Il coraggio delle donne nei campi dei rifugiati
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Il coraggio delle donne nei campi dei rifugiati

Dopo il terremoto del 2010 nei campi dei rifugiati di Haiti è allarme stupri, ma le donne hanno trovato la forza di ribellarsi e cambiare il loro destino.

Il coraggio delle donne nei campi dei rifugiati
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29 Aprile 2012 - 09.00


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A più di due anni dal devastante terremoto che colpì Haiti, mezzo milione di persone vive ancora nei campi profughi. Oltre mille le tendopoli improvvisate che ospitano i sopravvissuti. Donne, adolescenti, bambini, uomini, anziani. Migliaia di sconosciuti si sono trovati improvvisamente insieme, con poco più dei vestiti che indossavano nell’ora fatale. Emersi dalle ceneri e costretti all’incubo infernale di una convivenza senza protezione. Scomparsa la rete di sicurezza sociale, così come il quartiere dove vivevano.

In queste condizioni di estrema miseria donne, adolescenti, ragazze, bambini diventano prede di barbarie. Gli aiuti internazionali bastano a malapena per dare cibo e acqua, l’emergenza umanitaria è tale da sembrare irrisolvibile mentre sicurezza, ricostruzione, restano sulla carta.
Secondo L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati la situazione è peggiorata rispetto al 2010, soprattutto per le donne e le ragazze giovani. È stato, infatti, registrato un aumento allarmante di stupri e violenze che colpiscono tutte le fasce d’età, a partire dalle bambine, anche piccolissime, fino alle donne anziane.

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Malgrado le aggressioni e la povertà è dalle stesse vittime che è nato il riscatto.
Così fu negli anni ’90 per la conquista del riconoscimento del reato di stupro, avvenuto solo nel 2005 e così è oggi per fronteggiare l’emergenza violenze. Le donne di Haiti hanno trovato la forza per organizzarsi e aiutarsi ad uscire dall’inferno degli abusi e del silenzio. Hanno sfidato la paura di essere uccise o di vedere i propri cari in pericolo, se avessero parlato apertamente di ciò che avevano subito.

In prima linea è l’associazione Kofaviv per le vittime di stupro, guidata da Jocie Philistin una delle pioniere della lotta per i diritti delle haitiane. Una donna coraggiosa che subì violenza da un ufficiale di alto rango della polizia, nel 1994 quando era una studentessa universitaria. Haiti era sotto la dittatura militare e lo stupro non era riconosciuto come reato. Jocie Philistin trovò la forza di parlare di confrontarsi con altre donne, di unirsi a loro per lottare per il riconoscimento dei diritti e così cambiare le cose. Il primo passo fu la denuncia ai giornali internazionali.

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Oggi il suo centro Kofaviv “Komisyon Fanm Viktim pou Viktim” di Port-au-Prince è la prova concreta che cambiare è possibile anche quando le condizioni sembrano disperate e lavora per dare una vita migliore alle donne di Haiti. Il programma, è finanziato dall’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), La maggior parte delle volontarie hanno a loro volta alle spalle la terribile realtà della violenza ma hanno deciso di ribellarsi e di dedicare il loro tempo ad aiutare le altre vittime a parlare e a uscire dalla prigione del silenzio. L’associazione possiede una casa di accoglienza, dove ospita e garantisce sicurezza alle donne. Inoltre fornisce il supporto legale, l’assistenza psicologica e medica, l’assistenza ai figli, la scuola, cibo per la famiglia, e, infine, l’aiuto a tornare alla vita normale attraverso il lavoro.

Ora più che mai le coraggiose haitiane sono attive sul territorio. Lottano contro il forte aumento delle violenze, dovuto alla situazione gravissima dei campi profughi, ma questa volta con la sicurezza di avere il diritto dalla loro parte e la consapevolezza che cambiare è possibile.

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