Uno spiraglio di luce sulla morte di Pasolini
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Uno spiraglio di luce sulla morte di Pasolini

La Commissione Antimafia ha capito che Pier Paolo Pasolini è stato atrocemente assassinato nella notte tra il primo e il due novembre del 1975 per via di un film. La storia di Pino Pelosi era falsa.

Uno spiraglio di luce sulla morte di Pasolini
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David Grieco Modifica articolo

16 Dicembre 2022 - 17.11


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Lunedì, in una lettera aperta a Ninetto Davoli su Globalist, invocavo spiragli di luce sulla morte di Pier Pasolini.

Ora, a quanto pare, la Commissione Antimafia ha capito che Pier Paolo Pasolini è stato atrocemente assassinato nella notte tra il primo e il due novembre del 1975 per via di un film. È già qualcosa. Si comincia a ragionare. Il film in questione è “Salo’ o le 120 giornate di Sodoma”, l’ultima opera del grande poeta e regista scomparso uscita dopo la sua morte.

Nell’autunno del 1975, una banda di malviventi aveva rubato il negativo del film alla Technicolor e aveva chiesto un riscatto esorbitante per restituirlo. Pochi giorni dopo, i banditi avevano cambiato idea e dissero a Sergio Citti, amico e collaboratore di Pasolini, che glielo avrebbero restituito gratis. Citti rispose: “Già che ci siamo, datemelo”. Ma quelli si misero a ridere: “Ti chiami Pasolini tu? Noi lo diamo solo a Pasolini. In persona”. E fu così che quella fatidica notte Pier Paolo Pasolini si recò di persona all’Idroscalo, per accorgersi che si trattava di un agguato, organizzato nei minimi dettagli, al fine di ucciderlo e dare la colpa a quel ragazzino gracile che era con lui, di nome Pino Pelosi.

Le bobine con i negativi di “Salo’” erano l’esca e Pelosi era il capro espiatorio. Ma i mandanti chi erano? Forse basta rileggere gli articoli che Pasolini scriveva sul Corriere della Sera, e soprattutto il romanzo postumo “Petrolio”, che altro non è se non la scoperta di una fitta rete criminale di alto lignaggio che sette anni dopo prenderà il nome di P2. Sei anni fa, ho raccontato tutto questo, e molto altro, in un film e in un libro che si intitolano entrambi “La Macchinazione”.

La produttrice Marina Marzotto ha dovuto fare i salti mortali per farlo uscire. Ci abbiamo messo due anni. Poi, quando finalmente ha visto la luce, molti spettatori sono rimasti alquanto sconvolti e ho sostenuto, in Italia e all’estero, più di 200 dibattiti.

Nel frattempo, tuttavia, Pier Paolo Pasolini continuava ad essere quel frocio ammazzato da una marchetta che la morte se l’era andata a cercare. Da oggi in poi, spero, molti smetteranno di pensarla così. Detto questo, bisognerà ricominciare a lavorare per ricostruire la verità sulla morte di Pier Paolo Pasolini e la Commissione Antimafia ci invita a farlo.

Come ho scritto lunedì in quella lettera aperta, l’apporto di una persona fondamentale nella vita di Pasolini, Ninetto Davoli, diventa sempre più importante. Alle domande che gli ho fatto in quella lettera aperta ora ne aggiungo un’altra. Caro Ninetto, sapevi che Pier Paolo sarebbe andato all’Idroscalo a cercare di recuperare le bobine del negativo di “Salo’”? Se solo avessi detto questo, tralasciando il resto, sarebbe stato decisivo per le indagini sulla sua morte.

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