Trent’anni fa fu l’inizio di una grande svolta storica, ma oggi la maggior parte dei russi lo ricorda con una certa riluttanza: quando la Russia era ancora Urss e Michail Gorbaciov salì al potere il mondo sembrò dover cambiare grazia alla “perestroika”, ed invece oggi il 56 per cento dei russi pensa che in qualche modo quello sia stato “l’ultimo piano quinquennale dell’Unione Sovietica”, ovvero qualcosa che al Paese ha portato più danni che benefici.
Solo un quarto scarso degli interpellati in un sondaggio dell’agenzia indipendente “Levada” si permette di dissentire. Ancora oggi, Gorbaciov difende la svolta che portò revisione e chiarezza in un polveroso apparato anche se forse manca dell’auto-critica sufficiente a considerare i rilievi di alcuni che, su piani diversi, valutano positivamente il suo ruolo nella storia. Oggi Gorbaciov ha 84 anni ed è in cattive condizioni di salute, negli ultimi due anni ha dovuto subire tre seri interventi chirurgici ma nonostante questo appare ancora in pubblico: negli ultimi mesi ha preso apertamente posizione contro la nuova guerra fredda, ha condanna la ripetizione di vecchi schemi che era convinto di essere riuscito a superare nei rapporti con i partner occidentali ed ha accusato soprattutto l’Occidente – in paticolare gli Stati Uniti d’America- per il fatto che oggi si stiano nuovamente agitando vecchi spettri, ma allo stesso tempo non dimentica di avvertire costantemente la “leadership” russa che per uscire dalla crisi non deve guardare alle limitazioni, ma al rafforzamento della democrazia.
Salì al potere, quando aveva 54 anni e già questo rappresentò una rivoluzione nella gerontocrazia che da quasi in secolo governava l’apparato sovietico . Era un uomo che ribolliva di salute ed energia e utilizzò subito il tempo che gli era stato concesso dal caso: il 10 marzo del 1985, in un periodo relativamente breve dopo la morte di Leonid Brezhnev, si spensero uno dopo l’altro i suoi due eredi , Yuri Andropov e Konstantin Chernenko e Gorbaciov si ritrovò a guidare la segreteria del Comitato Centrale dal momento stesso in cui i certificarono la morte di Chernenko.
Anche se molti dei suoi più tardi l’avrebbero accusato di indecisione, da quel momento in poi Gorbaciov con decisione e energia, tenne al suo posto Andrei Gromyko, per molti anni influente ministro degli Esteri e ottenne il suo sostegno nella candidatura a capo del partito. “Dopo la morte di Chernenko- racconta lui- la sera prima della riunione del Politburo, incontrai Gromyko e gli dissi: “Sarebbe meglio non seppellire un terzo segretario generale, il popolo scenderebbe in piazza”, e allora fu presa la decisione che il Paese dovesse scegliere un giovane”.
Così l’11 marzo, come in questa occasione ricorda l’edizione slovacca della “Pravda”, Gromyko propose Gorbaciov come nuovo capo e doverosamente la leadership del partito alzò le mani. Non c’era più “corsa all’ affusto”, come i russi chiamavano ironicamente la successione di capi che entro tre anni era sfociata in tre funerali partiti dal Cremlino. Allora in Jugoslavia circolava una battuta: “ A loro modo i russi hanno introdotto una preidenza che dura solo un anno”.
Ancora oggi, dunque, Mikhail Gorbaciov gode di grande rispetto e gratitudine nel mondo ed è considerato uno dei più grandi uomini politici del 20 ° secolo, anche se oggi molti russi lo trattano indifferenza o addirittura lo vedono come una maledizione. Dal loro punto di vista, la “perestroika” nel 1989 ha permesso la caduta del muro di Berlino ma negli anni successivi anche il decadere e lo spudorato saccheggio dell’Unione Sovietica. In alri termini, l’eroe dell’Occidente in casa sua viene considerato un perdente e Sergei Khrusciov, figlio di Nikita Krusciov, ex leader dell’Unione Sovietica, che insegna Scienze politiche e Storia negli Stati Uniti, in questo non vede nulla di strano: “L’Occidente celebra Gorbaciov come un Premio Nobel per la Pace, che ha avuto il coraggio di ridurre radicalmente le armi nucleari, ha ritirato le truppe dall’Afghanistan ed ha hesso fine alla guerra fredda rimuovendo la cortina di ferro. A causa di questo, molti giustamente lo considerano un eroe – dice in un’intervista a “Pravda”- ma nello stesso tempo per molti russi è stato un leader vacillante che ha visto uscire il genio dalla bottiglia e poi non ha saputo cosa fargli fare. Di Gorbaciov i russi ricordano soprattutto le code più lunghe davanti ai negozi, gli scaffali per lo più vuoti, la campagna senza successo contro l’alcolismo, il collasso economico, i conflitti inter-etnici sempre più violenti, che da “perestroika”si sono trasformati in “perestrelku” (cioè colpi sparati), e soprattutto la dissoluzione dell’Unione Sovietica “.
Molti dei passaggi fondamentali del “padre della perestroika” furono sostenuti dal suo amico e compagno di studi Gavril Popov, che fu eletto sindaco di Mosca. “C’erano due ottime ragioni per smantellare il vecchio sistema e sostituirlo con qualcos’altro – ha dichiarato in questa occasione – prima Gorbaciov ha deciso tutti gli interventi che a Nikita Krusciov era mancato il coraggio di fare, e poi ha liquidato il sistema comunista pur senza avere mappa nè bussola Lui non era disposto ad offrire alla gente un semplice sostituto di quello che era crollato, per questo agli occhi dell’opinione pubblica nazionale è perduto. “
“Per il popolo di Cecoslovacchia e gli altri Paesi del blocco socialista è stato importante che Gorbaciov avessse deciso che tutti prendessero il destino nelle proprie mani. Ma per la gente della ex Unione Sovietica, questa è solo la metà di quello che avrebbe dovuto fare “, continua Popov , a cui parere oggi la Russia sarebbe dovuto andare molto più in là. I tempi sarebbero stati maturi, dice, c per un cambiamento storico simile a quello avvenuto in Cina, dove alla guida del Paese è giunto Teng Hsiao Ping che a tenuto in mano assieme partito e Stato, e passo dopo passo ha portato il Paese fuori dal socialismo. “Da noi non si è mai stati in grado di creare un leader così forte da poter sopravvivere al sistema burocratico sovietico “, conclude melanconico.
Quando Boris Eltsin assegnò la più alta decorazione russa, la medaglia di Sant’Andrea, ad Alexander Solzhenitsyn, il vecchio dissidente rifiutò di accettarla rispondendo che “non si desidera alcuna medaglia dal regime che ha portato il Paese alla rovina.”
“Al contrario, Vladimir Putin, ha iniziato subito a fare sforzi per salvare la statualità crollata”, commenta sempre Sol?enjicin e pur non avendolo mai sostenuto un modo aperto dalle sue mani , il 17 giugno del 2007, ha accettato di ricevere il premio nazionale per gli scrittori.
Sergei Krusciov non esclude però che a condurre al crollo dell’Urss non siano state solo le circostanze obiettive ma anche gli errori di Gorbaciov:”Abbiamo discusso se fosse buono o cattivo , ma quello era il nostro Paese”: questo ragionamento spiega il motivo per cui molti russi, che come Vladimir Putin considerano la dissoluzione dell’Urss e la geopolitica le vere catastrofi del 20 ° secolo, oggi non glorificano la “perestroika”.aggiunge.
Dagli Stati Uniti, Krusciov avverte una grande nostalgia per la sua terra però mette in guardia con forza dal successo dei tentativi di rinnovare il Paese.”Colui che non rimpiange la disgregazione dell’Unione Sovietica non ha cuore, ma colui che vorrebbe ricostruirla non ha cervello” , disse una volta Gorbaciov. Lui non si è mai rammaricato di aver intrapreso un cambiamento rivoluzionario ma nel corso del tempo, come tutti, ha fatto degli errori.
“Si dice che Gorbaciov abbia riconsegnato la Polonia, l’Ungheria, la Cecoslovacchia ai rispettivi popoli, ma con chi stanno oggi Polonia e Cecoslovacchia? Forse le abbiamo messe semplicemente in mani sbagliate”, è il commento dei russi di oggi.
Fonte: Pravda.sk