Il coronavirus si abbatte sui rifugiati: stop ai reinsediamenti
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Il coronavirus si abbatte sui rifugiati: stop ai reinsediamenti

Frontiere chiuse: Oim e Unhcr hanno annunciato hanno annunciato la sospensione temporanea dei trasferimenti di rifugiati beneficiari di reinsediamento.

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

18 Marzo 2020 - 16.01


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Essere rifugiati al tempo del Covid-19. Al tempo di una Europa che si blinda, che chiude le sue frontiere esterne, che sacrifica scientemente i più indifesi tra gli indifesi. Oim e Unhcr hanno annunciato annunciano la sospensione temporanea dei trasferimenti di rifugiati beneficiari di reinsediamento. “L’organizzazione dei trasferimenti per il reinsediamento dei rifugiati attualmente risente di gravi disagi a causa delle decisioni di numerosi Paesi di limitare drasticamente gli ingressi sul proprio territorio in seguito alla crisi sanitaria globale legata al Covid-19, e delle conseguenti restrizioni ai viaggi aerei internazionali – spiegano Oim e Unhcr in una nota – Alcuni Stati, inoltre, hanno sospeso gli arrivi nell’ambito dei programmi di reinsediamento, dato che la situazione in materia di salute pubblica sul proprio territorio ne condiziona le capacità di accogliere i nuovi beneficiari”.

Stop reinsediamenti

“Le famiglie di rifugiati sono colpite in modo diretto da tali normative in rapida evoluzione nel corso dei loro viaggi, con alcuni beneficiari che hanno dovuto far fronte a prolungati ritardi, ed altri che sono rimasti bloccati o sono stati separati dai propri familiari”. Inoltre, l’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, e l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, sono preoccupati che i viaggi internazionali possano aumentare l’esposizione dei rifugiati al virus.

Di conseguenza, le due agenzie stanno prendendo provvedimenti per sospendere le partenze di rifugiati nell’ambito dei programmi di reinsediamento. Si tratta di una misura temporanea che resterà in vigore solo finché necessaria. 

 Dato che per molti rifugiati il reinsediamento costituisce uno strumento salvavita, l’Unhcr e l’Oim rivolgono un appello agli Stati, e lavorano in stretto coordinamento con essi, “affinché, ove possibile, tali movimenti continuino a essere garantiti per i casi di estrema urgenza. La sospensione entrerà in vigore nei prossimi giorni: nel frattempo, le due agenzie cercheranno di portare i rifugiati che hanno già espletato le dovute formalità nelle destinazioni designate”.

L’allarme di Oim e Unhcr

Il reinsediamento rappresenta un’àncora di salvezza essenziale per i rifugiati particolarmente vulnerabili, e per questo l’Oim e l’Unhcr continueranno a lavorare nei Paesi di accoglienza, in collaborazione con tutti i partner rilevanti, per assicurare che l’esame dei casi da ammettere continui. L’Oim e l’Unhcr, inoltre, resteranno in stretto contatto coi rifugiati stessi e con tutte le agenzie che operano per promuovere l’utilizzo del reinsediamento quale strumento fondamentale di protezione.

Entrambe le agenzie auspicano di poter riprendere a implementare integralmente gli itinerari di viaggio previsti dai programmi di reinsediamento non appena la prudenza e le condizioni logistiche lo consentiranno.

Filippo Grandi, Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, ha ricordato che la risposta alla pandemia di Covid-19 “deve comprendere coloro che la società spesso trascura o relega a uno stato di marginalità. Altrimenti, fallirà. La salute di ogni persona è legata alla salute dei membri più emarginati della comunità. Prevenire la diffusione di questo virus richiede che sia garantito un accesso equo alle cure”.

Siamo “molto preoccupati – scrive l’Unicef-Fondo dell’Onu per l’infanzia – per gli impatti secondari del Covid-19 e delle relative misure di controllo sui bambini, tra cui l’onere che grava sui sistemi sanitari locali per la fornitura di cure primarie, i rischi sulla protezione, la chiusura delle scuole e le pressioni economiche avvertite da alcune famiglie”.

“L’epidemia rappresenta – sottolinea ancora l’Unhcr- una sfida globale, da affrontare assicurando solidarietà e cooperazione su scala internazionale”. Per questo la risposta “deve includere e concentrarsi sulle esigenze di ogni singolo individuo, compresi quanti sono costretti a fuggire dalle proprie case”, specie “le persone anziane”, che “sono in condizione di particolare vulnerabilità”.

70 milioni i fuggitivi e 20 milioni i rifugiati

Attualmente sono oltre 70 milioni i fuggitivi nel mondo a causa di persecuzioni, conflitti, violenze e violazioni di diritti umani. Di questi, “più di 20 milioni – ricorda l’Unhcr – sono rifugiati”, oltre l’80 per cento accolti da Paesi a basso o medio reddito, con “sistemi di assistenza medica, di approvvigionamento idrico e servizi igienico-sanitari meno efficienti”.

Da qui l’impegno dell’Alto Commissariato per rafforzare “su scala mondiale le misure di preparazione, prevenzione e risposta alla pandemia Covid-19”. “La salute e il benessere dei rifugiati e degli operatori umanitari impegnati per assisterli in oltre 130 Paesi sono obiettivi essenziali di tali sforzi”. Da qui la prima raccolta urgente di fondi per 33 milioni di dollari da destinare alle attività di prevenzione e risposta al Covid-19.

Allo stato attuale, fra gli oltre 100 Paesi che hanno registrato casi di trasmissione del virus Covid 19,34 accolgono rifugiati e richiedenti asilo, finora esclusi da contagi. “Tuttavia – ammonisce Filippo Grandi, Alto Commissario dell’Onu per i rifugiati – il virus può contagiare chiunque ed è responsabilità di noi tutti assicurare che la risposta mondiale includa ogni singolo individuo”. “A chiunque, compresi rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni, deve essere garantito l’accesso alle strutture e ai servizi sanitari”. E’ “il modo migliore – spiega Grandi – di proteggere la salute di tutti noi”. L’Unhcr fa quindi appello agli Stati perché “continuino a rispettare” i diritti di rifugiati e richiedenti asilo “in caso di restrizioni a ingressi, viaggi e libertà di circolazione”.

Una preoccupazione condivisa dall’Unicef, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia. “La paura del virus sta anche contribuendo alla discriminazione delle persone appartenenti a gruppi vulnerabili, tra cui i rifugiati e i migranti – questo è inaccettabile. Rimaniamo sul campo a lavorare nelle comunità colpite per mitigare gli impatti secondari per i bambini e lottare contro la stigmatizzazione”, avverte il presidente dell’Unicef Italia Francesco Samengo.

Secondo le stime più aggiornate sono 70,8 milioni nel mondo le persone in fuga dai conflitti; messe insieme rappresentano un Paese più grande del nostro. Molto sono sfollati interni, cioè non hanno nemmeno lasciato il loro Paese, ma più di 20 milioni – ha ricordato nei giorni scorsi l’Unhcr – sono rifugiati e l’84% vivono in campi allestiti in Paesi a basso reddito

Garantire la salute di rifugiati e migranti

“Il governo non trascuri il sistema di accoglienza e i centri di permanenza per il rimpatrio come ha fatto con le carceri, il risultato potrebbe essere altrettanto grave. La salute di rifugiati e migranti e operatori deve essere garantita, queste strutture non sono preparate per la gestione di un’emergenza sanitaria. Il primo caso di contagio da coronavirus accertato in un centro di accoglienza di Milano indica l’urgenza di disporre in modo preventivo misure adeguate a contenere la diffusione del virus e a elaborare un piano di risposta appropriato qualora si rendesse necessario”.

Lo dichiarano Massimiliano Iervolino e Giulia Crivellini, segretario e tesoriera di Radicali Italiani.“ Il ministero dell’Interno si attivi, attraverso le Prefetture, per non fare uscire dai centri quanti hanno concluso il loro progetto di accoglienza e acceleri il trasferimento nelle strutture per quanti ne hanno diritto e sono in attesa di accedervi. Infine, come sollecitati nei giorni scorsi a Roma insieme a diverse realtà, sarebbe opportuno, d’intesa con i Comuni, ricavare ulteriori posti nei circuiti di accoglienza per quei titolari di protezione internazionale o umanitaria che, avendone già beneficiato in passato ne sono ora usciti e si trovano a fronteggiare una temporanea situazione di emergenza abitativa”, concludono i due esponenti Radicali.

L’allarme lanciato dalle agenzie umanitarie e da una parte, la più sensibile ai temi della solidarietà, del mondo politico, è un messaggio che va controcorrente rispetto alla narrazione che mette in evidenza l’orgoglio nazionale, la fierezza del sentirsi tutti uniti nell’emergenza. Uniti ed eguali di fronte al virus. Non è così. La realtà, e non la narrazione indotta da una comunicazione omologata, evidenzia una amara verità: il virus aumenta le disciminazioni.

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