I soldati italiani restano in Iraq: "Nessuna interruzione della missione"
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I soldati italiani restano in Iraq: "Nessuna interruzione della missione"

Ma 50 carabinieri di base a Baghdad sono stati trasferiti per motivi di sicurezza in un altro compound considerato più sicuro. 

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8 Gennaio 2020 - 07.58


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I militari italiani restano in Iraq, ma è stato avviato il riposizionamento fuori dalla capitale Baghdad. “Nessuna ipotesi di ritiro” dall’Iraq, spiega una nota della DIfesa. Lo stato maggiore della Difesa aggiunge che il quartier generale della Coalizione internazionale che opera in Iraq “al momento sta pianificando una parziale ridislocazione degli assetti al di fuori di Baghdad”. Viene precisato che ciò “non rappresenta un’interruzione della missione e degli impegni presi” dall’Italia con i partner internazionali e che la decisione è stata presa a “livello di colazione internazionale”. 

La Stampa scrive oggi che 50 carabinieri di base a Baghdad sono stati trasferiti per motivi di sicurezza in un altro compound considerato più sicuro. 

La pausa delle attività di addestramento e l’eventuale ridislocazione dei militari italiani dalle zone di operazione irachene, sottolinea lo Stato Maggiore della Difesa, “rientra nei piani di contingenza per la salvaguardia del personale impiegato” e dipendono “solo dalle misure di sicurezza adottate”: dunque “non rappresentano una interruzione della missione e degli impegni presi con la coalizione”. Lo Stato Maggiore ricorda inoltre che “gli stati di allertamento e le misure di sicurezza sono decise a livello di coalizione internazionale in coordinamento con le varie nazioni partner”.

Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha sentito il segretario di Stato alla Difesa, lanciando un appello alla “moderazione, al dialogo e al senso di responsabilità con cui va gestita la complessità della attuale situazione in Iraq”.
Le priorità per l’Italia, ha sottolineato il ministro, “sono la stabilità della regione e dell’Iraq, e la necessità di mettere in atto ogni sforzo per preservare i risultati della lotta a Daesh conseguiti in questi anni”. Poi il riferimento alla necessità di un coordinamento in futuro: “Con circa 1000 uomini in Iraq, oltre 1000 in Libano nella missione Unifil, e poco meno di 1000 in Afghanistan, l’Italia è fra i Paesi più impegnati per la stabilità della regione”, ha affermato, sottolineando “l’importanza – condivisa da Esper – di far fronte in maniera coordinata agli sviluppi futuri, con l’obiettivo di poter continuare l’impegno della Coalizione anti-Daesh, all’interno di una cornice di sicurezza per i nostri militari”.

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Il segretario di Stato alla Difesa Usa ha mostrato “apprezzamento”, per “il livello e la qualità dell’impegno italiano nella Coalizione” anti-Isis. Esper, informa la Difesa, ha inoltre “riconosciuto come forte segnale positivo la scelta italiana di mantenere la propria presenza sul campo, nello stesso territorio iracheno, nel quadro della misura cautelativa pianificata dalla Coalizione che per alcune unità ha disposto un parziale ridislocamento da Bagdad”.

I militari italiani restano, i tedeschi no. Almeno in parte. La Germania ha annunciato il ritiro una porzione delle sue truppe presenti in Iraq. Lo ha reso noto il Governo, spiegando che a seguito dell’uccisione di Qassam Soleimani a Baghdad ha deciso di ricollocare 30 dei 120 militari in Iraq – impegnati in operazioni di addestramento delle forze di sicurezza irachene – in Giordania e Kuwait. 

“In Iraq non c’è soluzione senza componente militare” ha detto, in un’intervista a Rai Radio1, il generale Claudio Graziano, capo del Comitato militare dell’Unione europea, la più alta autorità composta dai capi di stato maggiore della Difesa dei 28 Paesi membri. “Quando c’è una crisi”, ha proseguito il generale parlando della presenza italiana in Iraq, “non è il momento in cui ci possiamo far prendere dal panico. Bisogna aumentare l’attenzione. In questo momento l’Unione europea deve trovare la forza di prepararsi e di intervenire in aree in cui la soluzione non è mai militare”.

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Il Parlamento iracheno ha votato una risoluzione domenica scorsa in cui invita il Governo a ottenere il ritiro delle truppe straniere dal Paese.

I 30 militari tedeschi che saranno ritirati erano a Baghdad e Taji, città a pochi km a nord della capitale irachena. Gli altri 90 stazionano nella regione curda, nel nord dell’Iraq. Berlino ha assicurato che le truppe torneranno se riprenderanno le missioni di addestramento. Heiko Mass, ministro degli Esteri, ha detto in un’intervista alla Zdf di essere preoccupato di un possibile ritorno in auge dello Stato Islamico. 

Il Governo tedesco ha innalzato il livello di allerta di sicurezza dopo il raid americano in Iraq, ha confermato il ministero dell’Interno alla Cnn, spiegando che le nuove linee guida sono state inviate i governi locali dei 16 land per assicurare la protezione dei siti americani. Le “appropriate misure di sicurezza” riguardano anche siti israeliani, riferisce Times of Israel. 

Secondo esperti di due dei principali istituti tedeschi di ricerca economica, il DIW di Berlino e l’IfW di Kiel, l’economia tedesca dovrà affrontare ulteriori difficoltà se le tensioni in Medio Oriente – acuite dall’attacco americano a Baghdad – continueranno a peggiorare. Il rischio – spiegano Marcel Fratzscher, presidente di DIW, e Gabriel Felbermayr, presidente di IfW – è dovuto soprattutto all’elevata dipendenza dalle esportazioni delle società tedesche. “In questi tempi di enorme incertezza, un conflitto in Medio Oriente sarebbe l’ultima cosa che l’economia potrebbe sopportare”, ha detto Fratzscher alla Dpa. Felbermayr, da parte sua, ha affermato che queste crisi aumentano l’incertezza politica e sono, quindi, un altro fattore che pesa sull’economia mondiale. Per il direttore di IfW, alla luce dei crescenti rischi geopolitici, la Germania “farebbe bene a prepararsi” a scenari difficili “rafforzando le forze della propria dinamica economica”.

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