Gli sceneggiatori Usa in sciopero, bloccate tutte le produzioni: ecco costa sta accadendo
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Gli sceneggiatori Usa in sciopero, bloccate tutte le produzioni: ecco costa sta accadendo

Sciopero dei sceneggiatori, l’ultima volta era successo nel 2007, anche allora furono gli scrittori di cinema e tv a paralizzare l'industria cinematografica più ricca e prolifica del mondo per 100 giorni.

Gli sceneggiatori Usa in sciopero, bloccate tutte le produzioni: ecco costa sta accadendo
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2 Maggio 2023 - 11.32


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Lo sciopero dei sceneggiatori sta travolgendo l’industria cinematografica e televisiva negli Usa. Ad annunciare la serrata è il sindacato di categoria, dopo il fallimento delle trattative con i principali studi e piattaforme sull’aumento delle retribuzioni. Il consiglio del potente sindacato degli sceneggiatori Writers Guild of America (Wga), “agendo sotto l’autorità conferita dai suoi membri, ha votato all’unanimità a favore di un ricorso allo sciopero” che entrerà in vigore “da martedì 2 maggio”.

 L’ultima volta era successo nel 2007, anche allora furono gli scrittori di cinema e tv a paralizzare l’industria cinematografica più ricca e prolifica del mondo per 100 giorni. Uno sciopero che costò agli Studios circa 2 miliardi di dollari. Lo stop potrebbe avere effetti disastrosi per il settore e avrà una ricaduta su più di 800.000 lavoratori dello spettacolo, bloccando set, produzioni e programmi tv. 

“Il comportamento delle aziende ha creato una gig economy all’interno di una forza lavoro sindacale, e la loro posizione irremovibile in questa trattativa ha tradito l’impegno a svalutare ulteriormente la professione di scrittore”, ha dichiarato la Wga in un comunicato. 

“Dal rifiuto di garantire un qualsiasi livello di occupazione settimanale nella televisione a episodi”, si legge nel comunicato, “alla creazione di una ‘tariffa giornalierà nel varietà comico, all’ostruzionismo sul lavoro gratuito per gli sceneggiatori e sull’Intelligenza Artificiale, hanno chiuso la porta alla loro forza lavoro e hanno aperto la strada alla scrittura come professione completamente indipendente. Nessun accordo del genere potrebbe mai essere contemplato da questa associazione”.

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“Il comitato di negoziazione della WGA ha trascorso le ultime sei settimane a negoziare con Netflix, Amazon, Apple, Disney, Discovery-Warner, NBC Universal, Paramount e Sony sotto l’egida dell’Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP). Nel corso della trattativa, abbiamo spiegato come le pratiche commerciali di queste società abbiano ridotto drasticamente i nostri compensi e i nostri diritti d’autore e, quindi, minato le nostre condizioni di lavoro. Abbiamo chiarito che siamo determinati a raggiungere un nuovo contratto con una retribuzione equa che rifletta il valore del nostro contributo al successo dell’industria e includa protezioni per garantire che la scrittura continui ad essere una professione sostenibile”.

Il 98% dei quasi 10.000 iscritti al sindacato aveva votato due settimane fa per autorizzare i propri rappresentanti ad arrivare allo strappo, in caso gli Studios avessero continuato a fare muro. I punti della discordia restano i salari, i diritti d’autore e il lavoro di scrittura che precede l’effettiva produzione, spesso non retribuito. 

Da un’indagine tra gli iscritti alla WGA, risulta che la metà di loro percepisce la paga minima (mentre dieci anni fa guadagnava così solo il 33%) e che lo stipendio settimanale medio è sceso del 23%, considerando l’inflazione. Una questione spinosa è il ricorso alle mini-room. Gli Studios non assumono più sceneggiatori per scrivere uno show di cui è stato approvato il pilota. Ormai, convocano piccoli gruppi di creativi per scrivere in tempi brevi 8-10 episodi, ancor prima di decidere se entrare in produzione. Se poi la serie non si fa, non sempre pagano.

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“Quando stavamo scrivendo Everything sucks – si sfoga su Twitter lo sceneggiatore Michael Mohan – io e Ben rubavamo cibo dalla mensa di Netflix perché per molti mesi abbiamo lavorato gratis”. “Serie con milioni di dollari di budget non dovrebbero avere scrittori nelle mini-room che non ce la fanno a pagarsi l’assicurazione medica”, twitta Josephine Green Zhang con l’hashtag .WGAstrong. Un altro nodo da sciogliere è quello dei diritti d’autore per i lavori destinati allo streaming. Se anni fa era facile calcolarli sui biglietti venduti e sui passaggi televisivi, la situazione ora è molto più complicata. 

Quando il CEO di Netflix Ted Sarandos ha festeggiato il successo di Bridgerton – guardato da 82 milioni di account nel 2020 – la sceneggiatrice Leila Cohan ha twittato: “Questa è una bella notizia! Sai cosa sarebbe bello anche? Ricevere i diritti d’autore proporzionati a questo grande successo!’. 

Chiudere taccuini e computer degli sceneggiatori significa inceppare tutto il ‘sistema Hollywood’ a monte. Si bloccano le produzioni di serie e film e le redazioni di programmi tv. “Non avrei un programma, se non fosse per i miei autori. Sono con loro fino in fondo”, ha esemplificato Jimmy Kimmel sul tappeto della Met Gala. Molti volti noti del piccolo e grande schermo esprimono solidarietà agli scrittori. L’hanno fatto anche i sindacati di attori e registi: il loro contratto scade tra un mese. Tempi duri per gli Studios.

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