Stop alla vendita d'armi ai sauditi: questa volta Oxfam è soddisfatta
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Stop alla vendita d'armi ai sauditi: questa volta Oxfam è soddisfatta

Si tratta della vittoria di un mondo solidale, pacifista, intelligentemente disarmista, che non ha mai smesso di battersi perché l’Italia ponesse fine alla vendita di armi all’Arabia Saudita.

Strage nello Yemen
Strage nello Yemen
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

29 Gennaio 2021 - 18.25


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Chi la dura, a volte, la vince. E’ questo il caso. E’ la vittoria di un mondo solidale, pacifista, intelligentemente disarmista, che non ha mai smesso di battersi perché l’Italia ponesse fine alla vendita di armi all’Arabia Saudita. Armi, bombe e altro, utilizzate dalla coalizione a guida saudita nelle stragi d’innocenti perpetrate in oltre cinque anni di guerra, nel martoriato Yemen.
La giornata di oggi è importantissima – dice a Globalist Paolo Pezzati, policy advisor per le crisi umanitarie di Oxfam Italia –  perché conferma una decisione che avrà un impatto sul futuro di milioni di persone in Yemen. Il Governo ha scelto di non alimentare, attraverso l’export di armi italiane, un conflitto che ha già causato decine di migliaia di vittime civili. E’ il momento di aumentare l’impegno diplomatico per una soluzione politica del conflitto, aumentando gli aiuti destinati ad alleviare le sofferenze del popolo yemenita.

Quasi 250,000 yemeniti sono morti dall’inizio della guerra nel 2015, di cui circa 100mila come conseguenza diretta dei combattimenti e circa 130mila a causa di fame e malattie acuite dal conflitto. Questa, nei numeri ufficiali di Ocha, l’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite, la fotografia di quella che viene generalmente riconosciuta come la più grave crisi umanitaria al mondo.

 “Il conflitto in Yemen entra nel suo sesto anno e una soluzione in grado di alleviare le sofferenze della popolazione appare ancora lontana – sottolinea Kostas Moschochoritis, segretario Generale di Intersos – Milioni di yemeniti sono più affamati, più malati e versano in condizioni peggiori di un anno fa. Per molti, l’aiuto umanitario rappresenta l’unica ancora di salvezza. In questo momento circa 900 operatori di Intersos, yemeniti e internazionali, sono in prima linea per portare aiuto ai più vulnerabili. Quella per salvare vite umane è spesso una corsa contro il tempo. Per questo, nel quinto anniversario della guerra, vogliamo lanciare un appello chiaro: non abbassiamo l’attenzione su quanto sta avvenendo, la guerra non resta a casa, e l’azione umanitaria non si ferma, anzi, va sostenuta e intensificata».

Apocalisse yemenita

A Taiz e Hodeidah – principale porto dello Yemen – ogni giorno 4 persone inermi vengono ferite o uccise. È il drammatico bilancio a due anni dagli accordi di pace di Stoccolma, firmati il 13 dicembre 2018, che avrebbero dovuto alleviare le sofferenze di un paese duramente colpito dalla guerra.

In quell’occasione Oxfam ha rivolto un appello urgente alla comunità internazionale per un immediato cessate il fuoco che consenta alle organizzazioni umanitarie di soccorrere la popolazione stremata da carestia, colera e ora pandemia da coronavirus, del tutto fuori controllo con la metà delle strutture sanitarie distrutte da quasi 6 anni di conflitto.
“Dalla firma degli accordi di Stoccolma, sono stati colpiti oltre 2.600 civili nei due governatorati. – spiega Paolo Pezzati,– Nonostante qualche timido progresso nel dialogo tra le parti in conflitto, ossia gli Huthi e il governo internazionalmente riconosciuto sostenuto dalla coalizione a guida saudita, siamo ancora molto lontani da una soluzione che porti alla pace. Una situazione drammatica di cui fa le spese per prima una popolazione stremata da un conflitto che ha già causato oltre 100 mila vittime di cui 12 mila civili, con le organizzazioni umanitarie che devono affrontare enormi difficoltà per portare aiuti”.
L’escalation del conflitto a Hodeidah rischia di portare alla carestia milioni di yemeniti 
L’escalation degli scontri da ottobre a Hodeidah minaccia la sopravvivenza di oltre 24 milioni di persone che dipendono dagli aiuti umanitari in tutto lo Yemen, visto che da qui transitano l’80% del cibo, delle medicine e del carburante che entrano nel paese.
A causa degli scontri centinaia di famiglie sono state costrette ad abbandonare le loro case nelle ultime settimane, mentre in città le forniture d’acqua sono state tagliate per far spazio alle trincee. La popolazione sta letteralmente restando senza acqua e cibo e le organizzazioni umanitarie non possono soccorrerle a causa dei blocchi alla circolazione imposti dalle parti in conflitto. Una situazione che potrebbe significare carestia per altri milioni di persone, in un paese in cui già in 7 milioni e mezzo, tra cui 1,2 milioni di bambini, soffrono la fame.
Voci dall’inferno di Taiz
Ci sono pochi altri luoghi in Yemen in cui il conflitto ha distrutto così tante vite come a Taiz, dove si sono raggiunti livelli di violenza mai visti prima. Una città sotto assedio, dove la guerra continua a costringere alla fuga dalla morte, che può arrivare dal cielo o via terra. Basti pensare che dall’inizio del conflitto oltre il 30% dei circa 22 mila raid aerei della coalizione saudita hanno colpito obiettivi civili in tutto il paese, mentre solo Taiz è stata colpita da oltre 2.600 bombardamenti di cui più della metà diretti ad obiettivi non militari.
Mohammed (nome di fantasia) vedovo, a 50 anni ed è scappato ad inizio novembre da Taiz. Sua figlia ha visto morire suo marito sotto le bombe. Così quando gli scontri si sono intensificati di nuovo ha deciso di fuggire assieme ai suoi 4 figli e ai nipoti, tra cui il più piccolo di appena 6 mesi, in un campo profughi temporaneo allestito in una scuola nel distretto di Ash Shamayteen.
“Abbiamo trovato rifugio nella tenda di un’altra famiglia, ma adesso siamo in 10, costretti a sopravvivere senza cibo, acqua, servizi igienici. – racconta –  Presto dovremo andarcene di nuovo, anche se non sappiamo dove. Avevo un lavoro a Taiz che ho perso e se adesso, come dicono, sposteranno il campo lontano dal mercato, non avremo più nemmeno la possibilità di elemosinare qualche avanzo di cibo”. 
“Spesso io e mio marito andiamo avanti per giorni e giorni solo con po’ di pane e acqua per provare a comprare le medicine di cui ho bisogno, che il più delle volte non si trovano”, aggiunge Jamila (nome di fantasia), a cui è stato diagnosticato un tumore al seno prima dello scoppio della guerra nel 2015. Lei come milioni di suoi connazionali deve fare i conti con un sistema sanitario al collasso, che adesso deve fare i conti anche con la pandemia da Covid, senza nessuno strumento per affrontarla.
L’appello alla comunità internazionale
“In tutto lo Yemen ci sono già oltre 4 milioni di sfollati e più di 20 milioni di persone non hanno accesso a cure di base, mentre le grandi potenze mondiali continuano a trarre profitto dalla vendita di armi alle parti in conflitto.  – conclude Pezzati – Nemmeno l’appello per un cessate il fuoco globale lanciato dalle Nazioni Unite ha sortito effetto in Yemen. Rilanciamo perciò un appello urgente, perché tutto questo finisca al più presto e si arrivi ad un immediato cessate il fuoco tra le parti, prima che il Paese piombi in una catastrofe umanitaria da cui non potrà rialzarsi”.
Si può sostenere l’appello rilanciato da Oxfam per un cessate il fuoco globale, firmando suhttps://www.oxfamitalia.org/cessate-fuoco-globale/

In Yemen si continua a soffrire. E a morire. Una mattanza che si spera, un giorno non lontano, abbia fine. Intanto, l’Italia ha deciso di non esserne  più complici. C’è da esserne orgogliosi. 

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