Shakespeare intervistato al Ginesio Fest? E' Shakespearology
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Shakespeare intervistato al Ginesio Fest? E' Shakespearology

Ma come si fa a diventare il più grande teatrante di tutti i tempi? Chiedetelo a Shakespeare, in arte Woody Neri.

Al Ginesio fest Shakespearology, intervista impossibile a sir Woody Neri
Al Ginesio fest Shakespearology, intervista impossibile a sir Woody Neri
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23 Agosto 2022 - 10.54


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di Alessia de Antoniis

“Shakespearology”: quando il Bardo fa più Carnaby Street che Stratford e sembra uscito dalla swinging London. “Shakespearology”: quando i Chamberlain’s Men sembrano dei Beatles ante litteram.

Un William Shakespeare un po’ diverso, con gorgiera e jeans neri, giacca più pop che rinascimentale. Un William Shakespeare che puoi incontrare solo in un posto: in teatro. E dove sennò?

E cosa importa se è morto da quattro secoli, se è un mostro sacro che sei abituato a leggere, ascoltare, studiare, imparare a memoria. Per cinquantadue minuti sir William Shakespeare è lì, davanti a te, in un’intervista impossibile. In una chiacchierata surreale con “il” grande del teatro, troppo morto per dargli del lei, troppo geniale per lasciarsi definire.

Ma come potrebbe essere Shakespeare liberato dalla polvere dei secoli, tolto dalle classificazioni dell’in quarto e dell’in folio? E se non fosse come lo immaginiamo? E cosa ha fatto in quei famosi sette anni perduti, durante i quali non v’è traccia del suo operato? Niente matrimoni, battesimi, atti notarili che possano darci informazioni. Niente opere firmate. Niente. Ma basta per definirli anni perduti? E se il Bardo ci raccontasse che si è imbarcato in marina, combattuto con l’Invincibile Armada, incontrato Cervantes che, prigioniero, gli chiedeva un libro da leggere? Che insieme sono fuggiti, che lui ha incontrato un marinaio di nome Achab che inseguiva una balena bianca e che si è imbarcato con lui, per essere alla fine rapito dagli alieni? Manca solo “un bel giorno mi imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana…”.

“Io ne ho viste di cose che voi umani non potreste immaginarvi”. Blade Runner? No, sempre sir Shakespeare. Che poi torna a Londra e i sette anni perduti vengono perduti per sempre.

Ma chi ha scritto tutto questo? Daniele Villa. E il redivivo William Shakespeare? Anche se solo per cinquantadue minuti, è Woody Neri.

Eclettico, dissacrante, poliedrico, affabulatore, istrionico, esilarante, tiene il pubblico in pugno meglio di Steve Jobs a una convention. Centrifuga lo spettatore come un navigato stand-up comedian. Conduce un one-man-show più ipnotico del pifferaio magico.

Sul palco del Ginesio Fest, davanti a un pubblico eterogeneo, incanta e diverte riportando in vita, sempre per soli cinquantadue minuti, un Bardo pop, in bilico tra Elvis e Bob Dylan, shakerando pentametri giambici e sonate folk.

Woody Neri suona la chitarra, canta, balla, fa domande. Domande? Ma l’intervista non era a lui? Suvvia, non si poteva pretendere che una mente acuta e sopraffina come quella del più grande teatrante della storia non facesse domande sul teatro. Risultato: una critica sarcastica quanto feroce al teatro contemporaneo. Almeno a quello italico. Buttata là, mentre Neri continua a passare velocemente dal canto alla recitazione, dai versi alla chitarra.

Ma insomma, come si fa a diventare il teatrante più famoso di tutti i tempi?

Un meravigliato Shakespeare illustra, manco fosse un guru delle tecniche motivazionali applicate al marketing, esempi di vita (la sua ovviamente) da arrampicatore sociale, scrittore dedito al plagio, donnaiolo libertino che non disdegna compagnie maschili. Un Gordon Gekko del teatro avvezzo a investimenti ad alta resa. Insomma, uno Shakespeare che “Se fossi vivo farei blockbuster a Hollywood”.

“Shakespearology” apre con una frase di Jerome Salinger: “quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono”. Ecco, questo è quello che diresti alla fine, quando, dopo una rapida carrellata di morti celebri, (di quelle alla Shakespeare, insomma), dopo sti famosi cinquantadue minuti che però sono di più, di divertimento e risate, il più grande teatrante di tutti i tempi, inchinandosi, prende commiato dal pubblico del Ginesio Fest.

“Non ho più spiriti da comandare, arte per incantare. Ci vediamo i giro per teatri”. E tu vorresti chiamarlo per chiedergli dove. Così magari scopri perché torna in vita solo per cinquantadue minuti.

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