L'allarme di Federacciai: "I nostri impianti gli unici fermi in Europa, saremo tagliati fuori dal mercato"
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L'allarme di Federacciai: "I nostri impianti gli unici fermi in Europa, saremo tagliati fuori dal mercato"

Il presidente Alessandro Banzato: "In Francia, Germania e Spagna si continua a produrre, da noi stop al 95%"

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30 Marzo 2020 - 13.32


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Se nell’acciaio “noi siamo fermi al 95%” ma “si continua a produrre” in Paesi come Germania, Francia e Spagna “in prospettiva la siderurgia italiana ne soffrirà come presenza sui mercati”, “potremmo essere lasciati fuori”, avverte il presidente di Federacciai, Alessandro Banzato, in una intervista all’ANSA. Con un “rispetto rigorosissimo della sicurezza”, “d’accordo con i sindacati”, “con il conforto dei dati scientifici sul trend dell’emergenza”, dice, bisogna valutare “un lento, leggero, graduale riavvio degli impianti”.

E’ cauto ma chiaro nel “segnalare un problema” l’imprenditore Alessandro Banzato, azienda siderurgica di famiglia, Acciaierie Venete, e leader della federazione di Confindustria delle aziende dell’acciaio. “Abbiamo bisogno che piano piano di rimetta in moto il sistema”, con la “massima attenzione” a tempi e modalità per la massima sicurezza, perché “siamo perfettamente inseriti in una filiera europea, è un mondo interconnesso. E’ del tutto evidente che se noi ci fermiamo, se noi siamo fermi e gli altri Paesi continuano a funzionare, in prospettiva, non sul breve termine ma se le cose dovessero protrarsi molto a lungo, la nostra siderurgia potrebbe potrebbe patirne da un punto di vista di presenza sui mercati”. L’allarme è: “Possiamo per un pò essere assenti ma non può essere una cosa che si prolunga troppo a lungo soprattutto se negli altri paesi europei i comportamenti sono diversi. È chiaro che nei mercati potremmo essere lasciati fuori. Chi ha un ordine non aspetta, se vede che tu non ci sei più cerca da un’altra parte”.

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Il riferimento è a quanto accade nella siderurgia tedesca, francese e spagnola. Federacciai ha un confronto continuo, “riunioni telefoniche”, con le altre federazioni europee di settore: “L’unica in blocco totale è la nostra siderurgia. Questa cosa è suffragata anche dai consumi elettrici: dal 9 al 25 marzo, sono dati della Fondazione Edison, la diminuzione in Italia è stata del 25% mentre in Germania è stata di circa il 5%. Questo è significativo di come questa emergenza viene affrontata in altri paesi”; “Abbiamo anche molte imprese nostre associate che  hanno stabilimenti anche in altri Paesi europei: mi sembra di vedere che  il funzionamento sia al momento quasi pieno. Chi ha ridotto lo ha fatto perchè ha un mercato di sbocco fermo: per esempio, chi è legato al mondo auto che si è fermato ha dovuto ridurre molto il suo lavoro. Ma in altri settori che invece stanno continuando a funzionare la produzione sta continuando ad andare avanti: abbiamo visto la Germania, la Francia, e non so come si stanno comportando oggi in Spagna ma fino alla scorsa settimana hanno lavorato”.
Per quanto tempo la siderurgia italiana può reggere questa asimmetria? “Non vogliamo porre dei limiti di tempo, serve grande attenzione, ma vogliamo porre un problema. La stragrande maggioranza dei produttori italiani è ormai ferma da tre settimane. Penso che avremo un confronto anche con il Governo per vedere se nella settimana prima di Pasqua o in quella successiva sarà possibile, magari con dei limiti, cominciare a pensare, in accordo con i sindacati, se si può cominciare a vedere se riattivare qualcosa”, se ci sarà “il conforto di qualche dato scientifico” sull’evoluzione dell’epidemia.

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“L’idea che potrebbe la base, per un attimo di recupero è quella di una ripartenza leggera, piano piano: cominciare a riavviare gli impianti, gradualmente, ovviamente nel rispetto rigorosissimo della sicurezza nei posti di lavoro. Un lento e leggero riavviamento”. Oggi, l’acciaio in Italia ”è fermo per il 95%. Sta funzionando ancora un ciclo continuo come quello di Taranto ma credo abbia problemi con le spedizioni. Se io produco devo poter anche spedire, chiunque  ha continuato a funzionare anche la settimana scorsa ha un problema di riavviamento della filiera. Se sono in produzione ma non riesco a dare sbocco ai miei clienti dopo un pò mi fermo perché non posso accumulare magazzini mostruosi. Il settore è quasi totalmente fermo”.

L’impatto economico del coronavirus in Europa “sarà severo”: quest’anno ci sarà una profonda recessione”. Lo afferma il Fmi in un blog di Poul Thomsen, il direttore del Dipartimento Europeo del Fondo. “Nelle maggiori economie europee i servizi non essenziali chiusi dai decreti dei governi rappresentano un terzo” del pil e questo vuol dire che “ogni mese che questi settori restano chiusi si traduce in un calo del 3% del pil annuale, e questo prima di prendere in considerazione le ricadute sul resto dell’economia”.

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