Russiagate, il Dipartimento di Giustizia lascia cadere accuse contro Flynn
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Russiagate, il Dipartimento di Giustizia lascia cadere accuse contro Flynn

Il generale a riposo si era dichiarato colpevole di aver mentito all'Fbi sui suoi rapporti con l'ambasciatore russo

Trump e Flynn
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7 Maggio 2020 - 19.59


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Il dipartimento di Giustizia ha rinunciato alle accuse contro l’ex consigliere per la Sicurezza di Donald Trump Michael Flynn, lasciando cadere quindi uno dei principali casi emersi dall’inchiesta di Robert Mueller sul Russiagate.

Il generale a riposo si era dichiarato colpevole di aver mentito all’Fbi sui suoi rapporti con l’ambasciatore russo. Politico riporta che i vertici del dipartimento di Giustizia, compreso il ministro William Baar, hanno concluso, alla luce di recenti prove mostrate, che l’interrogatorio condotto dagli agenti federali, appena quattro giorni dopo l’insediamento di Trump nel gennaio del 2017, mancava di sufficienti basi investigative.
La scorsa settimana i legali di Flynn avevano presentato nuovi documenti con l’intento di dimostrare che da parte del Bureau vi fu un intento persecutorio, finalizzato a dimostrare una tesi precostituita. I documenti, consegnati dal dipartimento di Giustizia agli avvocati Sidney Powell e Jesse Binnall, contengono uno scambio di email tra alcuni funzionari dell’Fbi e una terza persona non identificata, preparatorie all’interrogatorio al quale Flynn venne sottoposto nel gennaio del 2017.

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A seguito di quell’interrogatorio, Flynn ammise di avere mentito all’Fbi riguardo ai suoi contatti con la Russia.
In una mozione alla corte presentata oggi il dipartimento di Giustizia ha detto di non credere più di avere le prove a sostegno di accuse contro il generale.

“Il governo non è persuaso che l’interrogatori del 24 gennaio 2017 fu condotto su basi investigative legittime e quindi non crede che le dichiarazioni di Flynn possano costituire una prova anche se fossero non vere – si legge nella mozione – inoltre non crediamo che il governo possa neanche provare oltre ogni ragionevole dubbio che vi siano state dichiarazioni false”.
Poco prima della presentazione di questa mozione uno dei principali procuratori del caso, Brandon Van Grack, che era stato uno dei collaboratori di Mueller, ha lasciato all’improvviso e senza spiegazioni l’incarico.
La mozione arriva dopo che il giudice aveva dato quattro giorni all’accusa per rispondere alle nuove prove presentate dalla difesa per chiedere l’archiviazione del caso. Van Grack era stato nelle ultime settimane obiettivo di diversi attacchi da parte della difesa di Flynn che accusano il procuratore di aver ritirato prove in favore dell’imputato.
In base alle mail rese pubbliche dalla difesa di Flynn nei giorni scorsi appare che gli agenti Fbi diano per scontato che Flynn mentirà e discutono se e quando avvertire l’ex generale che eventuali dichiarazioni non veritiere potrebbero portare ad una sua incriminazione. La terza persona non identificata che prende parte allo scambio si spinge al punto di chiedere, con ironia, se l’intento non sia proprio quello di spingere Flynn a mentire, prima di convenire che per “proteggere l’istituzione” sarebbe meglio “non fare giochetti”.
“Qual è l’obiettivo? Verità/ammissione o indurlo a mentire, così che possiamo incriminarlo o farlo cacciare?”, chiede la persona non identificata in un memo scritto prima dell’interrogatorio di Flynn, avvenuto il 24 gennaio del 2017, quattro giorni dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Flynn – affermarono allora i suoi legali – venne “incastrato da agenti corrotti ai vertici dell’Fbi” che puntavano a dimostrare una tesi precostituita.
Flynn, oggi 61enne, venne licenziato dalla Casa Bianca il mese successivo al suo interrogatorio. A dicembre del 2017 si dichiarò colpevole di aver mentito all’Fbi sui suoi colloqui avvenuti durante la fase di transizione tra l’Amministrazione Obama e quella Trump con l’allora ambasciatore russo negli Usa, Sergey Kislyak, riguardo alle sanzioni contro Mosca e per la sua attività di lobby per il governo turco.

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