Arbore è il più grande 'dilettante' della storia dello spettacolo italiano: nessuno sa dilettare il pubblico così
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Arbore è il più grande 'dilettante' della storia dello spettacolo italiano: nessuno sa dilettare il pubblico così

Giancarlo Governi scrisse questo articolo dopo aver assistito a un concerto di Renzo Arbore

Arbore è il più grande 'dilettante' della storia dello spettacolo italiano: nessuno sa dilettare il pubblico così
Renzo Arbore
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Giancarlo Governi Modifica articolo

24 Giugno 2023 - 11.14


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Giancarlo Governi scrisse questo articolo dopo aver assistito a un concerto di Renzo Arbore, che ripubblichiamo per celebrare il grande artista

Tutto è finito con una grande invidia per un uomo di oltre settanta anni che riesce a stare per più di tre ore, senza intervallo, in piedi, a parlare e cantare, affascinando la platea del Sistina e trascinandola nella risata e nel canto.

Lo avete capito: questo signore si chiama Renzo Arbore, che oggi è diventato il simbolo della buona televisione, quella di una volta, quella che andava a dormire “dopo il tiggì” e non si faceva travolgere da politici sfaccendati e senza audience, coordinati da giornalisti-conduttori che ancora credono di avere un pubblico a cui rivolgersi e non si sono ancora accorti che invece quel pubblico non c’è più, travolto da un gigantesco sbadiglio. Quella televisione che ancora ti invitava a ridere e a cazzeggiare e si faceva travolgere dalla calviniana (nel senso di Italo Calvino) virtù della leggerezza.

“Quantum mutata ab illa” viene da dire quando la si confronta con la triste e anonima televisione di oggi, così parcellizzata e frantumata che non riesce più a creare eventi, come facevano Arbore e altri in un passato neppure tanto lontano, quando c’era una forte sintonia fra coloro che facevano la televisione (autori e dirigenti-produttori) e chi ne fruiva, che poi erano gli italiani, i quali ne facevano motivo di conversazione e quindi di unione e di formazione di quello che viene chiamato il “comune sentire”.


Arbore è il più grande “dilettante“ della storia dello spettacolo italiano. Non lo spiego per Renzo che mi ha capito benissimo ma per gli altri perché non cadano in equivoco: dilettante nella accezione più pura del termine, dilettante perché si diletta facendo il suo lavoro e dilettando milioni di spettatori. Arbore giustamente per quello che fa è pagato, anche bene, ma io ho il sospetto che lo farebbe anche gratis. Insomma, alla romana, potremmo dire che Arbore è un dilettante perché “se la diverte”.


Alla fine delle tre ore e passa di spettacolo-concerto si esce con la sensazione di aver ascoltato anche una bella lezione di storia, perché attraverso le canzoni e i suoi ricordi Renzo ci fa ripercorrere momenti importanti della nostra vita, ci ricorda i grandi personaggi che l’hanno punteggiata e che ancora oggi rappresentano una pietra di paragone insormontabile. Magistrale e struggente il ricordo di Nino Manfredi, che Renzo dice di aver visto per la prima volta proprio su quel palcoscenico quando interpretava Rugantino. Nino viene evocato per la canzone di Ettore Petrolini, Tanto pe’ canta’ che lui lanciò e che ora tutta Italia canta, compresi i leghisti di Berghem, che poi sarebbe Bergamo “la città dei Mille”.


Insomma, per i più anziani uno struggente ricordo dell’Italia, e della televisione che fu, e per i più giovani una indicazione di quello che la televisione potrebbe essere e che, temiamo, non sarà più. Grazie Renzo da tutti quelli che andavano a letto, da soli o accompagnati, “tosto dopo il tiggì”, dopo un paio d’ore di “cazzeggio” orchestrato da te e dalla tua banda di sconsiderati.

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