Apocalisse Yemen, nella comunità degli spilorci l'Italia ha la maglia nera
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Apocalisse Yemen, nella comunità degli spilorci l'Italia ha la maglia nera

L'appello dell'Onu per la risposta umanitaria resta finanziato per meno della metà per portare cibo e medicine a 20 milioni di yemeniti, tra cui 400 mila bambini sotto i 5 anni che rischiano di morire per malnutrizione.

Un bambino yemenita
Un bambino yemenita
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

3 Marzo 2021 - 17.54


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Yemen la vergogna internazionale. Un nuovo tragico passo indietro sulla risposta umanitaria in Yemen dove – a 6 anni dall’inizio di una guerra che ha causato tra i 200 e i 250 mila morti, di cui almeno 20 mila civili – si sta consumando la più grave crisi umanitaria al mondo, mentre non cessano i combattimenti soprattutto a Marib, vicino alla capitale Sana’a, che potrebbero provocare una nuova ondata di profughi.

La comunità degli spilorci

Dopo la conferenza dei Paesi donatori, che si è svolta l’altro ieri in forma virtuale, l’appello delle Nazioni Unite per la risposta umanitaria resta finanziato per meno della metà di quanto necessario a portare aiuti, cibo e medicine a 20 milioni di yemeniti, tra cui 400 mila bambini sotto i 5 anni che rischiano di morire per malnutrizione.

L’Italia, dal canto suo, risulta essere il 19esimo paese donatore, con soli 5 milioni di euro che saranno stanziati nel 2021, meno di tutti gli altri Paesi del G7.

È la denuncia lanciata ieri da Oxfam, di fronte all’impegno assolutamente insufficiente per rispondere ad una crisi gravissima, alimentata dalla vendita di armamenti per miliardi di dollari proprio da parte delle grandi potenze mondiali alle parti in conflitto, Arabia Saudita e Emirati Arabi su tutti.

 “Il Governo italiano conferma l’impegno dell’anno scorso, non tenendo conto della richiesta del Parlamento di fare di più. –  afferma Paolo Pezzatipolicy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia –  Una cifra davvero bassa se comparata a quanto stanziato dagli altri paesi del G7: oltre 200 milioni di euro dalla Germania, 159 dagli Stati Uniti, 102 dalla Gran Bretagna, 46 dal Canada, 40 dal Giappone, 11 dalla Francia. L’Italia si pone dopo tutti i paesi scandinavi, a pari merito con Belgio e Irlanda.  La vice ministra degli esteri Marina Sereni si è appena insediata, ma ci rivolgiamo direttamente a lei per una verifica della disponibilità di maggiori fondi, come richiesto dal Parlamento lo scorso dicembreAllo stesso tempo le chiediamo di guidare un cambiamento serio e strutturato per porre lo Yemen al centro dell’agenda della politica estera italiana”.

 “Gli 1,4 miliardi di euro impegnati ieri costituiscono solo il 43,75% dei 3,21 miliardi di euro richiesti per aiutare i due terzi della popolazione dello Yemen, che in questo momento sono allo stremo. – conclude Pezzati – Un intero popolo sta rimanendo senza cibo, medicine, acqua pulita e che con solo la metà delle strutture sanitarie in funzione sta affrontando la combinazione micidiale dell’impatto del Covid 19 – ormai diffuso in tutto il Paese –  della più grave epidemia di colera di sempre e della guerra che ha già costretto 4 milioni di persone ad abbandonare le proprie case. Oggi più che mai servono maggiori aiuti e un cessate il fuoco immediato che porti alla pace in un paese devastato, che così rischia di non avere un futuro”.

 In Yemen violenze e carestia rischiano di cancellare un’intera generazione che non potrà essere aiutata da donazioni in netto calo da parte della comunità internazionale. Ad oggi metà della popolazione, ovvero 16 milioni di persone, patisce la fame e 400 mila bambini di meno di 5 anni rischiano di morire di malnutrizione.

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A lanciare l’allarme sul deteriorarsi della vita quotidiana e della situazione sanitaria nel Paese mediorientale sono agenzie Onu e Ong dopo il flop della conferenza dei Paesi donatori, svoltasi ieri virtualmente, conclusasi con la raccolta di solo il 43% dei fondi necessari alla risposta umanitaria per il 2021, da cui dipende la sopravvivenza di 20 milioni di yemeniti.

“Ridurre i finanziamenti è una condanna a morte” ha detto il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Sul terreno la situazione è drammatica. Ad esempio nella provincia di Shabwa, l’ospedale di Abs che fornisce assistenza a comunità di remoti villaggi ha registrato un aumento dei casi di malnutrizione del 41% rispetto ad un anno fa.

I bambini che sopravvivono alla carestia sono esposti a devastanti epidemie di colera e dengue, oltre ai bombardamenti aerei della coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi che colpiscono scuole, ospedale e matrimoni.

Bambini di soli 11 anni vengono reclutati per combattere da una parte o dall’altra, mentre nelle aree rurali le bambine si sposano anche prima di aver compiuto 14 anni. E mentre il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden ha affermato che porre fine alla guerra nello Yemen è una priorità per la sua amministrazione, è improbabile che la rinnovata spinta diplomatica rallenti l’intensità dei combattimenti registrati dall’inizio dell’anno nella provincia centrale di Marib.

I ribelli filoiraniani Huthi sono sempre più vicini alla vittoria in un’area ricca di petrolio: uno sviluppo che estrometterebbe le forze fedeli al governo yemenita dalla loro ultima roccaforte settentrionale e complicherebbe notevolmente gli sforzi per riportare le parti al tavolo dei negoziati.  

Alla luce di un contesto sempre più complesso e disperato, la cifra promessa l’altro ieri dai donatori risulta davvero insufficiente: finora l’impegno di donazioni è inferiore a quello del 2020, quando sono state ridotte dalla pandemia di coronavirus, e risultano essere 1 miliardo di dollari in meno rispetto alla conferenza del 2019.

Il Regno Unito, che è intimamente coinvolto nel conflitto dello Yemen come principale fornitore e sostenitore della coalizione guidata dai sauditi e dagli Emirati che combatte contro gli Huthi, è stato oggetto di critiche particolari da parte delle agenzie umanitarie e di figure politiche per aver tagliato gli aiuti mentre continua la sua vendita di armi.

Londra si è impegnata a versare 87 milioni di sterline (circa 100,6 milioni di euro), il 54% della donazione dello scorso anno (160 milioni di sterline) e solo il 40% del finanziamento totale fornito dal Regno Unito nel 2020.

Apocalisse umanitaria

 “Milioni di bambini e famiglie disperati in Yemen potrebbero presto rimanere senza cibo, acqua pulita o servizi igienico sanitari a causa della profonda crisi economica e delle violenze incessanti al porto della città di Hudaydah – rimarca un recente Rapporto di Save the Children -.  La confluenza di questi due fattori è probabile renda la terribile realtà che i bambini e le famiglie stanno affrontando ancora peggiore mentre sempre più persone stanche della guerra si trovano a dover affrontare una prospettiva reale di morte e malattie.

Il prezzo di cibo, carburante e risorse idriche è arrivato alle stelle dato che la valuta della moneta nazionale è precipitata. I servizi idrici e di trattamento delle acque reflue rischiano di collassare per l’elevata crescita del prezzo del carburante – questo significa che molti di quegli stessi bambini e famiglie potrebbero rimanere senza accesso ad acqua sicura e servizi igienico sanitari. A sua volta, tutto questo potrebbe comportare epidemie di malattie e un incremento della malnutrizione – questi due fattori combinati all’insicurezza alimentare fanno crescere il rischio di una carestia.

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Si stima che altri 1,2 milioni di persone presto saranno in grave bisogno di assistenza idrica di base e di servizi igienico sanitari. Questo numero probabilmente crescerà nei prossimi giorni.

Le famiglie che non possono più permettersi alimenti di base potrebbero presto aggiungersi ai 18,5 milioni di persone che già vivono in condizioni di insicurezza alimentare – un numero destinato ad aumentare di 3,5 milioni, compresi circa 1,8 milioni di bambini. Queste condizioni, già di per sé devastanti, sono aggravate dalla situazione ad Hudaydah dove le violenze minacciano di uccidere i bambini e interrompere la catena di approvvigionamento di base di carburante e degli aiuti umanitari che sostengono 28 milioni di Yemeniti. Se il porto sarà attaccato, danneggiato o bloccato, si stima che altri 4 milioni di bambini nel Paese vivranno in condizioni di insicurezza alimentare.

“La situazione rimane, secondo me, al limite della catastrofe – dice a Vatican News Monsignor Paul Hinder. il vicario apostolico dell’Arabia meridionale – perché c’è il problema della fame, c’è il problema della salute, c’è il problema soprattutto della guerra e dell’insicurezza con tutte le conseguenze che si possono immaginare. C’è la siccità e i contadini sono limitati nel lavorare la terra. E’ un complesso di elementi negativi che influiscono sulla situazione dello Yemen. Sicuramente ci manca il cibo, ci manca tanto nel campo sanitario e poi non bisogna dimenticare l’educazione. Il Paese si trova in guerra da più di 5 anni e tutto il settore dell’educazione si è in parte fermato con conseguenze disastrose anche per il futuro. Allora è difficile dire quale urgenza bisogna affrontare prima, io direi che prima di tutto la gente deve essere nutrita, perché altrimenti si muore, e poi c’è tutto il resto da fare per arrivare ad una vita minimamente dignitosa soprattutto nelle regioni dove il rischio per la popolazione è più grande”.

 I più indifesi tra gli indifesi

La direttrice dell’Unicef Henrietta Fore ha avvertito che i livelli di malnutrizione infantile in alcune parti dello Yemen, paese più povero del mondo arabo, hanno raggiunto “livelli record, con un aumento del 10% solo quest’anno, riporta Al Mayadeen.
Pertanto, ha affermato che più di 12 milioni di bambini hanno bisogno di aiuti umanitari e che quasi 325.000 bambini di età inferiore ai cinque anni sono gravemente malnutriti e “lottano per sopravvivere”. Allo stesso tempo, più di cinque milioni di bambini affrontano una crescente minaccia di colera e diarrea acuta.

“La povertà cronica, decenni di scarso sviluppo e più di cinque anni di conflitti implacabili hanno esposto i bambini e le loro famiglie a una combinazione letale di violenza e malattie”, ha affermato la direttrice dell’Unicef.
Ha aggiunto che la pandemia del nuovo coronavirus ha trasformato una profonda crisi in una imminente catastrofe nello Yemen.

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”I bambini in Yemen sono diventati danni collaterali in una guerra che infuria da più di cinque anni. È terribile pensare che, in metà del paese, quasi 100 mila bambini sotto i cinque anni siano sull’orlo della fame – denuncia Xavier Joubert, direttore di Save the Children in Yemen.- malnutriti al punto che le loro vite sono in pericolo. E i numeri potrebbero essere anche più alti”. Save the Children continua a fornire supporto sanitario e nutrizionale ai bambini più vulnerabili dello Yemen, sia nel nord che nel sud del Paese. Nelle cliniche di Hodeidah, la media mensile dei ricoveri di bambini affetti da malnutrizione acuta grave o moderata è aumentata del 60% tra marzo e luglio 2020, rispetto ai cinque mesi precedenti. Gli operatori sanitari volontari hanno identificato un aumento del 5% di minori gravemente malnutriti nelle comunità visitate Secondo Save the Children il numero crescente di bambini che soffrono la fame è un chiaro segnale del deterioramento della situazione alimentare in tutto il Paese e la popolazione non riesce più a permettersi il cibo a causa dell’aumento dei prezzi. Il costo di un paniere di cibo nelle aree settentrionali è aumentato di circa 4 dollari da gennaio, in un momento in cui le famiglie erano già in grave difficoltà. Nel sud, il costo minimo per un paniere alimentare è aumentato di quasi 8 dollari, il 15% in più rispetto alla crisi del 2018.
Nell’anno in corso Save the Children ha fornito cibo a 8.783 persone, tra cui 2.975 bambini, attraverso le distribuzioni alimentari o i trasferimenti di denaro. L’Organizzazione provvede inoltre al sostegno delle donne in gravidanza e in fase di allattamento e fornisce consulenze sull’allattamento al seno e sui temi legati alla salute e alla nutrizione. 
Ma la carenza di fondi ha creato una lacuna nei programmi salvavita, il che significa che meno bambini e famiglie ricevono assistenza alimentare. Ciò ha aumentato la lotta che i bambini nello Yemen stanno affrontando. Per questo Save the Children chiede ai donatori di aumentare i finanziamenti per i programmi salvavita in Yemen e invita tutte le parti in conflitto a impegnarsi per una soluzione politica sostenibile e per consentire alle organizzazioni umanitarie di accedere senza ostacoli in tutte le aree del Paese per raggiungere le popolazioni più vulnerabili.

Da 3 anni i bambini yemeniti che vivono nel nord-ovest dello Yemen non mangiano carne, verdura e frutta: la loro alimentazione, in quantità insufficienti al loro fabbisogno, è composta solamente da pane, olio e zucchero, nient’altro. Oltre alla mancanza di cibo per la popolazione, anche gli ospedali non hanno più medicinali per combattere le infezioni dei bambini denutriti e disidratati il cui numero aumenta ogni giorno senza tregua.  Quelli che arrivano negli ospedali sono già fortunati in quanto, purtroppo, la maggior parte dei bambini che abitano nei villaggi remoti non possono arrivare: non c’è più benzina, non funziona più nessun trasporto pubblico, le mamme sono indebolite, non ce la fanno più a portare i bambini, ammalati mortalmente e denutriti, a piedi in un ospedale… e la conseguenza è che i bambini muoiono nei villaggi come le mosche. 

E tutto questo per l’Italia si risolve con 5,1 milioni di euro. 

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