In Russia c’è chi dice “Niet”. Lo fa dal carcere dove è imprigionato. Ma non è il solo. Perché nonostante la repressione del regime e i media che rilanciano la narrazione di una “guerra patriottica”, in migliaia hanno manifestato in diverse città della Federazione Russa per dire “No” all’invasione dell’Ucraina.
Da quando è iniziata la guerra in Ucraina sono oltre 5800 le persone fermate secondo il sito indipendente Ovd-Infogruppo. Solo domenica sono state più di 2000. Gli agenti in assetto anti sommossa hanno trascinato via anziani, donne e giovani in tutte le città russe. Sono proteste coraggiose come quella del ragazzo la cui immagine circola sui social e che chiede un abbraccio a chi condivide il suo pensiero contro l’invasione dell’Ucraina. Contro la guerra scatenata in Ucraina si sono espressi accademici e scienziati, artisti e sportivi, ma anche oligarchi russi. Sono le crepe nel sistema che il presidente vuole presentare perfettamente compatto.
I ricercatori hanno scritto una lettera contro la guerra. «Si tratta di una decisione fatale che causerà enormi perdite umane e minerà le basi del sistema di sicurezza collettiva. La responsabilità per aver scatenato una nuova guerra in Europa ricade interamente sulla Russia». «Serve la pace, i colloqui tra Russia e Ucraina devono iniziare il prima possibile!», ha scritto l’oligarca Oleg Deripaska, in passato molto vicino al presidente Vladimir Putin.
Si è dimessa dalla carica di direttore del teatro statale Meyerhol di Mosca,Elena Kovalskaya. «Non puoi lavorare per un assassino e ricevere da lui lo stipendio» ha scritto su Facebook. Molti collaboratori stranieri dell’emittente Russia Today, organo del Cremlino, si sono dimessi.
Migliaia di lavoratori russi del settore tecnologico hanno firmato una petizione chiedendo al loro governo di interrompere le operazioni militari in Ucraina, aggiungendo la loro voce a quella delle migliaia di cittadini russi scesi in piazza contro la guerra. A due giorni dal lancio sono più di 10.000 le persone che hanno firmato la petizione, promossa via Facebook da Natalya Lukyanchikova, dipendente di una grande azienda tecnologica russa. Tra i firmatari anche i dipendenti delle più importanti società tecnologiche russe, tra cui il gigante dei social media VK, il leader della sicurezza informatica Kaspersky Lab e la piattaforma di reclutamento di lavoro online HeadHunter.
L’analista Pavel Podvig ha postato su Twitter un video delle manifestazioni in corso: “Protesta contro la guerra a Novosibirsk. Devo dire che la mia forte impressione è che questa guerra sia molto impopolare in Russia. Alcuni protestano apertamente, altri si preoccupano in silenzio. Penso che @samagreene abbia notato che il Cremlino non ha nemmeno tentato di organizzare una dimostrazione di sostegno pubblico”.
“Qualsiasi atto provocatorio o aggressivo contro gli agenti sarà immediatamente represso”, ha dichiarato il ministero dell’Interno russo. Le autorità hanno avvertito che adotteranno tutte le misure necessarie per mantenere l’ordine pubblico: “Non cedete al richiamo di azioni illegali, avvertite famigliari e amici minorenni a non partecipare ad eventi non autorizzati”.
Parla Navalny
L’oppositore russo Alexei Navalny, detenuto in un carcere, ha incitato i russi a organizzare proteste quotidiane contro la campagna militare di Mosca in Ucraina. Navalny, che sta scontando in carcere una condanna a due anni e mezzo ed è sotto processo per reati che prevedono pene fino a dieci anni di reclusione, ha chiesto alle persone di uscire e protestare contro la guerra ogni giorno alle 19 e nei fine settimana e nei festivi alle 14 nelle piazze principali delle vostre città, ovunque voi siate”.
“Putin non è la Russia – ha scritto sui social – E se in questo momento in Russia c’è qualcosa di cui si può essere orgogliosi più di ogni altra cosa, sono quelle 6.835 persone che sono state arrestate perché senza alcuna chiamata sono scese in piazza con i cartelli ‘No alla guerra’”.
“Se, per porre fine alla guerra, dobbiamo riempire i centri di detenzione e le camionette della polizia, riempiremo i centri di detenzione e le camionette della polizia. Tutto ha un prezzo e ora, nella primavera del 2022, questo prezzo lo dobbiamo pagare noi. Nessun altro. Su, non solo ‘siamo contro la guerra’. Lottiamo contro la guerra”.
Il movimento di Navalny, una delle voci più critiche nei confronti del Cremlino, aveva chiesto in precedenza una campagna di disobbedienza civile per protestare contro l’invasione russa. Navalny è in carcere dall’anno scorso dopo essere tornato in Russia dalla Germania ed essersi ripreso da quello che, secondo i test di laboratorio occidentali, è stato un tentativo di avvelenamento con gas nervino in Siberia, sempre negato da Mosca.
Il j’accuse di Amnesty
Commentando le notizie sulla censura imposta dalle autorità russe agli organi d’informazione nazionali e sulla repressione delle proteste contro l’invasione dell’Ucraina, la direttrice di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale Marie Struthers ha diffuso la seguente dichiarazione: “Di fronte a migliaia di persone che in tutta la Russia manifestano contro la guerra, il Cremlino continua a ridurre al silenzio le proteste e obbliga gli organi di stampa nazionali a sostenere le sue posizioni. Usando la forza per disperdere le manifestazioni contro la guerra e censurando l’informazione, le autorità russe ricorrono sempre di più alla repressione mentre nell’opinione pubblica cresce l’orientamento contrario alla guerra”.
“Gli organi di stampa controllati dallo stato collaborano a tappare la bocca a chi è contrario alla guerra. Il sollevamento dall’incarico del presentatore televisivo Ivan Urgant e la decisione di escludere la rispettata giornalista Elena Chernenko dal pool di giornalisti che seguono le conferenze del governo, solo per aver scritto una lettera contro la guerra, illustrano bene il disprezzo delle autorità russe per la libertà di stampa”.
“Mentre la Russia compie attacchi indiscriminati in Ucraina, in violazione del diritto internazionale umanitario, le autorità di Mosca stroncano i diritti alla libertà di espressione e di manifestazione pacifica imponendo la loro narrazione del conflitto. La brutale repressione nei confronti di chi esprime dissenso nei confronti della guerra dev’essere fermata”.
Ulteriori informazioni
Il 24 febbraio l’organismo di controllo sui media Roskomnadzor ha ordinato a tutti gli organi d’informazione di riferire sull’invasione dell’Ucraina solo attraverso le fonti ufficiali dello stato. Per i portali che violeranno l’ordine si prevedono sia il blocco degli accessi che multe fino a 60.000 euro.
Il 28 febbraio Roskomnadzor ha bloccato il sito di Nastoyashchee Vremya (Tempi attuali), un portale collegato a Radio Free Europe / Radio Liberty, per aver diffuso “notizie infondate” sul conflitto.
Il 27 febbraio l’ufficio del Procuratore generale ha diffuso una nota minacciando l’incriminazione di “alto tradimento” per chi fornirà qualsiasi tipo di “assistenza a uno stato estero, a un’organizzazione estera o internazionale o a loro rappresentanti in attività dirette contro la sicurezza della Federazione russa”.
Nei primi quattro giorni di invasione, la polizia russa ha regolarmente usato la forza per disperdere le proteste. Secondo l’organizzazione non governativa per i diritti umani Ovd-Info, sono stati arrestati oltre 5900 manifestanti in 67 città. Il 24 febbraio il filosofo politico Grigory Yudin è stato picchiato dalla polizia, ha perso conoscenza e ha trascorso un breve periodo di tempo in ospedale.
Amnesty International ha dichiarato che “l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è una evidente violazione della Carta delle Nazioni Unite e costituisce il crimine internazionale di aggressione”. L’organizzazione per i diritti umani ha chiesto che tutte le persone coinvolte in tale crimine siano chiamate a rispondere dal punto di vista individuale, personale e collettivo dei tanti crimini che hanno finora caratterizzato l’invasione dell’Ucraina.
Amnesty International ha sollecitato gli stati membri delle Nazioni Unite a sostenere la Carta delle Nazioni Unite, che proibisce l’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica degli stati con le uniche eccezioni dell’autodifesa e quando l’uso della forza sia autorizzato dal Consiglio di sicurezza, “eccezioni che non possono essere riferite al contesto attuale”. Sulla base del diritto internazionale, ha ricordato Amnesty International, “gli stati devono risolvere le dispute internazionali attraverso mezzi pacifici e in forme tali da non mettere in pericolo la pace, la sicurezza e la giustizia internazionali”.
“L’invasione dell’Ucraina è un fatto grave che può essere definito solo in un modo: aggressione. La Russia sta invadendo il cuore dell’Ucraina, sta cercando di deporre il suo governo legittimamente con azioni che hanno un impatto concreto e massiccio sulla vita, sull’incolumità e sul benessere dei civili. Le azioni della Russia non possono minimamente essere giustificate da alcuno dei motivi proposti da Mosca. E tutto questo viene commesso da un membro permanente del Consiglio di sicurezza – rimarca Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International -. La Russia sta chiaramente violando i suoi obblighi internazionali, Il suo operato è palesemente contrario alle norme e ai principi su cui sono state fondate le Nazioni Unite. Questo flagrante disprezzo non può essere imitato da altri e non dovrebbe compromettere la capacità delle Nazioni Unite di contrapporsi a questo modo di fare”.
Un crescendo di violazioni
Dall’inizio dell’invasione russa, Amnesty International ha documentato un crescendo di violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani, “come gli attacchi indiscriminati contro aree e infrastrutture civili che hanno causato perdite di vite umane. Gli attacchi contro obiettivi protetti, come scuole e ospedali, l’uso di armi indiscriminate come i missili balistici e l’impiego di armi vietate come le bombe a grappolo possono costituire crimini di guerra”.
Inoltre, Amnesty International ha sollecitato gli stati membri a “condannare congiuntamente il crimine di aggressione da parte della Russia, a fornire aiuti e assistenza ai cittadini ucraini, compresi quelli in fuga dal conflitto, e ad assicurare che le conseguenze dell’aggressione russa non avvicineranno il mondo a un abisso di violenza, violazioni dei diritti umani e insicurezza”.
“In meno di una settimana, l’invasione dell’Ucraina ha causato una massiccia crisi umanitaria, dei diritti umani e di sfollati che ne hanno fatto la peggiore catastrofe della recente storia europea. La Russia non sta solo violando la sovranità di uno stato vicino e del suo popolo ma sta anche sfidando l’architettura di sicurezza globale e sfruttandone le fragilità, anche di un Consiglio di sicurezza mal funzionante”, ha proseguito Callamard.
L’annuncio del procuratore del Tribunale penale internazionale dell’intenzione di aprire un’indagine in Ucraina ha avvisato tutti gli autori di crimini di guerra e crimini contro l’umanità – compresi quelli maggiormente responsabili e nelle posizioni di più alto livello – che saranno chiamati individualmente a risponderne. “Sollecitiamo tutti gli stati parte del Tribunale penale internazionale e l’intera comunità internazionale a cooperare a questa indagine, che non può andare avanti da sola. Perché vi sia un accertamento delle responsabilità occorreranno tanto uno sforzo innovativo e comune delle Nazioni Unite e dei loro organi