Armi all'Egitto, il Governo alla sbarra: non lasciamo soli i genitori di Giulio Regeni
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Armi all'Egitto, il Governo alla sbarra: non lasciamo soli i genitori di Giulio Regeni

La famiglia ha annunciato un esposto-denuncia per violazione della legge 185/90, che vieta l’esportazioni di armi verso Paesi, i cui governi siano responsabili di gravi violazioni dei diritti umani

I genitori di Giulio Regeni
I genitori di Giulio Regeni
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

2 Gennaio 2021 - 16.31


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“C’è un giudice a Berlino”. E anche a Roma. A mancare, a Roma, è un Governo con la schiena diritta, che abbia ancora un briciolo di dignità e, diciamo pure, un minimo di orgoglio nazionale necessari per non subire ogni sorta di provocazione da parte di un presidente -carceriere che ha coperto un delitto di Stato ai danni di un giovane ricercatore italiano, Giulio Regeni. 

Vergogna infinita

Non solo non è stato richiamato il nostro ambasciatore, non solo non è stato convocato alla Farnesina l’ambasciatore egiziano, ma l’Italia continua ad armare i carnefici di Giulio. 

Per anni, Claudio e Paolo Regeni, hanno sperato, si sono battuti, perché  chi ha governato l’Italia negli anni a seguire l’assassinio di loro figlio, facesse tutto ciò che era in suo potere per individuare esecutori e mandanti di quel brutale assassinio. Al loro fianco, Paola e Claudio Regeni, hanno sempre avuto una brava e infaticabile avvocata, Alessandra Bellerini, e un mondo solidale fatto da associazioni, gruppi di base, personalità del mondo della cultura, dell’informazione, della politica, che hanno continuato a pretendere dalle autorità italiane quello che si pretende da un Governo degno di questo nome: non genuflettersi ai piedi di un rais salito al potere con un putsch militare, che ha riempito le carceri egiziane di oltre 60mila oppositori, che ha fatto dello stato d’emergenza la normalità, che detiene in un carcere-inferno come quello di Tora, un giovane studente dell’Università di Bologna, Patrick Zaki, condannato ad una sorta di “ergastolo amministrativo”, che sta minando le sue condizioni psicofisiche. Un regime che per cinque anni ha depistato, cancellato prove, promesso una collaborazione tra procure che non c’è mai stata. E tutto questo mentre vendeva armi all’Egitto.

Una vergogna infinita. La fiducia verso il Governo italiano si è azzerata. La presa in giro è terminata. Da Palazzo Chigi e dalla Farnesina non saranno mai compiuti quei passi dovuti. Da questa dolorosa presa atto, nasce la denuncia contro il governo italiano per violazione della legge sulla vendita di armi a Paesi “autori di gravi violazioni dei diritti umani”. E’ quanto hanno predisposto Claudio e Paola Regeni. 

Dal punto di vista giudiziario entro le prossime settimane il sostituto procuratore di Roma, Sergio Colaiocco titolare del fascicolo di indagine, chiederà il rinvio a giudizio per i 4 appartenenti ai servizi segreti egiziani. Per il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif le accuse variano dal sequestro di persona pluriaggravato al concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. Nell’atto di chiusura delle indagini i pm parlano di sevizie durate giorni, avvenute in una struttura dei servizi, che causarono a Giulio acute sofferenze fisiche messe in atto anche attraverso oggetti roventi, calci, pugni, lame e bastoni. I magistrati di piazzale Clodio hanno, invece, sollecitato l’archiviazione per Mahmoud Najem. “Per quest’ultimo non sono stati raccolti elementi sufficienti, allo stato, a sostenere l’accusa in giudizio” hanno affermato gli inquirenti capitolini.  

Tredici giorni dopo la chiusura di quelle indagini, però, e cioè il 23 dicembre, è stata consegnata all’Egitto prima delle due fregate Fremm vendute da Fincantieri al Cairo nei mesi scorsi. Si tratta della vendita all’Egitto della fregata multiruolo Fremm Spartaco Schergat, ora ribattezzata ‘Al-Galala’, costruita da Fincantieri e consegnata il 23 dicembre a La Spezia con una cerimonia in sordina. A rivelarlo alcuni giorni fa è stata la Rete italiana Pace e Disarmo, osservando come il tentativo di tenere nascosta la consegna e la successiva partenza alla volta dell’Egitto durante il periodo Natalizio manifesta l’imbarazzo da parte del Governo italiano per tutta questa operazione che avviene a pochi giorni dalle dure accuse mosse al regime egiziano dalla procura di Roma che indaga sulla morte di Giulio Regeni. Non solo: la legge 185 del 1990 che regolamenta le esportazioni di sistemi e materiali militari italiani, prevede che l’esportazione di armamenti sia vietata “verso i Paesi in stato di conflitto armato” ma anche verso quelli “i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’UE o del Consiglio d’Europa”. L’Egitto è, indiscutibilmente, uno di questi.

 E i Regeni hanno deciso di denunciare il governo, come annunciato ieri nel corso della trasmissione Propaganda Live. Il provvedimento è stato redatto dall’avvocato Alessandra Bellerini, legale dei familiari del ricercatore ucciso nel 2016.

“Assieme alla nostra legale abbiamo predisposto un esposto-denuncia contro il governo italiano per violazione della legge 185/90, che vieta l’esportazioni di armi verso Paesi, i cui governi sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani accertati dai competenti organi dell’Ue, dell’Onu e del Consiglio d’Europa e il governo egiziano rientra certamente tra quelli che si sono macchiati di queste violazioni”. hanno detto Paola e Claudio Regeni. I genitori di Giulio hanno ribadito nel corso della trasmissione, all’indomani delle dichiarazioni della procura egiziana, la richiesta di richiamare l’ambasciatore in Egitto. “Chiediamo questo come atto forte. E’ importante che l’Italia dia l’esempio – hanno detto – Chiediamo anche che la Procura non venga insultata, chiediamo fermezza. Bisogna reagire, sennò i nostri figli che vanno in giro per il mondo non saranno più sicuri”.

Pochi giorni fa, infatti, la procura generale del Cairo è tonata a difendere pubblicamente i quattro membri della National Security accusati dai pm di Roma di essere i responsabili del rapimento, della tortura e dell’uccisione di Regeni.

 “Per il momento non c’è alcuna ragione per intraprendere procedimenti penali circa l’uccisione, il sequestro e la tortura della vittima Giulio Regeni, in quanto il responsabile resta sconosciuto“, sostiene il procuratore generale, Hamada Al Sawi. Il documento diffuso dal Cairo attacca i pm italiani, li accusa di non aver fatto bene il proprio lavoro e ipotizza l’esistenza di una sorta di complotto sul caso Regeni per “nuocere alle relazioni” tra Italia ed Egitto. I magistrati si spingono fino a giudicare il comportamento tenuto da Giulio nel corso della sua permanenza in Egitto, mentre stava svolgendo ricerche per la sua tesi, definendolo ”non consono al suo ruolo di ricercatore” e per questo posto “sotto osservazione” da parte della sicurezza egiziana “senza però violare la sua libertà o la sua vita privata”.

 È “come se avesse parlato al Sisi”,  ha evidenziato Paola Regeni, visto che il procuratore generale è un militare nominato da lui. Ma l’attacco, accusano i coniugi, è “favorito” dal nostro governo “troppo remissivo, troppo debole” che parla senza compiere “azioni conseguenti”. E concludono: “Insultando la procura insultano noi, Giulio e l’Italia. Con questi governi non si tratta. Ci vuole un po’ di dignità”.

Le fregate vendute all’Egitto

“Quella delle fregate vendute all’Egitto è un’immagine che non avremmo voluto vedere. Paola e Claudio Regeni sono due genitori, e sono soprattutto due cittadini italiani che combattono perché venga fatta verità e giustizia. L’Egitto deve sapere che l’Italia non si volterà dall’altra parte e continuerà a pretendere verità e giustizia per Giulio Regeni”.  Ad affermarlo è il presidente della Camera, Roberto Fico. Peccato che, nei fatti, dello stesso avviso non sia il suo compagno di partito e ministro degli Esteri Luigi Di Maio. 

La domanda che attende ancora una risposta

E’ quella che Globalist continua a porre al presidente del Consiglio: “Il 23 dicembre è stata consegnata alla Marina militare egiziana ed è salpata in sordina dalla Spezia alla volta dell’Egitto la prima delle due fregate Fremm denominata al Galala: per la Rete italiana Pace e Disarmo, che aveva chiesto di sospendere questa fornitura, questa consegna, avvenuta senza cerimonia né un comunicati da parte del governo o dei ministeri competenti, manifesta l’imbarazzo del governo per tutta l’operazione della vendita di sistemi militar all’Egitto. Lo scorso febbraio, durante l’audizione nella Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uccisione d Giulio Regeni, la segretaria generale della Farnesina, Elisabetta Belloni, ha confermato che Uama (l’autorità nazionale per il rilascio delle autorizzazioni all’esportazione di sistemi militari) ha autorizzato le principali aziende italiane del settore degli armamenti (Leonardo ex Finmeccanica e Fincantieri) alle trattative con l’Egitto per quello che è chiamato il “contratto del secolo”: un contratto tra i 9 e gli 11 milioni per la fornitura all’Egitto di consistente pacchetto di sistemi militari tra cui altre 4 fregate militari, 20 pattugliatori (che potrebbero essere costruiti nei cantieri egiziani), 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M346. Un contratto, il maggiore mai rilasciato dall’Italia dal dopoguerra, che farebbe dell’Egitto il principale acquirente di sistemi militari italiani. Lei può confermare che le trattive per questo contratto sono tuttora in essere? Sono state vincolate a precisi passi in avanti da parte delle autorità egiziane per fare luce sull’uccisone di Giulio Regeni?”.

Dubitiamo fortemente che Conte risponderà mai a questa domanda e  che stopperà le vendite di armi all’Egitto. E se sarà costretto a farlo, sarà un giudice a imporlo. 

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