In Ucraina i casi di violenza sessuale arrivati sulla scrivania del procuratore generale sono 231. Il più anziano è un pensionato di 82 anni, la più piccola una bimba di 4; una donna è stata stuprata davanti al figlioletto. Questi andranno a processo a fronte di migliaia di casi che non verranno mai denunciati, per paura o per vergogna.
«Ma anche per inconsapevolezza» spiega in una intervista a `La Ragione´ Sergiy Nizhynskyi, ex viceministro del Welfare e delle Politiche sociali e attuale presidente dell’associazione per crimini sessuali “Response and Prevention”, accreditata presso l’Onu e che coopera a stretto contatto con le istituzioni.
«Molti degli uomini che sono stati obbligati a spogliarsi a Bucha devono essere considerati vittime di reati sessuali. Anche le torture ai genitali lo sono. E sono vittime inconsapevoli anche le donne che durante l’occupazione hanno acconsentito ad avere dei rapporti sessuali con i militari soltanto per poter uscire a comperare il latte al proprio piccolo».
Nizhynskyi somiglia molto al presidente Zelensky, ma ha grandi occhi azzurri che più di una volta si fanno lucidi mentre lo intervistiamo. Ad esempio quando ricorda il giorno in cui ha accompagnato alla frontiera sua moglie e suo figlio di due anni: «L’Ucraina era appena stata invasa e mi è parsa l’unica cosa da fare anche se temevo che non avrei più rivisto mio figlio. Sono venuti in Italia dove sono stati accolti con affetto. Oggi sono rientrati, anche se l’altra notte abbiamo dovuto dormire nella vasca da bagno mentre Kyiv veniva bombardata pesantemente. È il luogo più sicuro, perché i nostri bagni non hanno quasi mai finestre. Qualche tempo fa scendevamo anche cinque volte al giorno nei rifugi, ora però siamo un po’ stanchi e così ci chiudiamo in bagno. Anche se la paura resta». Il ricordo di quando una bomba ha sventrato il palazzo a fianco è ancora nitido. Sono immagini che non si possono dimenticare.