposito, è l’analisi di Tommaso Carboni su La Stampa: “La cosa certa – scrive Carboni –  è che il rischio di una guerra sta acuendo tensioni parallele, accumulatesi negli ultimi mesi sui mercati energetici mondiali. Non è difficile capire perché: il gas naturale che scorre attraverso una rete di gasdotti dalla Russia riscalda le case e alimenta le fabbriche in gran parte d’Europa. La Russia poi è anche una delle principali fonti di petrolio del continente. E lo stallo in Ucraina capita in un momento particolarmente inopportuno. I prezzi dell’energia sono già molto alti perché le forniture di idrocarburi (petrolio e gas) non hanno tenuto il passo con il rimbalzo più veloce del previsto dell’economia mondiale. E questo è vero soprattutto in Europa, dove c’è stata una fiammata dei costi di gas naturale ed elettricità. La prima causa sono i livelli di stoccaggio scesi ben al di sotto del normale. Col risultato che oggi il gas naturale è scambiato a circa cinque volte il prezzo di un anno fa. E la Russia, pur rispettando i contratti (fornisce circa un terzo del gas naturale europeo), non ha aiutato a calmare le acque. Primo perché ha deciso di non esportare quantità maggiori di gas – cosa che avrebbe calmato la tensione sui mercati. Questa sorta di stress test potrebbe anche essere una specie di ricatto architettato da Putin: il tentativo cioè di forzare l’approvazione finale di Nord Stream 2, il gasdotto sottomarino che collega la Russia alla Germania. Nell’ultimo mese però c’è stato un ribilanciamento del mercato. L’Europa sta trovando soluzione alternative. E i prezzi, pur restando molto alti, sono scesi. Come mai? Sta succedendo grazie a un’armata di navi giganti, dagli Stati Uniti ma anche dal Qatar, che trasporta quantità enormi di gas naturale liquefatto. «L’Asia ne ha meno bisogno, perché i livelli di stoccaggio sono più alti e le temperature dell’inverno finora sono state più miti», spiega Massimo Di Odoardo, vice presidente del comparto gas di Wood Mackenzie, una società di ricerche di mercato. Le esportazioni si sono dirette verso l’Europa attirate da prezzi più alti. L’inverno caldo asiatico, quindi, ci ha dato una grossa mano. «Sì, c’è meno rischio di rimanere senza gas», continua Di Odoardo «le preoccupazioni per i blackout stanno diventando sempre meno».

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Ma forse è opportuno prepararsi, o se non altro considerare, anche scenari più sfavorevoli. Molto, ovviamente, dipende da cosa decide Putin. Finirà per attaccare l’Ucraina? E se lo facesse, risponderebbe alle sanzioni occidentali tagliando le forniture? Per capire l’impatto di un eventuale guerra, il primo dato da tenere a mente è la quantità di gas che passa dall’Ucraina diretta verso l’Europa. Un’interruzione del flusso ci metterebbe davvero in crisi? «Un taglio delle forniture dall’Ucraina avrebbe un impatto abbastanza limitato, perché i volumi che passano di lì sono scesi nel tempo», chiarisce ancora Massimo Di Odoardo di Wood Mackenzie. «Certo, acuirebbe il problema. Il prezzo del gas aumenterebbe ancora». Normalmente attraverso l’Ucraina, spiega Di Odoardo, scorrono circa 40 miliardi di metri cubi di gas l’anno, cioè il 10% della domanda europea. Nell’ultimo mese però il volume è sceso molto, fino all’equivalente di 18 miliardi di metri cubi l’anno, rimpiazzato dalle navi cariche di gas naturale liquefatto. Ok, ma se la Russia attaccasse davvero? «Per ora, il consenso tra gli analisti è che le forniture continueranno: la Russia ha un vantaggio strategico a mostrarsi un fornitore affidabile, cosa che del resto ha fatto anche durante l’invasione in Crimea». Però se la guerra scoppiasse sul serio, danni alle strutture energetiche sono da mettere in conto, e provocherebbero comunque un taglio dei rifornimenti. Eppure, anche in questo caso – secondo Di Odoardo – un’alternativa esiste. «La Russia potrebbe spostare il gas su un altro oleodotto che attraversa Bielorussia e Polonia».

Però, in teoria, bisogna considerare anche la possibilità dello scenario catastrofico, quello da giorno del giudizio. E cioè che Putin interrompa completamente i rifornimenti energetici all’Europa come vendetta per le sanzioni occidentali. Ci sarebbe un’impennata dei prezzi, con conseguenza drammatiche per le bollette, ma anche in questo caso, secondo diversi analisti, l’Europa non resterebbe senza energia. Bisognerebbe far ripartire (o usare di più) il nucleare e gli impianti a carbone, e dare fondo ai depositi di gas esistenti. In sostanza, una tremenda crisi dei prezzi, ma non dell’offerta fisica d’energia”, conclude Carboni.

Nucleare e impianti a carbone: dalla padella alla brace, aggiungiamo noi. Una cosa è certa: a tenere il coltello energetico dalla parte del manico è lo “zar” del Cremlino. E l’Europa lo sa bene. 

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