Sanremo, il meglio e il peggio della seconda serata
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Sanremo, il meglio e il peggio della seconda serata

Un secondo appuntamento sanremese all'insegna della tradizione

Sanremo, il meglio e il peggio della seconda serata
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3 Febbraio 2022 - 00.36 Culture


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di Lucia Mora

Il Festival procede. Seconda serata. Anche questa volta, vediamo il meglio e il peggio – musicalmente parlando e in ordine di apparizione – delle varie esibizioni.

IL MEGLIO

Le Vibrazioni (Tantissimo). Vocalmente c’è di meglio, per usare un eufemismo: performance a dir poco sottotono, inadeguata e poco incisiva. Però il livello finora è talmente scarso che ormai mi basta vedere degli strumenti – suonati più o meno dignitosamente – sul palco per avere un piccolo barlume di emozione.

Laura Pausini. Stesso discorso: ormai basta una voce intonata per commuoversi.

Mika. No, lui mi fa commuovere non solo perché ha una bella voce. Mi commuove perché è proprio bravo.

Emma (Ogni volta è così). Classica performance sanremese: composta, intonata, semplice. Può piacere o non piacere, ma credo sia difficile da criticare. Oltretutto, che bello vedere Francesca Michielin alla direzione dell’orchestra.

Matteo Romano (Virale). Dietro a un aspetto timido e schivo c’è un giovane che, al suo esordio, è riuscito a coniugare la vecchia anima sanremese (testo e musica orecchiabili, vocalizzi qua e là) e la nuova tendenza giovanile (base elettronica, giochi sui beat). Poteva andare peggio.

Iva Zanicchi (Voglio amarti). Insegna ad Achille Lauro come si canta, Iva. E l’assolino (minuscolo, quasi inesistente, ma teniamocelo stretto) di chitarra elettrica, in mezzo a questo bitume generale, è meraviglioso. Simpatica, autoironica e iconica. Per me già vincitrice morale del Festival.

Ditonellapiaga con Donatella Rettore (Chimica). Oh, allora un po’ di garra charrua in questo Festival alla naftalina esiste. Finalmente.

Irama (Ovunque sarai). Il brano in sé non un granché, ma la performance vocale mi pare ineccepibile. Grazie al cielo la parte inerente alla moda non è di mia competenza.

IL PEGGIO

Sangiovanni (Farfalle). Se fossimo su una pista di autoscontro in estate, ci potrebbe anche stare.

Giovanni Truppi (Tuo padre, mia madre, Lucia). “Ha raccolto l’eredità dei grandi cantautori”, dicevano. Insomma. Le aspettative alte hanno giocato a suo sfavore. Ritornello abbastanza debole, anche per via di una voce poco convincente (l’emozione?). Avrei tanto voluto sentire le potenzialità della meravigliosa chitarra elettrica che teneva tra le braccia, rimasta invece in penombra. Va apprezzata in compenso l’originalità, che di questi tempi…

Elisa (O forse sei tu). Alla sua prima e unica partecipazione al Festival di Sanremo, 21 anni fa, ha vinto. Questo perché Elisa è Sanremo. Ne incarna tutte le caratteristiche, dal testo melenso fino alla voce carezzevole. Potrebbe tranquillamente vincere di nuovo. A me però questa canzone sembra la solita. Già sentita.

Fabrizio Moro (Sei tu). Vedi sopra. Fabrizio Moro che coverizza sé stesso (e pure male). Che noia. Che sonno.

Tananai (Sesso occasionale). Ma sai che forse forse Achille Lauro non era poi così male.

Aka7even (Perfetta così). Esibirsi con una canzone molto, troppo uguale alle altre da penultimo in gara, a mezzanotte, è sbadiglio assicurato.

Highsnob e Hu (Abbi cura di te). La versione meno famosa dei Coma_Cose è la conclusione perfetta di una serata all’insegna della tradizione (Malika Ayane e Arisa comprese).

Alla fine, non è vero che Sanremo non sa stupire: pensavo fosse difficile fare peggio di ieri, e invece tu guarda. Appuntamento a domani, per scoprire quali altre mirabolanti, imprevedibili sorprese avrà in serbo la kermesse.

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