Looper, quando il fantacrimine si fa film
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Looper, quando il fantacrimine si fa film

Il fanta-action con Bruce Willis in sala dal 31 gennaio. Un futuro di morti ammazzati senza un perché. Buona intuizione con troppe incongruenze. [Ivo Mej]

Looper, quando il fantacrimine si fa film
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24 Gennaio 2013 - 11.52


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di Ivo Mej

Va bene, quando si parla di viaggi nel tempo,imprecisioni e paradossi sono all’ordine del giorno. In Looper, tuttavia, le molte incongruenze, non solo scientifiche, ma anche logiche, non sembrano preoccupare piú di tanto lo sceneggiatore/regista, Rian Johnson.

Non si può neanche dire che il pool creativo abbia spiegato le vele della fantasia. Semmai un piccolo spinnaker che porta la storia ad iniziare con una pedante voce su schermo nero che da le istruzioni per capire cosa sta per accadere nel film, una sorta di “bugiardino” che prescrive come guardare il film incipiente. Insomma, siamo nel 2044, la macchina del tempo non è stata inventata “ma lo sarà nel giro di 30 anni” e in questa era lontana una pericolosissima banda che fa capo al cattivissimo Sciamano accoppa i suoi avversari con un metodo alquanto bizzarro: li trasferisce vivi nel passato del 2044 per farli uccidere a killer appositamente armati di lupara uptodate (i loopers) in cambio di lingotti di argento.

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Beh, direte voi, ma perché non li accoppano direttamente nel futuro e magari spediscono dopo il cadavere in un tempo passato? La motivazione, piuttosto inconsistente, è la vaga affermazione che ‘c’è un chip in ogni essere umano’. Stop.   Ma, evidentemente, lo scopo di Looper non è essere convincente o plausibile, ma soltanto avvincente. Un antieroe (Joseph Gordon Levitt, che sembra l’incarnazione mora di Antonello Piroso) che deve uccidere il se stesso di 30 anni dopo che, peraltro, è Bruce Willis, poteva comunque dare di più. E non basta un annunciato coup de teatre sul finale per risolvere una certa stanchezza nella seconda parte del film, quando lo spettatore si è abituato ai paradossi dei viaggi nel tempo.  

Personalmente, le cose più interessanti di Looper le ho trovate nei dettagli non spiegati, evidentemente escogitati dalla fantasia ben più fervida della scenografa, Katherine Verreaux. Le automobili hanno uno strano congegno che collega lo scarico al bocchettone della benzina, facendo pensare ad una brillante soluzione della fame energetica del futuro. Nello stesso tempo (ironia della sorte!) le stesse automobili e il vestiario sono i medesimi che possiamo vedere attorno a noi oggi, con la spiegazione esplicita che c’è, nel 2044, una grande voglia di revival. Bella paraculata della produzione.

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Uniche concessioni ad un futuro cosí remoto, i cellulari pieghevoli come fogli a4 ma fatti di un materiale simile al vetro e una ‘hoverbike’, una moto senza ruote che sembra uscita da Mad Max anche per il suo pervicace malfunzionamento. Per concludere, Looper più che un buon film, appare un buono spunto per l’ennesima serie made in Usa a base di fantascienza, mistero e omicidi. Un’intuizione interessante che avrebbe meritato qualche attenzione in più al meccanismo narrativo.

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