Turchia, chi difenderà i diritti umani nel nuovo Parlamento
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Turchia, chi difenderà i diritti umani nel nuovo Parlamento

In Turchia si sono concluse il 14 maggio le elezioni politiche. Nella nuova formazione parlamentare ci saranno diverse persone impegnate già da tempo nella lotta per la difesa dei diritti umani.

Turchia, chi difenderà i diritti umani nel nuovo Parlamento
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7 Giugno 2023 - 18.36


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Una goccia di speranza in un mare in tempesta. 

Le condanne di quattro difensori dei diritti umani, fra cui Taner Kılıç, ex presidente e ora presidente onorario di Amnesty International Turchia, e Idil Eser, ex-direttrice di Amnesty International Turchia, sono state annullate.

La decisione di un tribunale turco di annullare le condanne infondate dell’ex presidente e ora presidente onorario di Amnesty International Turchia e di altri tre difensori dei diritti umani è un grande sollievo, ma mette anche in luce la natura fortemente politica dei processi, ha dichiarato ieri Amnesty International.

La sentenza di assoluzione di Taner Kılıç, İdil Eser, Özlem Dalkıran e Günal Kurşun – quattro degli 11 difensori dei diritti umani coinvolti nel cosiddetto caso Büyükada condannati nel luglio 2020 – arriva esattamente sei anni dopo l’arresto iniziale di Taner, seguito dagli altri solo poche settimane dopo.

“La decisione pone fine a una farsa giudiziaria di proporzioni impressionanti. Siamo estremamente sollevati per l’annullamento finale delle condanne ma rimane inaccettabile il fatto che siano state anche soltanto inizialmente emesse”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

“Per sei anni siamo stati testimoni di una ruota dell’ingiustizia in continuo avanzamento, mentre accuse infondate venivano rivolte a questi quattro coraggiosi difensori dei diritti umani e accettate come verità dai tribunali. La decisione odierna ha svelato il vero scopo di tali processi politicamente motivati: utilizzare i tribunali come arma per mettere a tacere i dissidenti”.

Taner Kılıç, un avvocato per i diritti dei rifugiati e presidente onorario della sezione turca di Amnesty International, era stato arrestato nel giugno 2017 ed era rimasto in carcere per oltre 14 mesi. Nonostante la completa assenza di prove, nel luglio 2020 era stato condannato per “appartenenza a un’organizzazione terroristica” a sei anni e tre mesi di prigione. İdil, Özlem e Günal erano stati condannati a 25 mesi per “assistenza a un’organizzazione terroristica” dopo che nel 2017 avevano trascorso oltre tre mesi in prigione.

Durante le 12 udienze processuali, ogni accusa rivolta ai quattro attivisti per i diritti umani era stata ripetutamente e complessivamente priva di prove, anche negli stessi rapporti di polizia.

Nel maggio 2022, la Corte europea aveva ribadito che le autorità in Turchia non avevano “alcun sospetto ragionevole che Taner Kılıç avesse commesso un reato”. Aveva inoltre stabilito che la sua incarcerazione, basata sulla seconda serie di accuse legate al terrorismo, era “direttamente collegata alla sua attività come difensore dei diritti umani”.

“Per Taner, Idil, Özlem e Günal il calvario potrebbe essere finito, ma in tutta la Turchia molti difensori dei diritti umani finiscono i loro giorni in prigione, vivendo con la paura dell’arresto o rischiando processi infondati”, ha sottolineato Callamard.

“Trarremo forza da questa vittoria. Continueremo anche a combattere contro il costante limite imposto ai diritti umani in Turchia e a nome di coloro che rifiutano di essere messi a tacere dalle minacce del governo”, ha concluso Callamard.

Taner Kılıç e Özlem Dalkıran sono entrambi membri fondatori di Amnesty International Turchia. Negli scorsi 20 anni, hanno giocato un ruolo chiave nel difendere i diritti umani nel paese.

Al momento del suo arresto, nel luglio 2017, Idil Eser era la direttrice di Amnesty International Turchia. Günal Kurşu, avvocato, esperto di legge criminale internazionale e membro di lunga data di Amnesty International Turchia, è un importante difensore dei diritti umani.

Una delle prove contro Taner Kılıç era che avesse scaricato e utilizzato l’app di messaggistica ByLock che, secondo l’accusa, sarebbe stata usata per le comunicazioni del movimento Gülen, il gruppo ritenuto colpevole di aver organizzato un tentativo di colpo di stato nel 2016.

Due analisi forensi del cellulare di Kılıç, commissionate da Amnesty International, tuttavia, non avevano trovato nessuna traccia dell’installazione di ByLock. Nel giugno 2018, ogni legittimità dell’azione della procura era stata sconfessata dopo che la polizia aveva presentato un rapporto in cui non si rinveniva alcuna prova di ByLock sul telefono di Kılıç. Il semplice download o utilizzo di un’applicazione non sarebbe stata peraltro una prova sufficiente dei presunti reati, come concluso in una recente sentenza della Corte europea dei diritti umani riguardante un altro ricorso.

İdil Eser, Özlem Dalkıran e Günal Kurşun erano tra le 10 persone, denominate gli “Istanbul 10”, arrestate dalla polizia nel luglio 2017 mentre partecipavano a un seminario sul benessere e la sicurezza digitale .

Il 4 ottobre 2017, un procuratore di Istanbul aveva presentato un atto di accusa contro gli “Istanbul 10” e contro Taner Kılıç, ritenuto presumibilmente a conoscenza dei preparativi del seminario e in contatto con due degli imputati.

Nella prima udienza del processo, il 26 ottobre, il giudice aveva accettato la richiesta del procuratore di unire il caso di Kılıç a quello degli altri 10, anche se le accuse a suo carico non avevano nulla a che fare con il seminario e i due casi non erano collegati tra loro in alcun modo.

L’assoluzione dei quattro difensori dei diritti umani è soggetta a un’impugnazione da parte del procuratore.

Chi difenderà i diritti umani nel nuovo Parlamento

Ne scrive Murat Cinar, giornalista esperto di Turchia, su Gariwo la foresta dei Giusti:  In Turchia si sono concluse il 14 maggio le elezioni politiche. Nella nuova formazione parlamentare ci saranno diverse persone impegnate già da tempo nella lotta per la difesa dei diritti umani.

Can Atalay è stato eletto presso il Partito dei Lavoratori di Turchia (Tip). Atalay, anche se ha già ottenuto il suo incarico, si trova tuttora in carcere. Il suo partito è ancora in attesa della sentenza del giudice per la sua scarcerazione. Atalay si trova in detenzione dal 25 aprile presso il centro penitenziario di Silivri, a Istanbul. La sua detenzione rientra all’interno del maxi processo Gezi, aperto per indagare, secondo la magistratura e il governo centrale, i sospetti legati al tentativo di un colpo di stato non armato durante la rivolta del 2013. Atalay ha sempre lavorato come avvocato e in questi anni ha difeso numerose persone denunciate e processate per via della loro partecipazione alla rivolta del Parco Gezi. Atalay ha, inoltre, prestato la sua professione per difendere i familiari delle vittime dell’esplosione della miniera di Soma del 2014, quando morirono 301 persone. Atalay ha, in aggiunta, lavorato per cercare giustizia nel processo dell’incidente ferroviario di Corlu, avvenuto nel 2018 e conclusosi con la morte di 25 persone. Si tratta di un incidente in cui la forte negligenza politica del governo centrale, così come una serie di presunte inottemperanze politiche in relazione a questioni tecniche, sono ancora sotto indagine. La direzione della ferrovia e i suoi governatori sono infatti accusati di aver utilizzato l’inaugurazione di un nuovo treno ad alta velocità per scopi propagandistici e di aver avviato l’infrastruttura  prima che essa fosse stata collaudata e posta in sicurezza. Infine, Atalay cerca da anni di difendere anche i diritti delle persone impiegate nel lavoro agricolo, così come il loro posizione lavorativa, la quale è costantemente minacciata dall’aumento sfrenato della cementificazione.Pochi mesi prima di essere arrestato, Atalay aveva rilasciato queste dichiarazioni al quotidiano nazionale Cumhuriyet: “Se sarò eletto lavorerò per difendere i diritti delle persone colpite dal terremoto a febbraio e per fare luce sull’ingiustizia che c’è dietro questo grande disastro”.

Ayşegül Doğan è stata eletta con il Partito della Sinistra Verde (Ysp). Doğan si è formata in Francia come giornalista e ha lavorato per l’Agence France-Presse ad Ankara e per il Courrier International a Parigi. Successivamente, ha lavorato come giornalista e traduttrice per il famoso quotidiano Le Monde diplomatique. Doğan, dal 2011 al 2016, ha condotto una trasmissione televisiva presso il canale IMC TV, il quale è stato poi chiuso – con un decreto emesso dal Presidente della Repubblica – nel 2016, durante lo stato d’emergenza dichiarato poco dopo il fallito golpe del 15 luglio dello stesso anno. Da quel momento in avanti è partito un grande processo che ha coinvolto anche Doğan come imputata, con l’accusa di “far parte di un’organizzazione armata”. Infine, nel 2020, Doğan è stata condannata a sei anni e tre mesi di carcere. La sua condanna è stata definita “uno degli esempi di come in Turchia la magistratura definisce il lavoro dei giornalisti come un’attività terroristica” dal Committee to Protect Journalists (Cpj). Doğan è tuttora in attesa del pronunciamento del tribunale, in quanto il suo ricorso contro la condanna e la richiesta per la rimozione della sua “libertà condizionale” devono essere ancora esaminati dagli organi preponenti.

Ömer Faruk Gergerlioğlu è stato eletto per la seconda volta. In questa nuova legislatura entra nel parlamento sotto la sigla del Partito della Sinistra Verde. Gergerlioğlu è un medico e difensore dei diritti umani. Dal 2007 al 2009 è stato il Presidente generale dell’associazione che lotta per i diritti umani Mazlumder. Nel 2017, anche Gergerlioğlu è stato vittima dei decreti di legge emessi dal Presidente durante lo stato d’emergenza ed è quindi stato sospeso come medico statale. La sua sospensione è diventata un processo e, per via delle sue dichiarazioni rilasciate ai media, egli è stato condannato con l’accusa di “attività terroristica”. Nel 2018 è stato eletto come parlamentare con il partito d’opposizione, il Partito Democratico dei Popoli (Hdp). In quella legislatura, Gergerlioğlu si è concentrato principalmente sui diritti delle persone detenute, opponendosi ai controlli a corpo nudo fatti dentro le carceri, le detenzioni dei minorenni, la violenza nei centri penitenziari e l’immigrazione forzata delle persone perseguitate dalla Turchia verso l’Europa. Nel mese di marzo 2021 gli è stata revocata l’immunità parlamentare e, pochi giorni dopo, è stato arrestato dentro il Parlamento nazionale. Pochi giorni dopo la sua scarcerazione, nel mese di aprile dello stesso anno, Gergerlioğlu è stato arrestato di nuovo. Alla fine nel mese di luglio 2021, la Corte Costituzionale ha certificato come, nell’ambito del suo processo, non siano stati rispettati i suoi diritti politici, consentendo quindi a Gergerlioğlu di potersi ricandidare e, infine, di poter essere eletto nella nuova legislatura.

Nella ventottesima legislatura del Parlamento turco ci saranno tante altre deputate e deputati difensori dei diritti umani. Difendere i diritti umani è uno dei punti che unisce queste persone, ma non è l’unico. Infatti, 58 tra le persone candidate hanno deciso di firmare, poche settimane prima del voto, una dichiarazione di intenti contenente la promessa di difendere i diritti delle persone Lgbtq+. Undici tra queste sono state elette la sera del 14 maggio. Sono; Gökçe Gökçen, Erkan Baş, Sera Kadıgil, Ahmet Şık, Burcugül Çubuk, Kezban Konukçu, Özgül Saki, Sırrı Süreyya Önder, Sevilay Çelenk, Tülay Hatimoğulları e Perihan Koca. La dichiarazione, preparata dall’associazione nazionale Spod,  comprende dieci punti riguardanti, tra le altre cose, il linguaggio politico da utilizzare durante e dopo la campagna elettorale, le modalità di svolgimento delle attività parlamentari tese al riconoscimento dei diritti delle persone Lgbtq+ nel rispetto delle convenzioni internazionali in materia, così come la promessa di lottare per evitare i crimini d’odio e di rafforzare il sistema giuridico per garantire una vita più sicura e libera per queste cittadine”.

La Turchia avrà, molto probabilmente, il governo più di destra della sua storia, caratterizzato da un profilo ultranazionalista, fondamentalista e omotransfobico. Per questo motivo, ci sarà molto lavoro da fare per coloro che lotteranno per la difesa dei diritti umani nel Paese”.

Una lotta che è anche nostra. Globalist ne darà sempre conto e visibilità. 

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