La responsabile ucraina di Amnesty si dimette: "Rapporto contro Kiev unilaterale e favorisce la propaganda russa"
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La responsabile ucraina di Amnesty si dimette: "Rapporto contro Kiev unilaterale e favorisce la propaganda russa"

Oksana Pokalchuk ha affermato di aver cercato di avvertire l'alta dirigenza di Amnesty che il rapporto era unilaterale e non aveva tenuto adeguatamente conto della posizione ucraina.

La responsabile ucraina di Amnesty si dimette: "Rapporto contro Kiev unilaterale e favorisce la propaganda russa"
Oksana Pokalchuk
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6 Agosto 2022 - 12.16


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Dopo la pubblicazione di un controverso rapporto in cui l’esercito di Kiev viene accusato di mettere a rischio i civili, stabilendo basi in scuole e ospedali e lanciando contrattacchi da aree densamente popolate, il capo dell’ufficio ucraino di Amnesty International, Oksana Pokalchuk, si è dimesso.

Il report, pubblicato giovedì, ha suscitato indignazione in Ucraina: «Se non vivi in un Paese invaso dagli occupanti che lo stanno facendo a pezzi, probabilmente non capisci cosa significhi condannare un esercito di difensori», ha scritto ieri sui social media Oksana Pokalchuk di Amnesty, annunciando le sue dimissioni. Pokalchuk ha affermato di aver cercato di avvertire l’alta dirigenza di Amnesty che il rapporto era unilaterale e non aveva tenuto adeguatamente conto della posizione ucraina, ma è stata ignorata.

Amnesty sostiene di aver contattato, il 29 luglio, i funzionari della Difesa a Kiev per presentare i risultati dell’indagine, ma di non aver ricevuto risposta entro la data di pubblicazione del documento. Secondo Pokalchuk, il tempo di preavviso era troppo ridotto. La Ong, ha proseguito la ex dirigente ucraina, «ha così diffuso involontariamente una dichiarazione che suona come un sostegno alla narrativa russa. Sforzandosi di proteggere i civili, questa ricerca è diventata invece uno strumento di propaganda russa».

 Amnesty ha elencato gli incidenti in cui le forze ucraine sembravano aver esposto i civili al pericolo in 19 città e villaggi nelle regioni di Kharkiv, Donbass e Mykolaiv. «Abbiamo documentato un modello in cui le forze ucraine mettono a rischio i civili e violano le leggi di guerra quando operano in aree popolate», ha spiegato il segretario generale di Amnesty Agnes Callamard. «Essere in una posizione difensiva non esonera l’esercito ucraino dal rispetto del diritto umanitario internazionale», ha aggiunto.

Il governo ucraino ha respinto duramente il rapporto: il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha bollato le accuse come «ingiuste» e il ministro della Difesa Oleksiy Reznikov lo ha definito una «perversione». Il presidente Volodymyr Zelensky ha affermato che il gruppo per i diritti umani ha cercato di «spostare la responsabilità dall’aggressore alla vittima».

Già l’anno scorso Amnesty era già stata oggetto di una forte polemica legata alla Russia: a febbraio, aveva deciso di smettere di definire il più celebre oppositore del Cremlino, Aleksey Navalny, come «prigioniero di coscienza» a causa di dichiarazioni discriminatorie fatte dal politico nel 2007 e nel 2008 e che avrebbero potuto costituire odio o incitamento all’odio. A maggio, dopo una valanga di critiche, la Ong è tornata sui suoi passi spiegando che il governo russo e i suoi sostenitori avevano usato quella decisione, del tutto interna e che Amnesty International non aveva inteso rendere pubblica, per violare ulteriormente i diritti umani di Navalny.  

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