La nonna fuggita da un lager nazista, la madre scampata agli attacchi dell’11 settembre, l’omosessualità prima nascosta poi strumentalizzata per risalire la china. Ma anche i finti master nel curriculum, le accuse di frode bancaria, furto d’identità e uso personale dei fondi per la campagna.
Il Pinocchio del partito repubblicano, George Santos, alla fine non è riuscito a sopravvivere alle sue tante bugie ed è stato cacciato dal Congresso con un voto bipartisan di 311 a 114. Si tratta di un evento accaduto solo cinque volte nella storia degli Stati Uniti e che getta i leader del Grand old party in un profondo imbarazzo per non essere riusciti a liberarsi prima e senza questo clamore di un personaggio così scomodo.
La parabola discendente del deputato 35enne di New York è iniziata un anno fa con un’inchiesta del New York Times che ha rivelato una serie di incongruenze nei suoi racconti, dalla vita privata a quella politica. Il giornale ha aperto un vaso di Pandora culminato con un’inchiesta della Commissione etica della Camera che, due settimane fa, ha pubblicato un rapporto di 56 pagine nel quale Santos è accusato di una serie di crimini. Il deputato, sostiene inoltre la Commissione, ha usato ingenti somme di denaro «per spese personali come spa e casinò, shopping in negozi di fascia alta e abbonamenti ad un sito per adulti».
Santos per mesi ha negato ogni illecito e rifiutato di dimettersi rilanciando di essere stato «bullizzato» dai suoi colleghi della Camera e dalla Commissione etica. E pochi minuti prima di essere espulso, ha dichiarato sulla scalinata di Capitol Hill che «se la volontà di Dio sarà che me ne devo andare, lo farò con dignità». Ma, a parte la fine della sua carriera di deputato, la verità è che il 35enne deve anche affrontare 23 pesanti accuse federali, tra cui frode, riciclaggio di denaro, falsificazione di documenti e furto d’identità aggravato. Nella prima udienza del processo si è dichiarato non colpevole e la seconda è stata fissata a settembre 2024, a soli due mesi dalle elezioni.
In vista del voto su Fox news è andato in onda un insolito duello tra i governatori di Florida e California, il repubblicano Ron Desantis e il democratico Gavin Newsom: il primo in affanno nella corsa per la Casa Bianca, sempre indietro rispetto a Donald Trump, il secondo con ambizioni presidenziali per il 2028. I due hanno litigato per un’ora e mezza su tutte le questioni chiave che dividono i rispettivi partiti, incarnando alla perfezione lo spirito di un Paese sempre più diviso e rissoso dove, per il momento, sembra destinato a trionfare ancora una volta il più bullo di tutti, Trump.
Secondo alcuni Newsom aspira a subentrare a Biden, nel caso di vittoria alle prossime presidenziali e di ritiro per motivi di età, anche se lui di fronte a DeSantis ha negato di portare avanti una «campagna ombra» e ha difeso a spada tratta sia il commander-in-chief che la sua vice Kamala Harris.