La tragedia di Gaza non nasce il 7 ottobre: vademecum per i troppi "smemorati"
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La tragedia di Gaza non nasce il 7 ottobre: vademecum per i troppi "smemorati"

Si è scoperta Gaza il 7 ottobre. Ma la sofferenza, mista a rabbia e disperazione, covava da tempo. Da almeno quindici anni. Solo che la comunità internazionale Gaza e i gazawi l’avevano cancellati dall’agenda.

La tragedia di Gaza non nasce il 7 ottobre: vademecum per i troppi "smemorati"
Bambini di Gaza
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

18 Febbraio 2024 - 22.51


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Si è scoperta Gaza il 7 ottobre. Ma la sofferenza, mista a rabbia e disperazione, covava da tempo. Da almeno quindici anni. Solo che la comunità internazionale Gaza e i gazawi l’avevano cancellati dall’agenda. Nessuno, però, può dire “non sapevo”. Tutto era sotto gli occhi di tutti. Bastava voler vedere. O leggere. Leggere i rapporti, a decine, prodotti e resi pubblici dalle più importanti Ong umanitarie, dalle Agenzie delle Nazioni Unite (Unrwa, Oms etc) . Rapporti pieni di dati, allarmanti, di testimonianze, angoscianti, di richieste, inevase, di appelli, inascoltati. 

Globalist ne ripubblica due.  Sono del 15 giugno 2022. Il 7 ottobre 2023 è ancora lontano.

Intrappolati

“Dopo 15 anni di vita sotto blocco, nella Striscia di Gaza, quattro bambini su cinque dichiarano di soffrire di depressione, angoscia e paura. Sono questi i risultati del Rapporto “Intrappolati”, diffuso da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini e garantire loro un futuro. La ricerca ha rilevato che il benessere mentale di bambini, giovani e operatori sanitari nell’area è notevolmente peggiorato negli anni. I bambini che segnalano disagio emotivo a Gaza, infatti, sono l’80%, in netto aumento rispetto al 55% del 2018, quando è stato realizzato uno studio simile. Questi dati mostrano, ancora una volta, come la situazione attuale abbia un impatto profondamente negativo sul benessere dei bambini e sulla loro speranza in un futuro migliore.


 Il rapporto “Intrappolati” ha rilevato un considerevole aumento di bambini che hanno riferito di sentirsi spaventati (84% rispetto al 50% del 2018), nervosi (80% rispetto al 55%), tristi o depressi (77% rispetto al 62%) e in lutto (78% contro 55%). Più della metà di loro ha pensato al suicidio (il 55% di loro) e tre su cinque hanno commesso atti di autolesionismo (59%).


 Save the Children chiede che il governo di Israele revochi il blocco della Striscia di Gaza e che le autorità locali, la comunità internazionale e i donatori sostengano il rapido rafforzamento dei servizi di protezione per l’infanzia e di supporto per la salute mentale.


 Negli ultimi 15 anni, i bambini nella Striscia di Gaza sono stati vittime di sei eventi che hanno avuto un impatto devastante su di loro: stiamo parlando di cinque picchi di violenza a cui si aggiunge la pandemia da Covid-19, che oltre al blocco terrestre, aereo e marittimo imposto dal governo di Israele limita la loro vita. Dei due milioni di abitanti di Gaza, il 47% è costituito da bambini e più di 800mila di loro non hanno mai conosciuto una vita senza blocco.

Oltre ai danni fisici, alla privazione economica e alla mancanza di accesso a servizi essenziali come l’assistenza sanitaria, secondo il rapporto di Save the Children, il blocco ha generato una profonda emergenza sulla salute mentale di bambine, bambini e adolescenti.

Amr, 14 anni, ricorda ancora il terrore che ha provato durante l’escalation di violenza dell’anno scorso: “Di notte non riuscivo a dormire perché avevo gli incubi. Avevo davvero paura che avrebbero bombardato la nostra casa o avrebbero bombardato di nuovo i nostri vicini. Ero terrorizzato. Raccontavo a mio padre degli incubi e lui mi rassicurava dicendomi che non sarebbe accaduto. Poi tornavo a letto e cercavo di dormire di nuovo”.
 I genitori o caregiver che hanno partecipato alla raccolta dati dell’Organizzazione, hanno sottolineato che il 79% dei bambini e degli adolescenti hanno avuto un aumento degli episodi di enuresi notturna rispetto agli scorsi anni e il 78% che i propri figli spesso non hanno completato i compiti. Circa il 59% di loro ha affermato che c’è stata una crescita del numero di minori che hanno difficoltà nel linguaggio e nella comunicazione, o che soffrono di mutismo reattivo temporaneo, un sintomo che è conseguenza di traumi o abusi. Come sottolinea Save the Children, tutti questi aspetti hanno un enorme impatto, sia nell’immediato che a lungo termine, sullo sviluppo, l’apprendimento e l’interazione sociale di bambine, bambini e adolescenti.

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Secondo il rapporto “Intrappolati”, gli stessi genitori e caregiver stanno sperimentando livelli più elevati di stress emotivo e il 96% di loro riferisce di sentirsi infelice e costantemente ansioso.
 “I bambini di Gaza con cui abbiamo parlato per questo realizzare questo rapporto, hanno raccontato di vivere in un perenne stato di paura, preoccupazione, tristezza e sofferenza, in attesa che scoppi il prossimo round di violenza e che si sentono incapaci di dormire o di concentrarsi. L’evidenza fisica del loro disagio, con enuresi notturna, perdita della capacità di parlare o di completare i compiti di base, è scioccante e dovrebbe servire da campanello d’allarme per la comunità internazionale” ha dichiarato Jason Lee, Country Director di Save the Children nei Territori Palestinesi Occupati.
 “Già cinque anni fa, genitori e caregiver ci dicevano che la loro capacità di sostenere i propri figli era al limite a causa del blocco, della povertà cronica e dell’insicurezza e che molto probabilmente sarebbe stata completamente annullata in caso di un altro conflitto. I dati del nostro rapporto mostrano che le loro preoccupazioni purtroppo si sono avverate” ha proseguito Jason Lee.
 “Chiediamo a tutte le parti di affrontare le cause profonde di questo conflitto e di adottare misure per proteggere tutti i bambini e le famiglie che meritano di vivere in sicurezza e con dignità. Abbiamo bisogno di una cessazione immediata delle ostilità e dello stop alle privazioni economiche che sono enormi fattori di stress nella vita dei bambini, così come un’azione per sostenere il potenziale di resilienza dei bambini e delle loro famiglie nella Striscia di Gaza” ha concluso Jason Lee.
 Ameera, 14 anni, ci ha raccontato come la sua vita sarebbe cambiata se l’embargo fosse stato rimosso oggi, dicendoci che si sarebbe “…sentita più connessa al mondo intero”. “Potrei fare quello che voglio e andare dove voglio. Studierei informatica e in particolare mi laureerei in progettazione di realtà virtuale. Questo è ciò che voglio davvero fare nella vita, ma non posso farlo qui a Gaza, non abbiamo un programma del genere”, ha commentato”.

Nulla è stato fatto per alleviare le sofferenze degli “intrappolati”. 

Una prigione a cielo aperto

Il secondo rapporto, sempre del 15 giugno 2022, è di Oxfam.

Di seguito alcuni stralci: “A 15 anni dall’inizio del blocco israeliano su Gaza, ancora 2,1 milioni di persone vivono reclusi, in quella che di fatto è una prigione a cielo aperto. Un’intera generazione di giovani palestinesi, oltre 800mila, ha trascorso l’intera vita in questa situazione, senza conoscere nient’altro. È la denuncia lanciata da Oxfam alla vigilia del 15° anniversario dall’inizio delle restrizioni imposte sulla Striscia, di fronte ad una situazione di cui “non si intravede nessuna soluzione negoziata tra le parti, nonostante gli sforzi umanitari sostenuti dalla comunità internazionale e dalle Nazioni Unite, che fino ad oggi hanno stanziato 5,7 miliardi di dollari in aiuti”. “Siamo di fronte ad una crisi divenuta cronica, che costringe organizzazioni come Oxfam – da anni operativa sul campo – a lavorare per garantire la mera sopravvivenza di una popolazione sfinita, eppure straordinariamente resistente – ha detto Paolo Pezzati, policy advisor di Oxfam per le emergenze umanitarie –. In questo momento 7 persone su 10 a Gaza dipendono dagli aiuti umanitari per far fronte ai bisogni essenziali di ogni giorno. Il controllo di Israele sulla Striscia è pressoché totale e si spinge a livelli paradossali e punitivi nei confronti della popolazione. Pensiamo alle regole sull’esportazione di pomodori, che di fatto impediscono ai produttori di vendere ciò che hanno coltivato. Rivolgiamo un appello al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, affinché una revoca immediata del blocco su Gaza divenga prioritaria nell’agenda internazionale”. Nei prossimi giorni Oxfam annuncia #OpenUpGaza15, una campagna di sensibilizzazione per restituire speranza a una generazione che rischia di perderla per sempre: il 63% dei giovani a Gaza non riesce a trovare lavoro e 4 ragazze su 5 non hanno un’occupazione retribuita. #OpenUpGaza15 racconterà la storia di 15 ragazzi, le privazioni quotidiane, gli ostacoli, le difficoltà con cui devono fare i conti per vivere e coltivare i propri interessi. “Molte restrizioni israeliane hanno ragioni politiche, non certo di sicurezza. Le famiglie palestinesi di Gaza subiscono collettivamente una punizione illegale – ha aggiunto Pezzati -, Israele impedisce l’esportazione di pasta di datteri, biscotti e patatine fritte, ha interdetto l’uso del 3G e del 4G sui cellullari, non c’è PayPal. Certamente questo non è un Paese per giovani”. “Le Nazioni Unite e gli Stati membri devono usare tutta la diplomazia possibile per porre fine al blocco – conclude Pezzati -. Tutte le parti devono impegnarsi per un piano con precise scadenze e stringenti meccanismi di rendicontazione. Crediamo davvero sia giunta l’ora di consegnare alla storia questi 15 anni di blocco”.

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Non basta? Allora andiamo al 2021.

 Così Medici senza frontiere (Msf): “Dal 10 al 21 maggio del 2021, attacchi aerei e bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza hanno ucciso 256 persone, inclusi 66 bambini. A un anno dall’ultimo bombardamento, i palestinesi nella Striscia di Gaza si sentono più insicuri che mai. Circa 2.000 palestinesi sono rimasti feriti durante gli attacchi, inclusi oltre 600 bambini e 400 donne, alcuni dei quali hanno riportato ferite che hanno causato disabilità a lungo termine, come la perdita degli arti o della vista[…]..Anche prima degli episodi dell’anno scorso, la maggior parte dei palestinesi a Gaza aveva già vissuto il trauma della guerra, in particolare nel 2014 e durante la Grande Marcia del Ritorno nel 2018. Questo trauma – di temere per la propria vita, di vedere la propria casa distrutta e delle difficoltà economiche quotidiane – è stato aggravato dagli eventi di maggio 2021. Il problema della salute mentale a Gaza è ora ancora più grave.

Dei due milioni di palestinesi che vivono a Gaza, oltre il 40% sono bambini di età pari o inferiore a 14 anni. Questi bambini hanno vissuto tutta la loro vita sotto il blocco israeliano, sono sopravvissuti a tre grandi offensive da e hanno subito numerosi traumi.

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Era il primo giorno di bombardamenti. Mi trovavo con mio figlio nella parte esterna di casa nostra, quando un missile ha colpito una macchina a meno di un metro da noi. Non ricordo esattamente l’ordine degli eventi, ma a un certo punto ho visto le mie gambe gravemente ferite. Guardando di lato, accanto a me, mio figlio non era più cosciente. Il suo addome era squarciato, ed entrambe le sue mani erano distrutte. Ho iniziato a urlare. Mia moglie e le mie due figlie, che in quel momento si trovavano dentro casa, si sono precipitate verso di noi. Anche loro si sono messe a urlare. C’erano moltissime persone ferite tutt’intorno a noi e nessuna ambulanza in arrivo.

I vicini caricavano i morti e i feriti nelle loro macchine e si precipitavano verso l’ospedale. Mio figlio è salito per primo su una macchina, ma credo che a quel punto fosse già morto. Non c’era spazio per me in quella macchina. Sono stato portato in un’altra, assieme a tre persone, gravemente ferite.

Sono finito nel bagagliaio, con le gambe a penzoloni fuori dalla macchina. Il tragitto verso l’ospedale sembrava l’inferno in terra. Ovunque guardassimo c’era distruzione, incendi dappertutto, bombe che continuavano a cadere dal cielo. Metà Gaza era stata bombardata.

È stata diversa da tutte le altre guerre che ho visto. Stavano prendendo di mira i civili, non c’erano posti in cui scappare. Le fiamme erano ovunque. Da quel momento, la mia famiglia è stata totalmente distrutta. Mia moglie mi ha lasciato; ha avuto un crollo psicologico, da cui non si è mai più ripresa. Mi dava la colpa per la morte del nostro unico figlio. Solo una delle mie due figlie è rimasta con me, ora siede qui, accanto al mio letto d’ospedale.

È passato un anno e sono ancora bloccato su un letto d’ospedale. Sono stato sottoposto a talmente tante operazioni e interventi che ho perso il conto. Penso di aver battuto il record di interventi chirurgici.

Sorrido perché non c’è nient’altro che io possa fare, ho bisogno di sorridere”.

Potremmo proseguire fino a scrivere una enciclopedia. L’Enciclopedia di Gaza. Della sua gente, di una infanzia cancellata dalle guerre e dall’assedio. Di migliaia di bambini morti, di altre migliaia con traumi psicofisici irrimediabili.

Ora Gaza è tornata a fare notizia. Ora che è ridotta a un cumulo di macerie. Nessuno si permetta di dire: “Non sapevo”. E, soprattutto, che osi affermare che tutto è iniziato il 7 ottobre 2023.

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