Giornalismo e Sardegna (per cambiare la storia)
Top

Giornalismo e Sardegna (per cambiare la storia)

La Sardegna è un'altra cosa. Si intitola così il libro d'inchiesta sul lavoro di Claudia Sarritzu (Ethos edizioni). Questa la mia prefazione. [Antonio Cipriani]

Giornalismo e Sardegna (per cambiare la storia)
Preroll

Antonio Cipriani Modifica articolo

30 Maggio 2013 - 12.28


ATF

La Sardegna è un’altra cosa, viaggio giornalistico nell’Isola della crisi. Si intitola così il libro d’inchiesta di Claudia Sarritzu (per Ethos edizioni). Claudia collabora nel Progetto Globalist Syndication, coordinando [url”cagliari.globalist.it”]cagliari.globalist.it[/url]. Questa la mia prefazione.

di Antonio Cipriani

Cambierà la storia.

Non basta voler fare il giornalista. Studiare, assumersi il peso del precariato e dell’attesa, scrivere bene, coltivare amicizie giuste. Non basta avere un sogno da coltivare. Conta il modo in cui si costruisce la strada del sogno e del giornalismo.

Questa la mia idea, in premessa, per sottolineare con chiarezza perché mi interessa il percorso di questa giovanissima giornalista e scrittrice, Claudia Sarritzu. Lei ha scelto un’impervia via fatta di scelte difficili, di occasioni non lasciate seccare al sole, di una caparbietà bella, sarda. Di sfide, controvento talvolta (e sarebbe assai più facile avercelo alle spalle…), ma che danno speranza, fanno squadra perché forniscono esempio: mettono insieme energie. Perché in questa terra ci sono ricchezze infinite, uomini e donne di coraggio e tempra che sanno puntare su se stessi, sulle proprie capacità, sulla forza delle idee e della passione.

La nostra Claudia, lo ha detto più volte, non lascerà l’Isola. Non si arrenderà. Sarà un granello di sabbia, che assieme a tanti altri, cambierà la storia.

C’è stima da parte mia. L’autrice, non so se con un pizzico di ingenuità o per pura provocazione, a un certo punto si definisce giornalista senza tesserino. E mentre si schermisce un po’ (credo, nella fusione delle due sfumature precedenti) sa perfettamente che per fare informazione, per diventare giornalisti veri, serve l’azione: il camminare, l’attraversare luoghi e storie. I passi, la curiosità, l’attesa e la fatica valgono più di qualunque attestato formale. Claudia è una giornalista giovane che fa con mezzi contemporanei un mestiere antico. Unisce il fascino dell’inchiesta sul campo alle tecnologie più avanzate. Il rapporto umano e il web, il video alla narrazione.

Leggi anche:  Migranti in Italia: vite ferme o vite sospese?

Un modo di fare informazione che, con il massimo rispetto per tutti, è un’altra cosa. Da quello che si immaginava diventasse questo mestiere, e che non è diventato: un cimitero di elefanti in un gigantesco desk a passare agenzie e a fare marchette. No, non è così. Né sarà così. Questo giornalismo ha un’anima, sopravviverà e avrà le forme che i tempi richiederanno: è un’altra cosa da quello che raccontano.

Come la Sardegna che dà il titolo a questo libro: è un’altra cosa. Mi piace, il titolo, perché è diretto e contiene il segreto dell’Isola, fatto di alterità e mistero. La Sardegna è un’altra cosa rispetto al mondo, rispetto a quello che si racconta della Sardegna nel mondo; rispetto alla concezione tanto politica e locale di terra da sfruttare, dove gli interessi di pochi e ben noti, a fronte della rassegnazione di molti, trovano il modo di costituire un paradigma intoccabile.

È una potenza di fierezza, coraggio, identità. Ribellione contro le ingiustizie, testimonianza di valori etici e creatività. Antica forza, prospettive di futuro diverse, molto diverse. (A che serve lo spirito identitario se non è rivoluzionario? Se non serve a cambiare il mondo, a muovere rispetto delle diversità ed etica della convivenza?) È potenza perché ha la possibilità di essere tutto questo.

Leggi anche:  Capitalismo di sangue: analisi su conflitti globali e crisi economica

La Sardegna è un’altra cosa perché è anche abitata da persone che portano nel Dna l’antico codice della lotta per il vantaggio di tutti. Per il futuro di tutti. Come Claudia Sarritzu che in questo lavoro – ma avendone seguito il percorso, anche in altre cose che ha fatto e in quelle che sta facendo ora – ha attraversato tempi e luoghi per disegnare passo dopo passo la sua mappa dell’abitare civile. Fatta di chilometri percorsi, di scarpe impolverate, di taccuini riempiti. Di incontri, facce, storie. Umanità che vive, spera, costruisce futuro, si batte contro i padroni del presente che quel futuro di tutti lo vogliono fare a pezzi e farlo diventare privato interesse.

L’anima e le forme. (Tre frammenti, tre aspetti).

L’ascolto.

“Ma più di tutto, e questo è il motivo per cui sono grata al giornalismo, ti alleni ad ascoltare. A stare zitto senza fiatare, ad aprire le orecchie e a farti entrare la vita vera delle persone”.

Scrive la Sarrritzu. Perché al di là della bella gioventù sfrontata (che non bisogna certo frustrare), c’è la bellezza dell’ascolto. Del saper ascoltare, prima di parlare. Una meraviglia che sta diventando estranea a ogni modo di pensare nella società, tanto più quando si parla di politica o di informazione, dove chiunque sa tutto, parla indifferentemente di tutto, su tutti, senza mai relazionarsi con l’altro.

Lo stile.

“Carissimo, vorresti presentarti? Certo, mi chiamo Stefano Lai, sono nato a Escalaplano 39 anni fa, allora si nasceva in casa”.

Quel carissimo è una perla rara di sincerità e potenza stilistica. Claudia è esattamente la persona che pone la domanda, con il suo stile, la sua delicatezza e chiarezza. Senza retorica, senza schemi.

Leggi anche:  Los Angeles: alle radici della cultura pop

La scoperta.

“Non l’avevo mai toccata la terra umida, pungente, ruvida e profonda, rimescolata dall’aratura. Ho toccato per 26 anni solo la terra dei vasi dei fiori del mio balcone, roba inodore, tutta uguale, roba da condominio. Poi mi sono trovata per il mio lavoro a camminare sulla terra vera”.

Bella, intensa l’immagine del mondo che si spalanca. Distinguendo passi e attese, segnando sulla mappa del passaggio le differenze. Le ricchezze, le fatiche, gli incontri. Del camminare sulla terra vera.

L’Inferno di Italo Calvino

Concludo questa breve introduzione con una frase di Italo Calvino, giornalista e scrittore.

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

Italo Calvino – Le città invisibili

Questa straordinaria citazione ci riporta ai due percorsi che si intrecciano: il giornalismo e la Sardegna. Due modi: accettare e non vedere, oppure rischiare, saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno.

Questa mi pare l’essenza del libro, della storia che ci accompagna nella lettura e nei passi futuri dell’autrice.

Twitter: @ciprianis

Native

Articoli correlati