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La difesa dell'ambiente e le grandi religioni, l'Islam

Allah non ama i dissipatori. Nel mondo islamico l’uomo è custode della Terra, da qui varie iniziative in favore della sostenibilità ambientale, anche nel campo della finanza.

La difesa dell'ambiente e le grandi religioni, l'Islam

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17 Settembre 2012 - 16.40


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Un cammino nella concezione del rapporto uomo/natura nelle grandi religioni monoteiste – capitolo 2, il mondo dell’Islam. di Luca Scarnati

Nel Corano Dio crea la Terra, esseri umani compresi, e ne affida all’uomo la custodia. L’uomo ha la responsabilità di mantenere l’equilibrio e l’armonia nella creazione, salvaguardando la sua flora e la sua fauna. E un giorno sarà chiamato a risponderne. Si dice inoltre che Allah inviti a godere dei frutti della terra, ma ad evitare l’eccesso e soprattutto a non dissipare le risorse e a non produrre rifiuti: “ Allah non ama i dissipatori”.
Nella pratica la legge dell’Islam, la Sharia, protegge gli animali contro la crudeltà, conserva le foreste, e limita la crescita delle città.

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Ma i buoni principi divengono realtà? Qualcosa si muove: una sorta di piano quinquennale per l’ambiente è stato messo in piedi dall’Unione Internazionale degli Ulema: nel 2009 cinquanta studiosi religiosi di tutto il mondo si sono riuniti per definire e lanciare il Piano dei Sette Anni, con lo scopo di salvaguardare il pianeta, agendo prevalentemente sul contenimento dei cambiamenti climatici. Tanto che viene istituita un’apposita organizzazione: l’Associazione Mussulmani per l’Azione sui Cambiamenti Climatici (MACCA), il cui piano settennale si prefigge di:

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• utilizzare carta ricavata da boschi sostenibili per le 15 milioni di copie del Corano prodotte ogni anno;

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• stabilire un’etichettatura islamica per prodotti
ecologicamente sostenibili con standard rigorosi di autenticità;

• Lavorare per un ‘Green Hajj’ (Hajj è il pellegrinaggio alla mecca, che ogni anno vede arrivare in Arabia Saudita 2 milioni di persone) con il ministro saudita dell’Hajj. Lo scopo è di liberarsi al più presto dell’enorme accumulo di bottiglie di plastica, e successivamente di introdurre iniziative ecocompatibili nei prossimi cinque-dieci anni per trasformare l’Hajj in un pellegrinaggio ecologicamente sostenibile con un’apposita guida da distribuire ai pellegrini.

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• Sviluppare un modello di ‘città verde’ mussulmana, che possa fungere da modello per altre città verdi islamiche. Medina è la prima ad essere scelta per questa iniziativa.
• Mettere a disposizione dei luoghi di cultura islamica formazione e materiale relativi alla conservazione dell’ambiente, con particolare attenzione alla formazione degli imam e alle scuole; realizzare un canale speciale TV per l’Islam e l’ambiente da trasmettere in diverse lingue.

• Sviluppare una guida pratica per le imprese per lo sviluppo sostenibile.

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Può sembrare una generica dichiarazione d’intenti, come una delle tante che vengono fuori da un qualsiasi incontro internazionale sul tema dell’ambiente: ”Si può fare questo, si può fare quello, magari una maggiore sensibilizzazione potrebbe…”, l’unica differenza è che l’influenza sui mussulmani dei precetti emanati dalle autorità religiose è molto maggiore che nel mondo cristiano Quindi se il quasi miliardo e mezzo di mussulmani del Mondo facessero la loro parte sarebbe un contributo non trascurabile. Certo non possiamo dimenticare che i maggiori produttori di petrolio, il cui utilizzo è il primo responsabile dell’emissione del principale gas serra, sono paesi islamici, i cui regnanti difficilmente andranno a toccare i grandi interessi economici, ma come dicevamo qualcosa si muove.

Secondo i precetti dell’islam non sono concessi il prestito a interesse e la speculazione, tanto che la finanza islamica è considerata una finanza etica, e a breve anche sostenibile, dato che alcuni paesi stanno per emettere i green sukuk. Si tratta di obbligazioni che vanno a finanziare attività industriali e infrastrutture basate su tecnologie ecosostenibili. Gli acquirenti guadagnano in base ai profitti generati dalle attività reali e non secondo i tassi di interesse. Secondo gli analisti il 2012 potrebbe vedere fondi sovrani, istituti di credito e investitori privati vicini all’Islam, sottoscrivere queste obbligazioni, tanto da farlo divenire l’anno della finanza islamica ecosostenibile.

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Anche il mondo dei bloggers dibatte su islam e ambiente, soprattutto nei paesi dove la comunicazione in rete non trova ostacoli tecnologici o legislativi, come USA e UK, dove associazioni o attivisti vicini al mondo mussulmano hanno creato decine di blog dove è possibile trovare consigli e informazioni che rendano più sostenibili la messa in pratica dei precetti religiose sia nel culto che nel vivere quotidiano. Tra questi [url”Muslim green team”]www.muslimgreenteam.org[/url], [url”Green prophet”]www.greenprophet.com[/url], [url”Ecomuslim”]www.ecomuslim.com/en/[/url]. Si spera che a breve trovino spazio anche i giovani della Primavera Araba.

La puntata precedente sul Cattolicesimo e la Bibbia:

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