In vista di elezioni presidenziali che ha tutto l’interesse a far svolgere in un clima di scontro per usare fino in fondo la sua presa sulla parte più arretrata della Turchia, il primo ministro Recep Tayyip Erdogan[/b} continua a far salire toni della propaganda: adesso [b]accusa i giornalisti stranieri di essere “una banda di spie” che mira soltanto a provocare disordini nel suo paese.
In un discorso ai quadri di “AKP”, il partito islamico della giustizia e della libertà, Erdogan ha aggiunto che Ivan Watson, il giornalista della “Cnn” arrestato nei giorni scorsi dalla polizia mentre documentava le manifestazioni di piazza Taksim “é stato colto il flagranza di reato”.
I media stranieri, continua il premier, ” non hanno nulla a che fare con la libertà di stampa ma invece hanno una missione , agiscono come spie e quelli che sono arrivati a Istanbul per lanciare una campagna provocatoria ed esagerata hanno dovuto andarsene via a mani vuote “. Durante i disordini dello scorso anno , che provocarono almeno otto morti e oltre 8.000 feriti , il capo del governo se l’era già presa con la stampa estera , accusandola di partecipare a una “cospirazione” contro il suo regime .
Tutte le organizzazioni non governative che difendono la libertà di stampa accusano Erdogan di ripetute violazioni della libertà di stampa ma oltre al sistema mediatico il primo ministro torna ad attaccare anche l’opposizione, accusata di ” fumare hashish ” di cospirare contro di lui .
Intanto però, fra un insulto e un anatema, il sito di condivisione di “YouTube” è stato reintegrato dalle autorità , cinque giorni dopo la decisione della Corte costituzionale contro un blocco qualificato come attacco alla libertà di espressione. L’autorità turca competente per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione ( BTK ) ha effettivamente revocato il divieto che è stato in vigore per 67 giorni e adesso la miniatura che comunicava l’impossibilità di acccesso non compare più sul sito web dell’istituzione di governo .
La Corte costituzionale turca aveva ordinato giovedi scorso di abolire il blocco degli accessi al sito, setenziando, stabilendo che il divieto era in violazione dei diritti e delle libertà personali . Le autorità turche avevano bloccato 27 marzo l’accesso alla piattaforma di video- sharing per ragioni di “sicurezza nazionale” , dopo l’uscita di registrazioni pirata di una riunione riservata di alti funzionari turchi che riguardava lo scenario di un intervento militare nella vicina Siria. Anche il sito di microblogging “Twitter” era stato bloccato in marzo per decisione del primo ministro Erdogan, allo scopo di fermare la diffusione di intercettazioni telefoniche che lo coinvolgevano in un vasto scandalo di corruzione . Questi blocchi prima delle elezioni locali dimarzo , nelle quale il partito di Erdogan ha ottenuto una vittoria decisiva , sono state considerate dal resto del mondo occidentale un passo indietro per la Turchia sulla democrazia e la libertà espressione.