Bergoglio: basta essere saccheggiati dai potenti
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Bergoglio: basta essere saccheggiati dai potenti

Il Papa parla a Quito ricordando l'indipendenza dalla Spagna: rinnoviamo il grido di libertà dell'America ispanofona

Bergoglio: basta essere saccheggiati dai potenti
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7 Luglio 2015 - 18.33


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Celebrando la messa nel Parco del Bicentenario di Quito, che ricorda i due secoli della indipendenza repubblicana spagnola, ha pronunciato una omelia molto forte, toccante. Nel suo secondo viaggio in Sud America (dopo quello in Brasile), il Santo Padre ci ha stupito ancora una volta per la semplicità e potenza delle sue parole, dei suoi gesti.

Rinnoviamo il grido di libertà dell’aAmerica ispanofona. Il Papa ha ricordato il “grido di libertà” di 200 anni fa della “America ispanofona”, nato “dalla coscienza della mancanza di liberta’, di essere spremuti e saccheggiati, soggetti alle convenienze dei potenti”. Offre il contributo dei cristiani e del Vangelo a rinnovare oggi quello stesso “grido”.

Uunendo la riflessione sul un brano del Vangelo di Giovanni, ha detto: “Padre, che siano una cosa sola perche’ il mondo creda”. Immagino il “sussurro di Gesù nell’ultima cena”, ha detto papa Bergoglio, come “un grido”. “Vorrei – ha aggiunto – che oggi queste due grida concordassero nel segno della bella sfida dell’evangelizzazione. Non con parole altisonanti, o termini complicati, ma una concordia che nasca ‘dalla gioia del Vangelo’, che ‘riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesu’. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento'”.

La ricchezza del diverso allontana dalla tentazione delle dittature. Il Pontefice ha poi esortato il suo popolo: “L’immensa ricchezza del diverso, il molteplice che raggiunge l’unità ogni volta che facciamo memoria di quel Giovedì santo, ci allontana dalla tentazione di proposte più simili a dittature, ideologie o settarismi”.

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“Non si tratta neppure di un aggiustamento fatto a nostra misura, nel quale siamo noi a porre le condizioni, scegliamo le parti in causa ed escludiamo gli altri – ha sottolineato il Pontefice – Gesù prega perché formiamo parte di una grande famiglia, nella quale Dio è nostro Padre e tutti noi siamo fratelli. Questo non trova il suo fondamento nell’avere gli medesimi gusti, le stesse preoccupazioni, gli talenti. Siamo fratelli perché, per amore, Dio ci ha creato e ci ha destinati, per pura sua iniziativa, ad essere suoi figli”.

“Che bello sarebbe che tutti potessero ammirare come noi ci prendiamo cura gli uni degli altri, come ci diamo mutuamente conforto e come ci accompagniamo! – ha osservato Francesco – Il dono di sé è quello che stabilisce la relazione interpersonale che non si genera dando ‘cose’, ma dando sé stessi. In qualsiasi donazione si offre la propria persona. ‘Darsi’ significa lasciare agire in sé stessi tutta la potenza dell’amore che è lo Spirito di Dio e in tal modo aprirsi alla sua forza creatrice. L’uomo donandosi – ha detto ancora il Papa – si incontra nuovamente con sé stesso, con la sua vera identità di figlio di Dio, somigliante al Padre e, in comunione con Lui, datore di vita, fratello di Gesù, del quale rende testimonianza. Questo significa evangelizzare, questa è la nostra rivoluzione, perché la nostra fede è sempre rivoluzionaria, questo è il nostro più profondo e costante grido”.

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La sicurezza economica a discapito della dignità dei poveri.
Il Papa, a proposito delle “guerre, della sterile ricerca del potere e della sicurezza economica”, ha integrato a braccio l’omelia: “e questo – ha detto – a costo dei piu’ poveri, dei più indifesi, di chi non perde la sua dignità anche se gliela calpestano ogni giorno”. In ulteriori inserti a braccio, ha detto che “il proselitismo è una caricatura della evangelizzazione”, e che “non è una religiosita’ delle elite, quella di Gesù”.

Il Vangelo può unire sogni e persino certe utopie. Ha continuato: “Il Vangelo può essere veicolo di unità di aspirazioni, di sensibilità, di sogni e persino di certe utopie”. E ha ricordato che portare il Vangelo non è fare “proselitismo”, ma attrarre con la testimonianza anche i lontani. Il Vangelo ha fascino e fuoco, puo’ dare testimonianza di comunione fraterna.

“Constatiamo quotidianamente – ha detto papa Francesco – che viviamo in un mondo lacerato dalle guerre e dalla violenza. Sarebbe superficiale ritenere che la divisione e l’odio riguardano soltanto le tensioni tra i Paesi o i gruppi sociali. In realta’, sono manifestazioni di quel ‘diffuso individualismo’ che ci separa e ci pone l’uno contro l’altro, frutto della ferita del peccato nel cuore delle persone, le cui conseguenze si riversano anche sulla societa’ e su tutto il creato. Gesu’ ci invia proprio a questo mondo che ci sfida e la nostra risposta non e’ fare finta di niente, sostenere che non abbiamo mezzi o che la realta’ ci supera. La nostra risposta riecheggia il grido di Gesu’ e accetta la grazia e il compito dell’unita’”.

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“A quel grido di liberta’ che proruppe poco piu’ di 200 anni fa – ha affermato papa Bergoglio – non manco’ ne’ convinzione ne’ forza, ma la storia ci dice che fu decisivo solo quando lascio’ da parte i personalismi, l’aspirazione ad un’unica autorità, la mancanza di comprensione per altri processi di liberazione con caratteristiche diverse, ma non per questo antagoniste”. “E l’evangelizzazione – ha quindi affermato – puo’ essere veicolo di unità di aspirazioni, di sensibilita’, di sogni e persino di certe utopie. Certamente lo può essere e questo noi crediamo e gridiamo. Gia’ ho avuto modo di dire: ‘Mentre nel mondo, specialmente in alcuni Paesi, riappaiono diverse forme di guerre e scontri, noi cristiani insistiamo nella proposta di riconoscere l’altro, di sanare le ferite, di costruire ponti, stringere relazioni e aiutarci a portare i pesi gli uni degli altri'”.

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