"Viva l'Italia": una Forrest Gump italiana al teatro Tordinona di Roma
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"Viva l'Italia": una Forrest Gump italiana al teatro Tordinona di Roma

Italia è una donna di sessant'anni che vive come se ne avesse sette. Intervista alla protagonista Anna Cianca

"Viva l'Italia": una Forrest Gump italiana al teatro Tordinona di Roma
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23 Ottobre 2023 - 11.26


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di Alessia de Antoniis

Italia ha un ritardo mentale, ha sessanta anni, ma ne dimostra sette. Italia non si è mai separata da sua madre. Fino a ora.

Italia è la protagonista di “Viva l’Italia”, di  Franca De Angelis, con Anna Cianca e la regia di Rosa Masciopinto. Da giovedì 26 a domenica 29 ottobre al Teatro Tordinona di Roma.

“Viva l’Italia” è la storia di una Forrest Gump dei nostri tempi. Un dramedy che racconta la storia di una donna entrata nella terza età con un disturbo cognitivo che le fa vivere la realtà come fosse una bambina.

 “Italia, di sessant’anni che in realtà ne dimostra sette, non è un personaggio, ma una condizione che l’attrice deve cercare dentro di sé, nella storia della bambina che è stata – dice la regista Rosa Masciopinto – l’azione dura il tempo di una mattina: oggi è la Festa della Repubblica, proprio oggi che la televisione ha deciso di non funzionare, proprio oggi che la mamma è oltre una porta chiusa e non risponde, proprio oggi che bisognava cominciare a essere autonomi.

Per la prima volta in sessant’anni, Italia è sola con una televisione spenta che eppure le ha dato una storia: la fine degli anni settanta, metà degli ottanta, i novanta fino agli inizi del 2000. Sembra il racconto di un’Italia nata da mamma RAI e papà Mediaset, un Paese che invecchia rimanendo fermo, un eterno bambino innamorato dei balletti del sabato sera”.

Italia è Anna Cianca, che abbiamo incontrato durante le prove. 

Il libro della De Angelis contiene tre storie che parlano di vita: nascita, malattia, morte, rapporti umani. Cosa l’ha affascinata di questa parte del libro?

L’elemento che mi ha catturato del testo teatrale “Viva l’Italia” è, senza dubbio, la sua protagonista. Questa donna di sessanta anni, ma che ne ha sette e possiede una saggezza da centenaria. Vive con una madre anziana e non sa cosa significhi diventare una persona autonoma.

La malattia mentale una volta era un tabù: chi aveva un malato in casa non ne parlava: era uno stigma. Pensa che oggi siamo cambiati?    

Purtroppo no, non vedo grandi cambiamenti in tal senso. Certo, oggi un diversamente abile non viene segregato in casa, nascosto alla vista della comunità perché considerato una ‘vergogna’ per la famiglia, tuttavia il nostro ‘sguardo’, quello di noi cosiddetti abili verso chi ha la capacità di interpretare la realtà in modo diverso rimane ancora troppo spesso pervaso di commiserazione.          

La pandemia ha costretto molti a fare i conti con la disabilità mentale. Il livello di civiltà, di progresso di una nazione si misura anche attraverso l’assistenza data alle famiglie che affrontano queste realtà?

Certamente.

 Italia ha un ritardo mentale e problemi di memoria. Italia vive nel passato e non si è mai separata da sua madre. Ora è costretta a farlo. Cosa significa diventare autonoma per Italia?

Il nostro spettacolo si pone esattamente questa domanda, cosa significa essere autonoma, quanto deve esercitarsi Italia per diventare autonoma. Ovviamente Italia non lo sa. È la mattina del 2 giugno e Italia e la mamma guardano come sempre la diretta televisiva della parata, purtroppo, però, proprio oggi, la tv non funziona. Italia cerca di risolvere il problema, non ci riesce, chiama in aiuto la mamma, chiusa nella sua stanza, ma lei non risponde: è evidente che la mamma ha deciso di metterla alla prova, una prova di autonomia. Ecco che allora Italia, sola, inizia a raccontare di sé, della sua vita fatta di niente che però per lei è tutto, all’unica interlocutrice possibile, la tv. Riuscirà Italia ad aprire la porta di casa e per la prima volta in vita sua camminare da sola fino alla trattoria del quartiere, ordinare la sua pasta preferita, dando finalmente prova della conquistata autonomia?

Ci sono persone nello spettro autistico che hanno una spiccata intelligenza e sensibilità, solo lavorano in modo diverso dalla massa. E se il problema fossimo noi cosiddetti sani? Se in realtà avessimo costruito un mondo fatto solo di una taglia, di una forma, di un colore, una sorta di società “fatta in serie” che perde quel qualcosa in più che potrebbero regalarci tanti esseri umani colorati di sfumature diverse?

Concordo e credo che la risposta sia ben contenuta nella domanda.

Per rendersi autonoma Italia deve affrontare la solitudine e la paura. Sono due patologie di questi anni.  Italia ripercorre la sua vita grazie a programmi televisivi del suo passato. Per molti di noi la tv è una droga per vivere una realtà altra, magari fatta di menzogne spacciate per “reality”. Meglio la vita finta di un altro che la nostra? Mi vengono in mente le vecchie di paese di una volta che spiavano da dietro le persiane…

La televisione non è di per sé il male assoluto, tutt’altro. In passato grandi professionisti, persone competenti hanno animato i programmi televisivi. Purtroppo negli ultimi 20 anni abbiamo assistito ad uno spaventoso impoverimento della proposta televisiva. Sono assolutamente certa che alcuni cosiddetti programmi d’intrattenimento abbiano fortemente contribuito a provocare il degrado culturale di questo Paese, offrendo, soprattutto alle nuove generazioni, modelli aberranti. Dunque, per rispondere alla domanda usando la sua metafora, il mio consiglio è di aprire quelle persiane per fare entrare aria ‘pulita’, aprire la porta di casa e scoprire cosa c’è dietro quella porta…

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