Anche se in questi giorni la mente corre in primo luogo alla tragedia del Medio Oriente, il 26 e il 30 ottobre è una ricorrenza da non dimenticare perché riguarda territori dell’Appennino centrale in buona parte da ricostruire, la vita di tanti concittadini, opere d’arte: dopo il terremoto del 24 agosto 2016, che vide polverizzare centri come Amatrice, in quei due giorni di ottobre le scosse sferrarono colpi di estrema durezza anche nei territori marchigiani e umbri già coinvolti dal sisma ad agosto. Sette anni dopo torna la solita domanda: a che punto è la ricostruzione nei luoghi più colpiti?
“Compiuti passi avanti, ma non basta. L’obiettivo per l’Appennino centrale resta il ritorno alla normalità e un nuovo sviluppo” commentava il Commissario straordinario del sisma 2016 Guido Castelli nella nota del 22 agosto scorso in cui ricordava le 299 vittime del 24 agosto 2016 e forniva i dati aggiornati a luglio del “cratere” che coinvolge 140 Comuni tra Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo (clicca qui per tutti i dati, un nuovo aggiornamento verrà diffuso a fine ottobre).
Un borgo-simbolo tra i più danneggiati è Visso, nel maceratese, incassato in valle tra i boschi vicino all’Umbria e nello splendido parco nazionale dei Monti Sibillini. Il centro storico era un gioiello urbanistico e d’arte con le sue case medioevali e i palazzi quattro e cinquecenteschi ed è ancora “zona rossa”, sbarrato: nessun rumore tranne il vento, edifici puntellati, qualche casa sventrata andrà demolita. Fuori da quel perimetro invece i fervono numerosi cantieri e diverse case sono state ristrutturate o in ristrutturazione. Circolano per lo più operai dei cantieri in piena attività, che però devono dormire altrove, transitano alcuni turisti e alcuni abitanti delle casette prefabbricate Sae, le “Soluzioni abitative emergenza”.
Per primo parla il sindaco Gian Luigi Spiganti Maurizi: “La ricostruzione della parte esterna è all’80% per cui è un buon segno. Il centro storico purtroppo è rimasto un po’ indietro perché sono tutti palazzi vincolati dalla soprintendenza, abbiamo la R4 (sono gli interventi consentiti nelle aree ad alto rischio idrogeologico, ndr), abbiamo la legge paesaggistica, perciò incontriamo notevoli disagi nel presentare i lavori, ma sono stati presentati tutti i progetti, tutti gli aggregati, sono iniziate le demolizioni controllate”.
Tra i suoi tesori, oltre alla Collegiata e al Museo civico-diocesano, il nucleo antico di Visso vantava il Museo dei manoscritti leopardiani tra cui una copia dell’Infinito. Inagibile, va da sé. “Visso è ricchissima di storia – rivendica Maurizi tra le case puntellate e le strade vuote del nucleo antico – Oltre all’Infinito di Leopardi abbiamo pezzi dello Zibaldone, lettere autografe e altro. Adesso si trovano nel caveau di una banca. Stiamo ristrutturando un museo nella piazza fuori dal centro storico e penso che entro l’anno prossimo i manoscritti saranno riesposti. Intanto a giorni cominceranno i lavori del museo civico diocesano”.
Cambiando ma non troppo argomento: nel cratere più proprietari di seconde case non presentano progetti di ristrutturazione perché non abitano nelle dimore danneggiate e non se la sentono di affrontare impegni e costi. “A Visso questo problema non c’è – assicura il sindaco – Tutti stanno presentando progetti anche perché queste sono tutte case di valore. Per lo meno dai progetti degli aggregati che abbiamo non uno è stato lasciato indietro”.
“Nel centro storico la ricostruzione sta partendo, è iniziato il lavoro nella chiesa di Sant’Agostino, stanno arrivando progetti per ricostruire isolati, stanno demolendo alcuni immobili”, spiega l’architetto Rosella Bellesi della Soprintendenza di archeologia, belle arti e paesaggio di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata. La professionista segnala che alcuni edifici a lato della chiesa della Collegiata vanno demoliti perché irrecuperabili e che a pochi chilometri dal borgo “abbiamo approvato il progetto di restauro del vicino Santuario di Macereto perché il vescovo vuole riaprirlo entro il Giubileo del 2025. In più l’ente del Parco dei Sibillini sta presentando progetti, fa molto per Visso e dintorni, però …” Però? “In soprintendenza siamo troppo pochi. Al ministero della Cultura da anni interessano i musei, non le soprintendenze”. In effetti l’istituto delle Marche sud (come le altre soprintendenze) ha forze oggi del tutto insufficienti allo sforzo necessario.
“Il museo di Sant’Agostino verrà ricostruito in una struttura del Comune fuori dal centro. Avevamo naturalmente portato via tutte le opere che riconsegneremo quando aprirà. Si parla di due-tre anni se va tutto liscio. Ed è stato approvato il progetto per la chiesa della Collegiata che con il museo è il fulcro di Visso”, interviene Pierluigi Moriconi, storico dell’arte della medesima soprintendenza.
Barbara Olmai, giornalista, molto attiva e attenta al territorio, cura il coordinamento del festival itinerante di più giornate “Territori forti e fluidi” in corso nei Comuni di Castelsantangelo sul Nera, Serrapetrona, Ussita, Valfornace, Visso (trovate le info sulle pagine Facebook e Instagram del festival): “Le persone hanno un estremo bisogno di pensare che la ricostruzione ci sia in tempi non troppo lunghi anche se le difficoltà del cantiere più grande d’Europa sono tantissime. Negli ultimi mesi abbiamo visto molte più gru, sono iniziati gli abbattimenti di edifici e questo conforta la popolazione e chi ama questi luoghi che vivono anche grazie al turismo”.
Barbara Olmai affronta un punto dirimente: “Ci sarà sempre più bisogno di strutture ricettive per i turisti e di capacità imprenditoriali locali, specie giovanili, affinché queste terre abbiano un futuro: senza lavoro non si può vivere. A livello nazionale, regionale e comunale devono intercettare fondi per far sì che dei giovani possano risiedere e intraprendere attività lavorative qui”. Olmai pensa, per esempio, ai “nomadi digitali”: “Occorrerebbe una bella sinergia tra capitali da fuori e chi conosce bene il territorio, servizi a tutti livelli, anche commerciali, una progettualità non calata dall’alto. Ci sono pochi alberghi e bed&breakfast, senza attività economiche resta poco e la gente va via o non torna”.
Al bar centrale di Visso, dove sfornano tra l’altro una pasticceria squisita, Paolo Beccacece che viene da Macerata e lavora nella banca del posto, sta pranzando: “Sono partiti diversi cantieri anche se le normative europee antisismiche e per l’isolamento termico degli immobili rendono la ricostruzione più complessa”. Condivide il pasto e la valutazione il collega Luca Sgriccia che, chiosa, a Camerino dove vive “il centro storico con la via principale è in sicurezza per il passaggio dei cantieri ma per il resto tranne una sede dei carabinieri è ancora tutto chiuso”.
A poca distanza dal centro c’è un gruppo di casette Sae. Giada registra uno sconforto diffuso: “Non vedo molta voglia di anticipare i tempi o di ricostruire come si dovrebbe, non c’è più energia né ci sono le persone”. Secondo Alexandra invece “la ricostruzione si sta muovendo abbastanza, funziona”. Il signor Halemi, venuto nelle Marche dalla Macedonia nel 1988, teme che “per rimettere in piedi Visso ci vorranno altri venti anni, anche se nelle Sae stiamo abbastanza bene, siamo una famiglia numerosa, non ci si può lamentare”. Per Michela nella sua casetta “d’inverno fa freddo, d’estate caldo, meno male che abbiamo l’aria condizionata”.
Massimiliano Pomanti, architetto dello Studio K di Visso, ha lo sguardo di un tecnico che vede dall’interno come procede: “La situazione non è male, tanti cantieri sono aperti, la macchina della ricostruzione è partita. Teoricamente tutti vogliono ricostruire, in realtà non tutti vogliono accollarsi le spese della casa. Il problema è che molte persone non ritorneranno a vivere qui: avremo tante case e pochi abitanti. Queste zone risorgeranno se noi ripartiamo, da duemila residenti a Visso siamo rimasti in 800, c’è stato un esodo verso posti più comodi. Molti si sono comprati casa fuori: torneranno? E sono rimasti pochissimi giovani. Ho un po’ paura”. Com’è vivere ancora nelle casette Sae? “In questo villaggetto andiamo d’accordo – risponde Pomanti – Abbiamo ritrovato una comunità, siamo una ventina di abitazioni, facciamo il Natale insieme. In altri villaggi più grandi invece è difficile socializzare quando socializzare è una necessità”. Una necessità fondamentale, viene da chiosare.
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