Perché gli accordi sui lager con la Libia ci possono ricordare Auschwitz
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Perché gli accordi sui lager con la Libia ci possono ricordare Auschwitz

Monsignor Francesco Savino, Vescovo di Cassano allo Ionio ha detto che sul fenomeno migratorio ci giochiamo la civiltà e la democrazia

Perché gli accordi sui lager con la Libia ci possono ricordare Auschwitz
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Rocco D'Ambrosio Modifica articolo

28 Agosto 2023 - 14.58


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“Che mondo stiamo consegnando ai bambini? Viviamo il tempo della sconfitta della ragione. Abbiamo fatto si che la Calabria fosse saccheggiata dall’alleanza tra la ‘ndrangheta e la massoneria. Oggi è l’ora di dire da che parte stiamo. Sul fenomeno migratorio ci giochiamo la civiltà e la democrazia. Su questo fenomeno dobbiamo fare una grande operazione di verità e tornare a essere umani“.

Ad affermarlo è stato monsignor Francesco Savino, Vescovo di Cassano allo Ionio e vice presidente della CEI. “Il mare Mediterraneo è oggi trasformato in un grande cimitero. Quando le prossime generazioni studieranno gli accordi con la Libia, parleranno di una nuova Auschwitz. Basta con il mondo dei fili spinati e dei muri. È arrivato il momento di farla finita anche con la legge Bossi-Fini. Stiamo vivendo un’ora importante, è l’ora della corresponsabilità”. (Quicosenza.it, 21.8.2023)

Mi hanno molto colpito queste parole del vescovo Savino. Mai un pastore aveva accostato l’esperienza dei campi in Libia a quella della furia nazista. Spetterà agli storici evidenziare i ponderati parallelismi tra la realtà libica e quella tedesca del nazismo. La storia non si ripete a mo’ di fotocopia del passato; direi, piuttosto, che la storia presenta sempre nuovi mosaici, ma, di essi, molte tessere sono vecchie o imitazioni di esse. Cosi è anche per il momento culturale che stiamo vivendo, specie riguardo ad accoglienza o rifiuto degli stranieri.

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Tra fraternità e rifiuto molti hanno già scelto; alcuni sono in dubbio. Tuttavia la domanda va posta continuamente: vogliamo costruire una società accogliente, tollerante, fraterna, giusta oppure una chiusa, razzista, discriminante, omofoba, persecutoria. Diversi – semplici cittadini, genitori, docenti, educatori, politici, pastori cattolici, generali e via discorrendo – hanno scelto la seconda opzione. Sono neofascisti? Sono “tessere” molto simili a quelle del ventennio fascista.  

Non solo va posta la domanda ma vanno distinte le luci e le ombre degli ambienti coinvolti. Le luci: una straordinaria capacità di pronto intervento, mobilitando operatori, risorse e mezzi senza nessuna remora per accogliere i migranti, da parte di credenti e persone di ogni cultura e sensibilità sociale; un’attenzione di diverse istituzioni pubbliche, specie locali, al fenomeno migratorio; una lenta trasformazione da mentalità chiusa e egoista a mentalità aperta e accogliente, un po’ più saggiamente globale. 

Le ombre: il razzismo e le tante forme di chiusura crescenti; i luoghi comuni sciocchi e infondati sulle migrazioni; lo scaricabarile nell’assumersi le responsabilità dell’accoglienza e dell’inserimento dei cittadini stranieri; la cultura razzista di settori politici, di destra e non; la resistenza di alcuni ambienti culturali e politici – quali pezzi di sinistra e dell’ambiente cattolico – a promuovere e testimoniare accoglienza e solidarietà. Fino ad avere politici di sinistra che sono più razzisti di altri o pastori cattolici che predicano contro i migranti. In questo quadro, per quanto non possa fare più tanto “notizia”, che un vescovo abbia il coraggio di ritornare, con forza, sul tema merita un po’ di attenzione; anche perché interi settori ecclesiali esprimono solo un assordante silenzio oppure formule trite e ritrite di impegno cattolico nella società e nella politica.

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La Arendt, che ha lottato con passione contro il nazismo, affermava che le parole non devono essere “vuote” e i gesti non devono essere “brutali”. Le parole “piene”, in estrema sintesi, sono: Costituzione (1948), Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948) e per i cristiani: Vangelo. Queste parole vanno lette, studiate e applicate alla realtà. Un’ora in meno sui social e più tempo per meditare ciò ci salva dal baratro, aiuterebbe molto il nostro Paese. I gesti “fecondi” sono: almeno un’ora di formazione seria e un’ora di volontariato a settimana, disponibilità ad aiutare gli stranieri che conosco (nell’apprendere la lingua, aiutarli a trovare una casa e un lavoro), promuovere azioni politiche per contrastare il crescente neofascismo. Molti ambienti di sinistra e cattolici sono solo salotti per dire chiacchiere da bar, per illudersi di essere democratici e “impegnati”. Tutta gente che non si schioderebbe mai dalla poltrona per andare ad aiutare chi ha bisogno.

Non sono i salotti che ci salvano o i politici (di sinistra e di destra) che lavorano ossessionati dalla crescita dei consensi-voti. Sono, invece, le scelte formative e di impegno pratico. Ancora la Arendt: solo queste “stabiliscono nuove relazioni e creano nuove realtà”.

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