L’esercito israeliano ha ucciso sei palestinesi, tra cui un neonato, che si trovavano in una scuola adibita a rifugio per sfollati a Gaza City, hanno riferito fonti ospedaliere. L’attacco porta a 401 il numero dei palestinesi uccisi da Israele dall’entrata in vigore del cessate il fuoco di ottobre.
Secondo una dichiarazione della protezione civile palestinese, i soldati israeliani hanno aperto il fuoco oltre la linea del cessate il fuoco, alla quale le truppe si erano ritirate, uccidendo i sei civili e ferendone altri. La protezione civile ha aggiunto di essere riuscita a recuperare i corpi solo dopo aver coordinato l’intervento con le Nazioni Unite, per evitare di essere a sua volta colpita dal fuoco israeliano.
Decine di persone si sono radunate all’ospedale di Gaza City per piangere le vittime. Cinque sacchi mortuari sono stati disposti all’esterno della struttura, mentre un uomo stringeva tra le braccia un neonato avvolto in un sudario bianco.
«Questo non è un cessate il fuoco, è un bagno di sangue», ha dichiarato Nafiz al-Nader, testimone dell’attacco, all’Agence France-Presse, aggiungendo di voler vedere la fine delle violenze. Un altro testimone ha raccontato che i bombardamenti sono iniziati senza alcun preavviso nella notte di venerdì, colpendo direttamente la scuola.
La linea del cessate il fuoco indica la posizione alla quale le truppe israeliane si sono ritirate in base agli accordi di ottobre. È segnalata sulle mappe da una lunga linea gialla ed è fisicamente delimitata da blocchi di cemento dello stesso colore. Israele mantiene tuttora il controllo di circa il 53% del territorio della Striscia e conduce regolarmente attacchi aerei nelle aree che non occupa direttamente.
Le uccisioni di venerdì rappresentano l’ultimo episodio di una serie di violazioni che stanno mettendo a dura prova il cessate il fuoco, giunto al suo terzo mese, mentre i mediatori cercano di spingere le parti verso una seconda fase dell’accordo. La prima fase prevedeva la cessazione delle ostilità tra Hamas e Israele, il ritiro delle truppe israeliane fino alla linea gialla e l’aumento degli aiuti umanitari verso Gaza, che all’inizio dell’anno era scivolata in una situazione di carestia a causa delle restrizioni israeliane.
La seconda fase dovrebbe portare a una pace permanente, ma prima è necessario risolvere profonde divergenze tra Hamas e Israele. Israele chiede che Hamas deponga le armi e rinunci al potere a favore di un’autorità civile transitoria, affiancata dal dispiegamento di una forza internazionale di stabilizzazione, mentre lo Stato ebraico dovrebbe ritirarsi completamente dalla Striscia.
Al momento non esiste un accordo chiaro su come colmare queste distanze. Venerdì il segretario di Stato statunitense, Marco Rubio, ha dichiarato che il mandato della forza internazionale di stabilizzazione – elemento centrale del piano – dovrà essere definito con precisione prima che i Paesi stranieri si impegnino a fornire truppe.
Durante una conferenza stampa, Rubio ha affermato: «Per correttezza verso tutti i Paesi con cui abbiamo parlato di una presenza sul terreno, credo vogliano sapere esattamente quale sarà il mandato e quale il meccanismo di finanziamento», aggiungendo che esistono «diversi Stati accettabili per tutte le parti» disposti a partecipare alla forza internazionale.
Il cessate il fuoco, che ha evitato la ripresa di una guerra totale, appare sempre più fragile mentre si arresta lo slancio verso una conclusione definitiva del conflitto, iniziato due anni fa. Il primo ministro del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim al-Thani, ha avvertito giovedì che ulteriori ritardi nel passaggio alla seconda fase «mettono in pericolo l’intero processo».
La guerra a Gaza è scoppiata dopo che militanti guidati da Hamas hanno ucciso circa 1.200 persone e preso 251 ostaggi il 7 ottobre 2023. Tutti gli ostaggi, tranne uno, o i loro resti, sono stati restituiti a Israele in cambio di detenuti e prigionieri palestinesi nell’ambito dell’accordo di cessate il fuoco.
Secondo il ministero della Salute di Gaza, oltre 70.925 palestinesi sono stati uccisi dall’inizio della guerra, circa la metà dei quali donne e bambini. Il bilancio è destinato a crescere con il recupero dei corpi ancora sepolti sotto le macerie. Gran parte delle infrastrutture civili e delle abitazioni della Striscia è stata rasa al suolo dai bombardamenti israeliani.
Una commissione delle Nazioni Unite, Amnesty International e Human Rights Watch hanno affermato che Israele ha commesso un genocidio contro i palestinesi nella Striscia di Gaza, accusa che Israele respinge.