L’Arabia Saudita si conferma ancora la patria (o una delle patrie) della violazione dei diritti umani. E’ infatti stato condannato a morte un critico del governo che ha denunciato corruzione e violazioni dei diritti umani sui social media.
La sentenza è stata emessa contro Mohammed al-Ghamdi a luglio dalla Corte penale istituita nel 2008 per giudicare i casi di terrorismo. Le accuse includono cospirazione contro la leadership saudita, indebolimento delle istituzioni statali e sostegno all’ideologia terroristica, hanno riferito fonti informate dei dettagli mentre i funzionari sauditi non hanno voluto rilasciare commenti.
Gli attivisti per i diritti umani affermano che il caso evidenzia un’intensa repressione delle critiche pubblicate sui social media, anche tramite account che hanno pochi follower. Saeed al-Ghamdi, fratello di Mohammed e attivista che vive in esilio fuori dall’Arabia Saudita, ha affermato che il caso contro Mohammed è stato almeno in parte costruito dopo i post su X, ex Twitter, che criticavano il governo ed esprimevano sostegno ai «prigionieri di coscienza» come i detenuti religiosi Salman al-Awda e Awad al-Qarni. Secondo il Centro del Golfo per i diritti umani, l’account di Mohammed al-Ghamdi su X aveva solo 9 follower.