A Gaza è strage. "Vogliono sterminare i palestinesi"
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A Gaza è strage. "Vogliono sterminare i palestinesi"

hanno denominata “Operazione Scudo e Freccia”. E’ stata l’ennesima strage a Gaza.  Israele fuori controllo

A Gaza è strage. "Vogliono sterminare i palestinesi"
Israele bombarda Gaza
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

9 Maggio 2023 - 16.46


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L’hanno denominata “Operazione Scudo e Freccia”. E’ stata l’ennesima strage a Gaza. 

Strage a Gaza. Un appello da rilanciare

“L’Ambasciata di Palestina in Italia lancia un appello al governo di questo Paese amico, a tutte le forze politiche, ai media e a tutto il popolo italiano, perché aprano gli occhi di fronte a quanto sta accadendo.
L’Italia persegue una soluzione pacifica dei conflitti, promuove l’abolizione della pena di morte nell’intero pianeta ed è convintamente schierata sul fronte della legalità internazionale. Non può più tacere davanti ai crimini di una potenza occupante che colpisce ogni giorno, uccidendo uomini, donne, bambini e anziani. Questa notte, l’ennesimo attacco dell’esercito israeliano contro Gaza ha portato alla morte di 13 abitanti della Striscia, tra cui 5 donne e 4 bambini. I feriti, di cui alcuni molto gravi, sono almeno 20 e comprendono anch’essi 7 donne e 3 bambini. Parliamo ovviamente di civili disarmati, la cui uccisione, in qualsiasi altro contesto, avrebbe causato la pronta risposta di una comunità internazionale che di fronte ai soprusi di Israele risulta invece quantomeno assuefatta.  L’Ambasciata di Palestina in Italia ammonisce che così facendo si rischia una vera esplosione, perché il popolo palestinese non si arrenderà mai a una prepotenza criminale che prolunga fino ai nostri giorni la Nakba del 1948, commemorata per la prima volta quest’anno anche dalle Nazioni Unite, nel 75esimo anniversario che cade il 15 maggio. Una Catastrofe che vediamo continuamente anche a Gerusalemme Est e in Cisgiordania, dove proprio questa mattina le forze di occupazione hanno fatto una delle loro abituali irruzioni, nella città di Nablus, ferendo gravemente alcuni suoi abitanti, compresi dei bambini. Ma non potranno ucciderci tutti. Di fronte al terrorismo di Stato portato avanti da Israele, la leadership palestinese ribadisce che una soluzione politica è l’unica via per raggiungere sicurezza e stabilità nella regione”. 

La cronaca

Da Rai News: “Bambini che si risvegliano in lacrime dopo la distruzione seguita a feroci bombardamenti avvenuti nella notte nella Striscia di Gaza da parte dell’aereonautica militare israeliana. Obiettivo: colpire il gruppo militante Jihad Islamica, legato all’Iran.

Il bilancio dei morti è pesante: almeno 13 persone uccise, inclusi tre dirigenti dell’organizzazione palestinese, ma anche civili, tra cui quattro donne e quattro bambini. Lo ha fatto sapere il ministero della sanità della Striscia, citato dalla agenzia Wafa. Fra i palestinesi rimasti uccisi, secondo la radio pubblica israeliana Kan, c’è anche un medico con cittadinanza russa, si tratta di Jamal Abu Haswan, con lui sono morti anche la moglie ed un figlio.

Il comando militare israeliano fa sapere che il bombardamento era mirato alle case dove vivevano i leader della Jihad islamica. Testimoni riferiscono che le esplosioni hanno distrutto il piano superiore di un edificio a Gaza e una casa a Rafah, nel sud della Striscia. Altri raid avrebbero colpito sospetti centri di addestramento dei miliziani.

L’attacco questa volta più imponente per numero di vittime, segue una nuova escalation di violenza che dalla settimana scorsa, dopo la morte del leader palestinese Khader Adnan in sciopero della fame in un carcere israeliano, scuote l’area del Medio Oriente intorno a Gaza. Dalla Striscia sono partiti diversi razzi verso il territorio israeliano, e la risposta non si è fatta attendere. Fino a stanotte era in vigore una fragile tregua mediata da Egitto, Qatar e Nazioni Unite.

Secondo l’esercito israeliano, che ha battezzato i raid “Operazione Scudo e Freccia”, gli obiettivi erano Khalil Bahtini, comandante della Jihad nel nord della Striscia, Tareq Ezzaldin, intermediario del gruppo con la Cisgiordania, e Jehad Ghanam, segretario del consiglio militare dell’organizzazione palestinese. Sarebbero loro i responsabili dei recenti lanci di razzi verso il territorio israeliano, dice Tel Aviv. La Jihad Islamica, gruppo meno consistente rispetto al movimento Hamas che governa la Striscia di Gaza, conferma l’uccisione dei suoi membri. 

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Il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ha avvertito che Israele “pagherà un prezzo” per le uccisioni. “Assassinare i leader con un’operazione insidiosa non porterà sicurezza all’occupante, ma piuttosto più resistenza”, ha spiegato Haniyeh. Con lui, anche le fazioni armate palestinesi a Gaza, che in un comunicato, hanno denunciato che Israele porta piena responsabilità per le 13 vittime definendo l’attacco crimine codardo. Daud Shiab portavoce della jihad a Gaza ha sottolineato che “la reazione palestinese verrà e sarà unita”. 

Il ministero degli esteri dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) condanna gli attacchi definendoli “un crimine atroce commesso dall’occupazione israeliana”. “Una estensione – ha aggiunto – della guerra aperta contro il nostro popolo e suoi giusti e legittimi diritti nazionali”. L’Anp ha quindi chiesto alla Comunità internazionale “un intervento urgente per fermare l’aggressione contro il popolo palestinese” sottolineando la necessità di “un accordo politico negoziato” per il conflitto.

Nell’area circostante la Striscia di Gaza Israele ha proclamato lo stato di allerta, nel timore di ritorsioni da parte della Jihad islamica in seguito all’uccisione dei tre dirigenti militari. Le strade israeliane vicine alla Striscia sono state chiuse e il traffico della linea ferroviaria è stato interrotto nel tratto fra Ashkelon e Sderot. Agli abitanti della zona è stato ordinato di restare nelle vicinanze dei rifugi e delle stanze protette. La radio militare ha riferito che centinaia di riservisti sono stati richiamati. Una fonte del governo ha spiegato che gli attacchi della scorsa notte sono stati effettuati “in risposta ad una incessante aggressione da parte della Jihad islamica” e che “i terroristi uccisi erano al lavoro per condurre operazioni terroristiche contro cittadini israeliani”. La fonte ha ricordato che agli inizi di maggio sono stati lanciati dalla Striscia su Gaza circa 100 razzi.

Nel timore di nuovi attacchi israeliani lo stato di allerta è stato elevato anche dalle autorità di Gaza, che hanno ordinato la chiusura di tutti gli istituti scolastici nella Striscia. Allerta anche lungo le coste. Ai membri delle varie fazioni armate è stato ordinato di tenersi in stato di massima attenzione”.

Annota su HuffPost Janiki Cingoli: “Pressoché unanime l’appoggio all’azione da parte delle forze politiche israeliane. Il presidente Herzog si è “congratulato con l’esercito e le forze israeliane per la loro complessiva e intensa  attività volta a combattere il terrorismo e difendere Israele e i suoi cittadini”. Anche il leader dell’opposizione, Yair Lapid, ha dato il suo sostegno all’operazione.

Dal canto suo, Itamar Ben Gvir, ha deciso di sospendere il boicottaggio dei lavori parlamentari, dopo che le sue principali richieste, tra cui la ripresa degli omicidi mirati contro i leader del terrorismo, erano state accolte. Questa mattina si è tenuta la riunione del Consiglio di Sicurezza del governo, cui ha partecipato lo stesso Ben Gvir, ponendo così fine all’ostracismo nei suoi confronti da parte di Netanyahu.

Al di là dei rischi della situazione e dei suoi possibili sviluppi, il clima di unità nazionale gioca a favore di Netanyahu, il cui governo deve approvare entro il prossimo 29 maggio con la maggioranza assoluta di almeno 61 voti il bilancio annuale, pena lo scioglimento anticipato della Knesset e il ricorso a nuove elezioni. La defezione di Ben Gvir, riducendo i voti disponibili a 58 contro 57 dell’opposizione, aveva messo a rischio la continuità del governo. Il pericolo, ora, sembra scongiurato. Lo stesso movimento di protesta contro l’annunciata riforma giudiziaria potrebbe affievolirsi, nell’attuale situazione di emergenza nazionale”.

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Cisgiordania in fiamme

Unità dell’esercito israeliano sono entrate stamane nella casbah di Nablus, in Cisgiordania. Nella città vecchia opera una milizia locale nota come ‘Fossa dei Leoni’ che negli ultimi mesi ha condotto in Cisgiordania una serie di attacchi armati contro militari e civili israeliani. Il raid israeliano, a Gaza, ha provocato 12 morti, tra cui tre leader della Jihad islamica ma anche alcuni bambini, secondo le autorità locali. L’esercito israeliano da parte sua ha annunciato di aver effettuato operazioni mirate contro tre comandanti delle Brigate al-Quds, il braccio armato del movimento islamista palestinese che Israele considera “terrorista”. La Jihad islamica ha confermato in un comunicato la morte di tre funzionari che ha identificato come Jihad Ghannam, segretario del Consiglio militare delle Brigate Al-Quds, Khalil Al-Bahtini, membro dello stesso consiglio e comandante delle Brigate per il Nord della Striscia di Gaza, e Tareq Ezzedine, “uno dei capi dell’azione militare” del movimento nella Cisgiordania occupata.

Una proposta controcorrente

E’ quella tratteggiata da Yossi Melman su Haaretz: “La “giornata di battaglia”, come l’hanno descritta le Forze di Difesa Israeliane, quando la settimana scorsa sono stati lanciati 124 razzi contro le comunità di confine di Gaza, accolti in gran parte con un’alzata di spalle da parte del governo e dell’opinione pubblica, ha illustrato ancora una volta il pensiero stagnante che ha colpito i governi israeliani che si sono succeduti, l’establishment della sicurezza e la maggior parte degli analisti della difesa. Sebbene ci sia un ampio consenso sul fatto che “la situazione non può continuare così” – anche se continua così da quasi 20 anni – vengono sempre presentate due opzioni.
La prima è che l’unica risposta è invadere Gaza, estromettere Hamas e la Jihad islamica dal potere e distruggere i loro armamenti, e poi… Chi lo sa? O Israele dovrà controllare Gaza o l’Autorità Palestinese, debole e in disfacimento, prenderà il controllo. La seconda opzione equivale essenzialmente ad essere pronti ad accettare “la situazione”, il che significa che si ripeterà la stessa cosa: una tregua di diverse settimane o mesi, interrotta da una ripresa del lancio di razzi e da una risposta moderata o dura da parte dell’aviazione.
Il “giorno della battaglia” è scoppiato dopo che la Jihad islamica ha iniziato il lancio di razzi senza che Hamas facesse alcuno sforzo per impedirlo. I razzi sono stati lanciati in seguito alla morte del prigioniero Khader Adnan, in sciopero della fame e considerato un leader della Jihad islamica, in una prigione israeliana. Sebbene Israele classifichi i prigionieri di sicurezza come terroristi, in realtà concede loro una certa autonomia in carcere e in passato ha anche mostrato una certa flessibilità nei loro confronti.
Nel caso di Adnan, l’establishment della difesa è apparso motivato esclusivamente dalla belligeranza. Dal suo punto di vista, ogni incidente tattico diventa una questione fatidica. Questo atteggiamento testimonia una mentalità fissa che impedisce al sistema di vedere un quadro più ampio. Non sarebbe stata la fine del mondo se il servizio di sicurezza Shin Bet e l’IDF avessero permesso il rilascio di Adnan per salvargli la vita. Anche il lancio di razzi sul sud di Israele avrebbe potuto essere evitato. Ma non è ancora troppo tardi per discutere la terza opzione, che nessuno osa pronunciare ad alta voce: tentare di negoziare con Hamas.
Durante la guerra di Gaza dell’estate 2014, si sono svolti negoziati indiretti tra Hamas e la Jihad islamica e il governo israeliano, con la mediazione dell’intelligence egiziana. Sono state raggiunte intese e sono stati fissati quattro principi: il cessate il fuoco e la calma per cinque anni; la riabilitazione economica della Striscia di Gaza che avrebbe dovuto includere la costruzione di un porto sotto la supervisione internazionale, la costruzione di una centrale elettrica, di impianti di desalinizzazione dell’acqua e altro; un accordo per la restituzione dei corpi di due soldati israeliani detenuti a Gaza in cambio del rilascio di un certo numero di terroristi (questo prima che due civili israeliani, Avera Mengistu e Hisham Al-Sayed, attraversassero il confine con Gaza di propria iniziativa); e la smilitarizzazione di Gaza. Questi contatti avevano un’altra dimensione, più segreta. L’ex capo del Mossad Tamir Pardo e l’allora capo dell’intelligence militare Aviv Kochavi sono volati segretamente a Gedda, dove hanno incontrato Bandar bin Sultan, il capo dell’intelligence saudita. L’obiettivo dei colloqui, che si sono svolti con l’approvazione del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, era quello di ottenere un accordo politico più ampio con l’Autorità Palestinese, che avrebbe anche inaugurato le piene relazioni diplomatiche con l’Arabia Saudita e la maggior parte dei Paesi arabi. Netanyahu, come al solito, ha avuto paura all’ultimo minuto e ha interrotto i colloqui con i sauditi. Si è persa una rara opportunità per un accordo di pace. Anche i colloqui con Hamas sono giunti a un punto morto e da quasi nove anni si susseguono i combattimenti tra Israele e Gaza. Non c’è alcuna possibilità che Gaza venga smilitarizzata. Hamas non accetterà mai. Ma è ancora possibile cercare di raggiungere un’intesa sul resto dei principi del 2014. Israele deve trovare il coraggio di rinnovare i negoziati con Hamas. Israele può definire Hamas un’organizzazione terroristica un altro milione di volte, ma questo non cambierà il fatto che è anche l’entità politica e militare che gestisce i 400 chilometri quadrati della Striscia di Gaza. È un governo, a prescindere da come lo si guardi.
Certo, non sarà una proposta popolare, perché Israele dovrà pagare un prezzo per questo accordo. La destra israeliana la etichetterà come una politica debole e una resa al terrorismo. L’Autorità Palestinese, che secondo gli accordi di Oslo del 1994 dovrebbe essere l’unico interlocutore di Israele, si arrabbierà molto. Ma l’Autorità palestinese sta lentamente morendo, in gran parte a causa della politica israeliana, e su questo punto non c’è alcuna differenza tra Netanyahu e Naftali Bennett e Yair Lapid.
Abbiamo anche bisogno di chiarezza sulla posizione del governo in merito a un accordo di scambio di prigionieri. Se l’obiettivo è quello di realizzare l’accordo come parte di un accordo più ampio con Gaza, le cui condizioni principali sono un cessate il fuoco a lungo termine in cambio della riabilitazione di Gaza, Israele dovrà accettare di rilasciare i terroristi. Ci si può aspettare che Hamas insista sul rilascio di centinaia di terroristi prima di accettare un tale accordo. Se Israele non è disposto a rilasciare i terroristi, lo scambio di prigionieri dovrà essere escluso dall’accordo (anche se questo farà infuriare le famiglie dei soldati caduti e dei civili rapiti).
Questo tipo di accordo non ha certamente un costo facile, ma anche il perpetuarsi della situazione attuale ha un costo, che viene ripetutamente pagato dai residenti del sud di Israele. Senza un accordo, questi israeliani continueranno a sentirsi cittadini di seconda classe di cui il loro governo non si cura e che sono essenzialmente ostaggi di Hamas e della Jihad islamica. Vedremo solo altri cicli di Israele che risponde invece di prendere l’iniziativa, e soprattutto Israele che dimostra di essere incapace di pensare fuori dagli schemi”.

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Una proposta controcorrente.  Di buon senso. Un bene raro oggi in Israele e nella martoriata Palestina.

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