La Resistenza di Avesta, la guerriera curda che aveva gli occhi verdi
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La Resistenza di Avesta, la guerriera curda che aveva gli occhi verdi

In un romanzo che è quasi una biografia lo scrittore Marco Rovelli racconta la storia di una bambina curda che diventata ragazza sfidò il Califfato. Il coraggio di una donna che è diventata un simbolo

La guerriera con gli occhi verdi, Avesta
La guerriera con gli occhi verdi, Avesta
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12 Ottobre 2017 - 17.57


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“La mia vita è una goccia nel mare, la tua vita è una goccia nel mare. La storia del popolo curdo è il mare. Il suo dolore un oceano, ma resistiamo e andiamo avanti». Così nella quarta di copertina Marco Rovelli – giornalista, scrittore e musicista – riporta il pensiero, i sentimenti di Avesta, la combattente curda che sfidò il Califfato, uccisa in battaglia il 12 settembre del 2014. Nella giacca aveva una chiavetta, dentro un file con una lettera al fratello Harun. A lei, alla sua storia romanzata è dedicato La guerriera dagli occhi verdi (pag. 158, euro 16.50, Giunti) un libro bello, appassionato, scritto con cura e amore. Un romanzo appunto ma che nasce da un viaggio in Kurdistan dell’autore proprio sulle tracce di Filiz, poi diventata Avesta con nome partigiano. E nella narrazione scorrono due piani paralleli: da una parte l’infanzia di Filiz e poi l’adolescenza, il legame con la famiglia e il villaggio, le feste e poi la consapevolezza, dall’altra la vita di Avesta la guerriera, capo pattuglia, che conosce armi e montagne come le sue tasche, ha il coraggio dei giusti, ama la sua gente, i compagni e le compagne che ha accanto e con i quali ha un rapporto limpido, paritario. Racconta Rovelli: «Sono partito nell’agosto 2016. Prima tappa a Mexmur, nella pianura desertica irachena al confine col Daesh, e di lì a Van,nell’est del Kurdistan turco. Il mio scopo era parlare con i guerriglieri che avevano combattuto con lei e con la sua famiglia, e attraversare i luoghi che lei aveva attraversato. Mi aveva colpito quell’intervista su Foreign Policy a un “caposquadra donna, esperta nell’arte della guerra, che però nella foto pareva tutt’altro che militaresca, anzi risaltava la sua dolcezza, quasi timida. Poi dopo qualche giorno arrivò la notizia della sua morte, e mi parve quasi un segno».
L’emancipazione femminile, i diritti e il ruolo mai subordinato delle donne, la parità tra generi e la sorellanza sono raccontati da Rovelli con una sensibilità forte. Pagine che a tratti commuovono, senza dubbio fanno riflettere, dimostrano quanto la questione curda sia legata ai principi della democrazia più avanzata. In uno dei passaggi del libro Avesta dice: «La donna non deve accettare di subire (…) La vittima deve prima di tutto rendersi conto di essere contro il persecutore. Guardiamo alla nostra storia di curdi, e di donne. Le due storie vanno in parallelo». Continua Rovelli, conversando: «In effetti “combattere il maschio”, per usare le parole dei curdi, significa combattere la società gerarchica fondata su relazioni di potere e di oppressione che è un tutt’uno con la società dominante maschile”.
Su in montagna, i partigiani curdi riempiono le giornate con molte attività. Una è la lettura, importantissima perché la conoscenza è un’arma, uno strumento e una forma di educazione comune, è “scienza e luce” perché «capire è illuminarti per vedere il futuro». Poi c’è da ballare, tutti assieme, giocare a scacchi che è una pratica quasi ascetica, osservare la natura, riconoscerla, guardare il cielo, sedere sotto un gelso (che è l’albero raffigurato sullla copertina del libro di Rovelli). Non solo guerra, non solo conflitti, imboscate e scontri. C’è tempo per pensare, a volte. La vita di Avesta è entrata nella storia del suo popolo, questa donna con occhi di foglia che ha dominato la paura, il dolore, pur di sposare un’idea e un ideale. E questo testo le rende omaggio in quanto simbolo di Resistenza e coraggio sperando – come scrive Rovelli nell’ ultima pagina – che questo “romanzo possa essere per il popolo curdo un piccolo aiuto nella loro lotta di liberazione. Che è anche la nostra”.

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