Decreto anti-Ong, trattati come spacciatori o stupratori. Ma chi è il vero criminale?
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Decreto anti-Ong, trattati come spacciatori o stupratori. Ma chi è il vero criminale?

Per il governo Meloni e per il ministro-sceriffo insediato al Viminale, Matteo Piantedosi, le Ong che salvano vite in mare sono nello stesso mazzo di babygang e stupratori. Insomma, dei criminali.

Decreto anti-Ong, trattati come spacciatori o stupratori. Ma chi è il vero criminale?
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Dicembre 2022 - 18.19


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Il femminicidio può attendere. Prima viene la stretta alle Ong. A volte un tweet è più incisivo di un editoriale. Soprattutto quando a “cinguettare” è uno che sull’argomento in questione è più che ferrato. E’ il caso di Sergio Scandura, infaticabile inviato di Radio radicale, che di Mediterraneo, Libia e porcate commesse dalle autorità italiane ed europee  ne ha raccontate di cotte e di crude. 

“Il CDM esaminerà il provvedimento Piantedosi con misure di contrasto a: – BabyGang – Stupratori – Navi di soccorso ONG che salvano Persone, bambini e donne in fuga da torture e stupri quotidiani nei centri di detenzione degli “orrori inimmaginabili della Libia” (cit. ONU)”, Così Scandura. 

Incredibile ma vero. Per il governo Meloni e per il ministro-sceriffo insediato al Viminale, Matteo Piantedosi, le Ong che salvano vite in mare sono nello stesso mazzo di babygang e stupratori. Insomma, dei criminali.

Stretta mortale

L’anticipa Fiorenza Sarzanini su Il Corriere della Sera.

Il soccorso in mare

“Obiettivo del nuovo regolamento – scrive Sarzanini – è impedire che le navi delle organizzazioni umanitarie effettuino la raccolta dei migranti durante il viaggio dalle coste africane all’Italia. Per questo è previsto che per ogni missione possano effettuare soltanto un’operazione di salvataggio. Dopo aver soccorso le imbarcazioni in difficoltà dovranno attivare il sistema di assistenza comunicando la propria posizione e il numero di persone prese a bordo. Da quel momento non potranno effettuare altre soste – a meno che non vengano autorizzati dalla centrale operativa – fino all’approdo nel porto che sarà indicato. 

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi hanno ripetuto più volte di non voler «consentire agli scafisti di scegliere chi può arrivare in Italia». Per questo nel testo è stata inserita una norma che vieta i trasbordi da un’imbarcazione all’altra. Le Ong avranno anche l’obbligo di informare gli stranieri soccorsi sulla possibilità di richiedere asilo. Si tratta di una norma che mira a imporre l’obbligo di accoglienza per lo Stato di bandiera della nave che effettua il salvataggio, ma su questo alcuni Paesi hanno già avanzato contestazioni in sede di Unione europea. 

Il blocco e le multe

Nella bozza che sarà portata in Consiglio dei ministri è prevista una gradualità delle sanzioni.  La prima volta in cui viene violato il codice la Ong subirà una sospensione di venti giorni. La seconda volta il periodo di blocco arriverà a sessanta giorni. Alla terza volta scatterà invece la confisca della nave. Non ci saranno conseguenze penali, ma l’armatore o comunque l’ente che possiede i mezzi rischia una multa da 10 mila a 50 mila euro.

 La competenza per questo tipo di sanzioni è stata affidata ai prefetti che dunque saranno i destinatari delle eventuali contestazioni. La Lega avrebbe voluto sanzioni e multe più severe — come del resto era stato previsto dai decreti sicurezza approvati dal governo gialloverde quando a Palazzo Chigi c’era Giuseppe Conte e al Viminale Matteo Salvini — ma le correzioni imposte all’epoca dal Quirinale e le successive modifiche parlamentari hanno escluso che si potesse andare oltre quanto è già stato previsto.

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Asilo e nulla osta

Proprio per marcare la volontà di favorire l’immigrazione legale sono state previste semplificazioni per gli stranieri che richiedono il nulla osta alla firma di un contratto di lavoro subordinato e per chi dimostra di avere diritto all’asilo. Corsie preferenziali per gli arrivi saranno previste anche per gli Stati che firmeranno accordi per i rimpatri”.

Quattro storie esemplari

A raccontarle, in un bellissimo articolo per La Stampa, è Flavia Amabile

“Mahmood ha sei anni. Se avesse creduto in Babbo Natale, invece di chiedere un gioco lo avrebbe pregato di portargli la madre. La aspetta da luglio, quando lo portarono su una spiaggia della Libia e lo fecero salire su un’imbarcazione sgangherata. Con lui, ad affrontare la traversata del Mediterraneo, c’era un amico della madre. Lei no, e lui la aspetta con la determinazione di un bambino che non ha più un padre, una casa, una terra dove tornare. La aspetta con l’incoscienza di un bambino che non sa che lei è prigioniera in un centro di detenzione libico e non ha idea di quello che sta subendo né se sopravviverà e riuscirà a trovare i soldi per raggiungerlo.

Mahmood è arrivato a Salerno il primo agosto a bordo della Ocean Viking. Erano in 387, di cui 149 minori. I minori sono sbarcati subito, gli altri hanno atteso alcuni giorni, c’era un focolaio di Covid. Mahmood è stato accolto in un centro di suore e lentamente ha dimenticato il viaggio dal Mali attraverso il deserto, i lunghi giorni in Libia dove la madre era scomparsa senza una spiegazione. Ha iniziato a frequentare un asilo, una scuola calcio, ha dei compagni della sua età e una lingua che sta imparando con la rapidità dei bambini. Il passato è una nebbia e un volto di donna a cui si aggrappa con tutte le sue forze. Lui non può farlo ma, a ogni sbarco, a ogni arrivo di migranti sulle coste italiane, il gruppo di volontari che lo circonda spera che tra di loro ci sia anche sua mamma.

Mahmood è uno dei 19 minori non accompagnati assistiti in questo momento dalla rete di tutor volontari e Sai attiva a Salerno. Ed è uno dei 20.032 arrivati in Italia, secondo i dati del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali aggiornati al mese scorso, il 79,5% in più rispetto a dodici mesi prima. Dal prossimo anno, quando andranno in vigore le nuove norme decise dal governo, potrebbe essere uno dei tanti a correre il rischio di essere lasciato in mare ad annegare dalle navi delle Ong costrette a effettuare un solo salvataggio e a recarsi subito verso il porto assegnato dalle autorità senza soccorrere altre persone.

Condé di anni ne ha 10, lui arriva dalla Guinea. Se avesse creduto in Babbo Natale gli avrebbe chiesto di andare in Francia dal fratello. Se gliene avessero dato la possibilità, avrebbe aggiunto anche un altro desiderio, far arrivare sulle coste europee anche il terzo fratello rimasto in un carcere libico. Condé è giunto a Salerno a bordo della Geo Barents due settimane e mezzo fa. Era il più piccolo dei 78 minori non accompagnati presenti a bordo. Anche lui è stato fra i primi a sbarcare. «È il nostro protocollo, i minori scendono per primi e li seguiamo poi nel tempo, il nostro è un lavoro in profondità», spiega l’assessore alle Politiche Sociali di Salerno Paola De Roberto. Condé ha il volto da bambino e i modi da adulto appresi in due anni di viaggio in cui è stato costretto a vedere e capire più di quanto a quell’età dovrebbe essere consentito. Ma all’arrivo nella nuova casa, un centro gestito da suore, era così emozionato da aver dimenticato di mostrare ai responsabili dell’assistenza a Salerno la cosa più preziosa che stava portando nello zainetto di tela blu che gli avevano consegnato i volontari di Medici Senza Frontiere scendendo dalla nave: un foglio di carta coperto da più strati di scotch per proteggerlo dall’acqua, dove era scritto il numero di telefono della madre. Il foglietto è stato ritrovato per caso il giorno dopo l’arrivo e la mamma aveva le lacrime agli occhi quando l’hanno chiamata e ha saputo che il figlio era in Italia, al sicuro. Dopo le vacanze il suo Condè inizierà a frequentare le scuole in Italia. Nel frattempo sono state attivate le procedure per capire se si può realizzare il ricongiungimento con il fratello in Francia.

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Najla e Nuhad hanno 15 e 18 anni. Se avessero creduto in Babbo Natale, gli avrebbero chiesto la libertà di andare dove vogliono. E, se le nuove norme del governo fossero in vigore, forse ora una delle due non sarebbe viva. Najla arriva dalla Tunisia ma del suo passato non si sa molto, lei non ne parla. Frequenta un istituto professionale e, quando i compagni le chiedono dove sia la mamma, lei risponde: «Mia mamma è mamma Lucia», ovvero Lucia Lamberti, la referente della cooperativa Il Ponte di Salerno che gestisce la Comunità dei Minori Stranieri non accompagnati e segue come se fossero suoi ragazze e ragazzi arrivati da terre lontane, spesso senza avere più una famiglia. Najla ha conosciuto Nuhad sulla GeoBarents che le ha salvate in mare in due soccorsi diversi e le ha portate a Lampedusa. Con loro c’erano altre quattro ragazze, anche loro minori non accompagnate assegnate ai centri di Salerno. Najla e Nuhad sono ancora lì, le altre sono scomparse. «Avevano tra i 13 e i 15 anni, c’è stato appena il tempo di accompagnarle a Salerno, non le abbiamo più trovate – spiega Lucia Lamberti – Sono le ragazze destinate alla prostituzione. L’organizzazione è sempre più efficiente, vengono a prenderle ovunque si trovino e le portano via».

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Najla e Nuhad non sono arrivate in Italia per inseguire le fumose promesse di lavori che le portano soltanto a vendersi lungo le strade. Cercano una vita migliore. Studiano, imparano una lingua e un mestiere con le attività svolte dall’associazione La Tenda di cui fa parte la cooperativa Il Ponte. Nel frattempo hanno trovato l’amore. Quest’autunno, mentre erano in fila all’Ufficio Immigrazione ad attendere il loro turno, i loro sguardi hanno incrociato quelli di due giovani stranieri in attesa del rinnovo del permesso. Si sono lanciati un bigliettino con i numeri di telefono e hanno iniziato a vedersi negli orari permessi dalle rigide regole imposte alle due ragazze. È la nuova vita che nei loro Paesi non avrebbero potuto avere. Quella che la stretta sui migranti preparata dal governo rischia di lasciare in mare”. Così la giornalista de La Stampa conclude il suo racconto.

Lo conclude con un’amara, scioccante constatazione: con il nuovo decreto Piantedosi Mahmoood, Condé, Najla e Nuhad sarebbero rimasti in mare. 

Se questi sono dei criminali…

Erano in 113 a bordo di un gommone sovraccarico, nel buio totale, nella zona di ricerca e salvataggio maltese, vicino alla costa libica.
Sono stati soccorsi l’altra notte dalla Ocean Viking, nave della ong Sos Méditerranée, di nuovo in mare dopo l’attracco in Francia, a novembre, al termine di un braccio di ferro diplomatico tra Parigi e Roma per lo sbarco di migranti. 

Tra le persone soccorse dalla Ocean Viking, 23 donne, alcune delle quali incinte, una trentina di minori non accompagnati e tre neonati, il più piccolo dei quali ha solo tre settimane di vita.

A bordo della nave, i migranti – alcuni dei quali in condizioni precarie – sono stati assistiti da membri della Ong, oltre che della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa.
Ecco, col nuovo decreto Piantedosi questo salvataggio non si sarebbe compiuto.

Annota Aurelio Tarquini su FarodiRoma: “L’Italia con questa scelta ideologica si porrà all’esterno della comunità internazionale in quanto salvare vite non può mai essere considerato un reato. È un reato invece non soccorrere le persone che rischiano la vita o farlo troppo tardi, crimine di cui più volte il nostro paese e l’Unione Europea si sono macchiati senza che nessuna procura abbia mai aperto un’inchiesta sulle omissioni di soccorso che hanno causato la morte di centinaia di persone nel Mediterraneo centrale in tutti questi anni. “È ormai chiaro – scrive Info.coooerazione – che ci troviamo davanti a un approccio diffamatorio nei confronti delle Ong e che tutto questo è funzionale ad un disegno politico esplicito: deformare la realtà, confondere rispetto ad altri problemi e polarizzare l’opinione pubblica”.

Le cose stanno così. Il governo più di destra dopo Benito Mussolini ha dichiarato guerra alle Ong. Chi è il criminale?

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