Russia-Turchia-Iran: il patto a tre si rinnova
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Russia-Turchia-Iran: il patto a tre si rinnova

Fuori dal coro mediatico, da Istituto Luce del XXI° secolo, Globalist ha documentato, in più articoli e dossier, gli interessi economici  e geopolitici che uniscono saldamente Erdogan e Putin

Russia-Turchia-Iran: il patto a tre si rinnova
Putin e Erdogan
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

12 Luglio 2022 - 17.17


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Solo degli sprovveduti, anche se di Governo, potevano credere a una rottura tra il sultano di Ankara e lo zar del Cremlino. Solo una narrazione farlocca, veicolata da una stampa mainstream poteva, spacciare per un grande successo politico-diplomatico il recente bilaterale in terra ottomana Turchia-Italia. Con il nostro presidente del Consiglio che metteva in risalto la convergenza con il sultano in questione, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, nel condannare la Russia di Putin per la guerra d’aggressione contro l’Ucraina. Alla faccia della convergenza…Fuori dal coro mediatico, da Istituto Luce del XXI° secolo, Globalist ha documentato, in più articoli e dossier, gli interessi economici  e geopolitici che uniscono saldamente Erdogan e Putin.

Patto a tre

L’autorevole conferma viene da Mosca. I presidenti di Russia, Turchia e Iran si incontreranno la prossima settimana a Teheran per un vertice sulla Siria e per colloqui bilaterali nel contesto del conflitto in Ucraina. Lo ha annunciato il Cremlino. “Si sta preparando il viaggio del presidente Vladimir Putin in Iran il 19 luglio”, ha dichiarato ai giornalisti il portavoce Dmitry Peskov, aggiungendo che ci sarà un incontro sulla Siria con il suo omologo iraniano Ebrahim Raisi e con quello turco Recep Tayyip Erdogan, oltre a un incontro bilaterale con quest’ultimo.

La tela del Sultano

Di grande interesse a tal proposito è l’analisi di Giuseppe Didonna per Agi. Annota tra l’altro Didonna: “In virtù dei legami economici, strategici ed energetici imbastiti negli anni con il presidente russo Vladimir Putin è riuscito a porre in essere un’offensiva diplomatica autonoma da Nato ed Ue. La Turchia pur avendo condannato senza mezzi termini l’attacco russo all’Ucraina, definito ‘inaccettabile’, non ha chiuso lo spazio aereo e ha detto no alle sanzioni economiche nei confronti di Mosca. Scelta pragmatica, considerando l’impatto del turismo, delle forniture energetiche e dell’import/export con la Russia sull’economia turca in difficoltà, ma che ha permesso a Erdogan di rimanere una delle poche voci che Putin si è  mostrato disposto ad ascoltare. […]. La storia delle relazioni tra Erdogan e Putin è infatti fatta di intese trovate nonostante le posizioni di partenza fossero opposte. In Siria la Russia ha sostanzialmente mantenuto in vita e rimesso sul trono Bashar al Assad, che Erdogan accusa da anni di essere un ‘criminale spietato, assassino di civili’.

Nonostante questa premessa i due Paesi hanno dato vita ai colloqui di Astana con l’Iran e Mosca ha dato semaforo verde ad Ankara per un’operazione militare nel nord ovest della Siria, che ha permesso ai turchi di sottrarre Afrin ai curdi del Pyd-Ypg nel 2018. Un anno e mezzo dopo la storia si è ripetuta a est dell’Eufrate. Ankara ha accusato gli Usa di non mantenere i patti e continuare ad aiutare Ypg, Putin si è inserito e in attimo ha siglato con Erdogan un accordo per l pattugliamento congiunto russo-turco lungo la safe zone che la Turchia ha istituito al proprio confine. Sempre in Siria Erdogan e Putin hanno raggiunto un’intesa sul controllo e la demilitarizzazione della turbolenta provincia di Idlib. Un’intesa che ha tremato 2 anni fa, quando 34 militari turchi sono morti dopo un bombardamento sferrato da piloti del regime di Damasco e russi.

Una tragedia su cui Erdogan ha evitato polemiche, ma di cui ha poi chiesto il conto, imponendo la presenza dei propri militari, costringendo Putin a rinunciare a un intervento militare che avrebbe causato un flusso di profughi verso la Turchia. Un copione simile si è ripetuto in Libia e nel Nagorno Karabakh Se per quanto riguarda la Libia Putin ha deciso di ritirare gradualmente il sostegno a Khalifa Haftar mentre i droni turchi determinavano la vittoria del rivale Fayez al Serraj, ben più complesso è stato quanto avvenuto nel decennale conflitto tra Armenia e Azerbaigian in Nagorno Karabakh.

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L’Azerbaigian è un Paese satellite della Turchia, la Russia da sempre vicina all’Armenia, che per Mosca rimane importante per difendere i propri interessi e confini nel Caucaso meridionale. Nonostante le premesse non certo favorevoli Erdogan e Putin hanno sfruttato l’enorme influenza dei propri Paesi sulle parti del conflitto, imposto una tregua e spinto a una soluzione politica che ha permesso di fermare le ostilità. Relazioni negl ultimi anni eccellenti, quelle tra Erdogan e Putin, eppure basta fare un piccolo passo indietro, al 25 novembre 2015, per trovare la più  grossa crisi diplomatica nella storia delle relazioni Russia-Turchia, un pesantissimo scambio di accuse e minacce durato i mesi che seguirono l’abbattimento di un jet russo al confine siriano da parte dell’esercito di Ankara.

La ricomposizione, che pareva impossibile, avvenne perché Erdogan fu capace di mettere l’orgoglio (che di certo non gli fa difetto) da parte e chiedere scusa. Fu come ammettere che la Turchia non può fare a meno della Russia e a Putin bastò, i rapporti tra i due Paesi resistettero alla dura prova dell’omicidio dell’ambasciatore russo Andrej Karlov ad Ankara e gradualmente decollarono con i due governi che nel tempo hanno poi concluso accordi su tutto: difesa, energia, commercio e intese strategiche e militari. Intese importanti, costruite nonostante premesse tutto meno che favorevoli; un passato recente che alimenta in Erdogan la speranza che l’incontro tra Lavrov e Kuleba possa avere un esito positivo, riporti la pace nell’area e limiti le ricadute economiche per la Turchia in crisi, stimate al momento intorno ai 50 miliardi di dollari”. Così l’analista di Agi.

Questo legame non è stato inclinato neanche un po’ dalla guerra in Ucraina. 

La torta petrolifera

Altro scenario. Ciò che sta davvero accadendo in Libia è la “Grande spartizione” tra il Sultano e lo Zar. Russi e turchi sono pronti a spartirsi la Libia e a esercitare la loro crescente influenza nel Mediterraneo Occidentale. E’ questo che dicono le manovre aeronavali turche a largo delle coste libiche e lo schieramento dei jet russi nella base di Jufra che, secondo alcuni, hanno parzialmente sostituito i mercenari della Wagner. Ankara vuole insediarsi in Tripolitania, Mosca punta a farlo in Cirenaica. Ma dopo mesi di una campagna militare impantanata, la Russia ha ritirato il suo supporto decidendo di negoziare con Ankara i futuri assetti del paese e le relative zone di influenza. Tutto è dunque deciso? Non ancora, si legge in una documentata analisi dell’Ispi, perché ci sono temi su cui i due paesi, entrambi impegnati in Libia, si trovano su sponde decisamente opposte: la Russia vuole fermare l’avanzata delle forze di Tripoli prima che raggiungano Sirte e, soprattutto, vuole garantirsi un avamposto militare in Cirenaica. Ankara frena, e dalla sua posizione di forza cerca di assicurarsi la base di Al Watyah e il porto di Misurata, rispettivamente a ovest e a est di Tripoli. Dagli equilibri che si raggiungeranno dipende l’assetto della Libia di domani che, ancora una volta, non si deciderà né a Tripoli né a Bengasi, prosegue il documento. Da tempo infatti quella in Libia si è trasformata in una guerra per procura dove sono gli attori esterni, regionali, e globali, ha determinarne gli scenari e i possibili compromessi.

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Un progetto di spartizione della Libia che, secondo indiscrezioni, sarebbe partito allora e finalizzato in un vertice segreto tenutosi a Malta a fine ottobre 2020. La posta in gioco non è solo il controllo degli idrocarburi gestiti dalla Noc (National Oil Corporation) con importanti contratti all’Eni, è in gioco, ma l’intero asse mediterraneo.

Fronte siriano

Un passo indietro nel tempo. Solo qualche anno fa. Così scriveva Giordano Stabile, inviato a Beirut de La Stampa. L’articolo è del 4 aprile 2018. Il titolo è: Russia-Iran-Turchia. Patto a tre per spartirsi il futuro della Siria.

Così Stabile: “Vladimir Putin conclude un’intesa militare strategica con la Turchia, dopo quella sull’energia atomica, allarga la cooperazione al campo umanitario, rassicura l’Iran sulla «integrità territoriale» della Siria. Al vertice a tre di Ankara, con il padrone di casa Recep Tayyip Erdogan e il presidente iraniano Hassan Rohani, il leader russo raccoglie i frutti di un rapporto sempre più stretto con la Turchia, lanciato dopo il fallito golpe del luglio 2016. L’inedita alleanza, che include uno Stato della Nato e uno dei più accesi rivali dell’Occidente, è riuscita finora a convivere sul teatro siriano, dove pure Erdogan è avversario di Bashar al-Assad, e Rohani è il suo maggior sostenitore. 

Nella nuova Siria divisa in zona di influenza c’è spazio anche per questa rivalità. Rohani ha ribadito il diritto del governo di Damasco a recuperare «tutti i territori», compreso il cantone di Afrin. Erdogan ha sottolineato che l’integrità potrà essere recuperata solo dopo «la sconfitta di tutti i gruppi terroristi» compreso lo Ypg curdo, e come nella fascia di sicurezza controllata dai turchi siano «già ritornati 160 mila profughi siriani». Ora Erdogan vuole allargare la sua area di influenza e ha trovato in Putin una sponda totale, tanto che insieme hanno annunciato il progetto di costruire un ospedale militare a Tell Abyad, una località ancora sotto il controllo dei curdi dello Ypg. Servirà alla «riabilitazione dei feriti in arrivo dalla Ghouta» e sarà realizzato dalle forze armate turche con l’aiuto di quelle russe.Con questo annuncio sia Ankara che Mosca danno per scontato che gli Stati Uniti si ritireranno presto dalla Siria, in quanto la ragione ufficiale della presenza delle truppe statunitensi, la lotta all’Isis, sta per venire a mancare. Putin ha puntualizzato che l’Isis «è stato sconfitto, anche se conserva un notevole potenziale distruttivo». Alle parole del capo del Cremlino hanno fatto eco quelle di una dichiarazione della Casa Bianca che ha confermato che la «missione per sradicare lo Stato islamico in Siria sta arrivando a termine» e il gruppo «è quasi completamente distrutto». Donald Trump avrebbe chiesto ai suoi generali di preparare i piani per il ritiro. In cambio del via libera nel Nord della Siria, Putin ha ottenuto da Erdogan una collaborazione militare senza precedenti, che allontana la Turchia dalla Nato. Martedì sera sono stati definiti i dettagli del contratto per il sistema anti-aereo S-400. Le prime batterie saranno consegnate in anticipo, nel luglio del 2019. L’S-400 è incompatibile con i sistemi di difesa Nato e Washington ha fatto pressioni fortissime perché Ankara rinunciasse all’accordo e scegliesse un sistema occidentale, integrabile con le difese degli altri Paesi dell’Alleanza. Erdogan ha tirato dritto, «è una decisione che spetta a noi», e ha confermato la consegna anticipata. Il prossimo vertice a tre si terrà a Teheran, in una data ancora da definire. Il primo si era svolto a novembre a Sochi, in Russia”.

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Quanto al rapporto russo-iraniano, preziosa è l’analisi (giugno 2021) di Giuseppe Gagliano su Notizie Geopolitiche: “ Quali sono le ragioni che spingono la Russia a con lavorare in modo sempre più stretto con l’Iran? Innanzitutto vi è la questione afghana, dove Mosca intende sostenere l’attuale processo di pace afgano, pur sottolineando l’importanza che non vi siano interferenze esterne. Per conseguire una stabilità, che allo stato attuale appare utopica, la Russia ha bisogno della collaborazione di tutti i membri dell’Unione economica eurasiatica, oltre che di quelli dell’Organizzazione di sicurezza collettiva, per evitare che i gruppi terroristici possano radicarsi. Le autorità iraniane a loro volta hanno organizzato proprio a Teheran un incontro con i ministri degli Affari esteri della Cina, del Tagikistan, dell’Uzbekistan, del Turkmenistan, del Pakistan e della Russia allo scopo di salvaguardare l’integrità del territorio afghano. Anche l’Iran ha sottolineato la necessità che le interferenze straniere in Afghanistan siano da evitare.


Per quanto riguarda la questione siriana, entrambe le nazioni hanno sostenuto apertamente il regime autoritario di Bashar al-Assad, e nello stesso tempo hanno cooperato per contrastare la presenza del terrorismo jihadista. La Russia intende arrivare ad un accordo di amicizia con l’Iran, ma soprattutto la Russia e la Siria dovrebbero a breve firmare intese relative a una maggiore cooperazione nell’ambito della scienza e dell’industria.
L’Iran rimane certamente un fortissimo sostenitore dell’attuale regime siriano, sostegno che viene attuato allo scopo di impedire che si possa formare un governo favorevole agli Stati Uniti.


Per quanto riguarda il conflitto che recentemente si è verificato in Nagorno-Karabakh sia la Russia che l’Iran hanno interesse affinché il Caucaso sia una zona stabile, sia per concretizzare i loro progetti in ambito economico sia per contrastare le ambizioni turche. Il Caucaso svolge soprattutto per la Russia un ruolo molto importante nel quadro geopolitico e quindi l’alleanza della Turchia e dell’ Azerbaigian induce Mosca a essere molto sospettosa, soprattutto perché la Turchia rimane un membro vitale per la Nato.
Una delle ragioni della stretta collaborazione tra Iran e Russia consiste così nel contrastare l’influenza americana nello spazio euroasiatico, e la Russia necessita dell’alleanza con l’Iran anche per limitare la proiezione di potenza della Cina, attraverso la Nuova Via della Seta. Va notato che la partnership russo-iraniana sia nel contesto siriano che in quello caucasico mira anche a contenere le mire espansionistiche turche.
Il Caucaso  – conclude Gagliano – riveste un ruolo di estrema importanza per entrambe le nazioni, poiché allo stato attuale stanno cooperando per il corridoio internazionale dei trasporti Nord-sud”

Ora la triade si ritrova. Per aggiornare il patto. 

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