Quando l’omosessualità 'non faceva notizia'
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Quando l’omosessualità 'non faceva notizia'

Dai greci agli antichi romani fino alla colpevolizzazione arrivata con l'arrivo del cristianesimo. Poi...

Quando l’omosessualità 'non faceva notizia'
Un eromenos con il suo erastes in una scena di sesso pederastico durante un banchetto. MUseo nazionale di Paestum
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28 Maggio 2023 - 15.05


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di Gianluca Mazzei 

L’omosessualità, come dovrebbe essere noto, non è una malattia (alcuni lo hanno a lungo sostenuto e qualcuno lo sostiere anche adesso) ma è una parte della sessualità per cui due persone dello stesso sesso si scoprono attratte tra di loro.

Nel mondo greco-latino veniva largamente accettata e valorizzata. Prendiamo ad esempio la nascita della democrazia ateniese, avvenuta grazie agli amanti Armodio e Aristogitone che assassinarono il tiranno Ipparco.

Tuttavia già nella mitologia greca, più precisamente nell’”Iliade”, comparivano alcune coppie di eroi greci con tendenza omosessuale, Odisseo e Diomede e, la più famosa, Achille e Patroclo. 

Gli eroi di Omero sono descritti come uomini particolarmente virili e coraggiosi. La loro supposta omosessualità non intacca minimamente il loro valore di guerrieri fra guerrieri.

L’amore di Achille per Patroclo è ben descritto nelle scene di disperazione del Pelide durante i giochi funebri in onore dell’amato a cui farà seguito la furia omicida, per consumarne la vendetta, con l’uccisione di Ettore, l’eroe troiano. 

Un’altra opera greca, di Platone, celebra la forza dell’amore, in particolare quello che unisce Alcibiade al saggio Socrate. Questa è descritta nel “Simposio” ed appartiene ai dialoghi socratici che Platone scrisse in onore del precettore. In tale opera, ogni ospite era invitato ad esprimere un elogio dell’Eros. Alcibiade comparirà in ritardo alla cena, e ciò offrirà lo spunto a Socrate per dichiarargli tutto il suo amore. 

Anche dopo la fine dell’egemonia di Atene, l’omosessualità continua ad essere accettata e vista come qualcosa di “normale”. Lo stesso macedone Alessandro Magno fu, a detta di molti, l’amante di Efestione. Il loro legame verrà descritto approfonditamente da Klaus Mann, il figlio di Thomas, nel Novecento.

Durante il periodo ellenistico, terminato con la battaglia di Azio del 31 a.C., la tendenza omosessuale continua ad essere favorita anche con l’affermarsi della potenza romana.

Ricordiamo quattro coppie omosessuali risalenti alla tarda Repubblica: quella composta dal senatore Quinto Lutazio Catulo e Quinto Roscio Gallo; quella formata dal dittatore Lucio Cornelio Silla e Metrobio; quella che vede uniti il poeta Catullo e Giovenzio e, infine, la più celebre, che vede coinvolti Cesare e il re Nicomede di Bitinia.

Catulo e Catullo sono stati due poeti appartenenti al circolo neoterico, ma dei due ci sono pervenute solo poesie del secondo, mentre del primo abbiamo solo frammenti.

Catulo fu collega nel consolato di Mario nel 101 a. C. e introdusse il nuovo circolo di intellettuali, malvisto dall’oratore e filosofo Marco Tullio Cicerone. Il fondatore del neoterismo cantò l’amore che provava per l’attore Roscio in due brevi frammenti, che descrivono la bellezza incredibile del secondo.

Il poeta Catullo cantò l’amore per Lesbia, ma ci sono nella sua opera poetica anche brevi poesie dedicate al giovinetto Giovenzio. Tuttavia bisogna ammettere che queste non sono così famose come quelle dedicate a Lesbia.

Silla fu cinque volte sposato, ma, al momento del ritiro a vita privata, rivelò alla società romana tutto il suo amore per Metrobio, anche lui attore. Su loro due è stato detto molto dalla scrittrice australiana Colleen Mccullough, nella saga dei “Signori di Roma”, che fu scritta a partire dal 1990.

Cesare, per sfuggire alle proscrizioni sillane, scappò in Oriente dove, a detta di molti avversari politici come Bibulo e Cicerone, intrecciò una relazione con il sovrano orientale Nicomede di Bitinia, allo scopo di ottenere navi per combattere il re Mitridate del Ponto.

Ancora, durante i trionfi per le vittorie sui Galli e sui nemici politici, i soldati sbeffeggiavano Cesare insistendo sui suoi trascorsi amorosi con Nicomede.

Anche con l’avvento del principato romano, l’omosessualità venne completamente inserita nella norma. Famosi imperatori omosessuali sono stati Nerone e Domiziano, dei quali sono state descritte le abitudini sessuali dallo storico Svetonio.

Il massimo capolavoro dell’età neroniana, il “Satyricon”, è un romanzo latino, giunto sino a noi in modo frammentario, che racconta in maniera del tutto naturale le comiche avventure di un triangolo amoroso omosessuale, composto da Encolpio, Ascilto e Gitone. I primi due si contendono i favori del terzo del quale sono possessivamente innamorati. Tuttavia Gitone si dimostra innumerevoli volte infedele, fino ad abbandonare Encolpio, scappando via con Ascilto. Sconsolato, il protagonista si dirige in un’enoteca dove incontra il poetastro Eumolpo, tendente alla pederastia.

In seguito ad altre avventure, Gitone si riunisce di nuovo ad Encolpio, costituendo un nuovo triangolo amoroso con Eumolpo 

Da notare che anche la bisessualità viene completamente accettata, tanto che Encolpio proverà più volte ad approcciarsi con alcune donne con esito infausto. Infatti il protagonista è condannato all’impotenza poiché ha profanato il tempio di Priapo. 

La fine dell’impero Romano d’Occidente è causata dalle invasioni barbariche e, secondo alcuni, anche dall’avvento del Cristianesimo. 

I cristiani, per propugnare l’idea della moralità, cominciano a condannare alcune attitudini come l’omosessualità. Infatti secondo loro già la Bibbia condannava questa tendenza sessuale definendola con l’appellativo di sodomia. Portano ad esempio il brano della distruzione di Sodoma e Gomorra, causata, a loro dire, dalle tendenze omosessuali dei loro abitanti.

Infatti per la cristianità l’importante è procreare per perpetuare il genere umano. A causa di queste esigenze, anche adesso idee come l’omosessualità e l’aborto vengono viste dai cattolici come dei crimini.

Pertanto la produzione letteraria omosessuale comincia a scemare fino all’Ottocento quando riesplode con i tre processi ad Oscar Wilde.

All’incirca nel 1895 Wilde intreccia una relazione amorosa con Alfred Douglas, detto “Bosie”, suscitando l’ira del padre di questi, il marchese di Quensberry, che invia una lettera offensiva al celebre scrittore definendolo “somdomite”.

Wilde, incitato dall’amante, denuncia l’offensore, ma nel corso dei tre processi, si ritroverà da accusatore ad accusato ed in breve le accuse a lui dirette porteranno il famoso dandy in carcere. Dopo la scarcerazione, lo scrittore si ricongiungerà con “Bosie”, fino alla fine dei suoi giorni.  

Durante la prigionia Wilde compone una lunga lettera di denuncia contro l’amato. Quest’ultimo ne verrà a conoscenza solo dopo la morte di Wilde, quando un suo amico, tale Robert Ross, pubblicherà la lettera intitolandola “De profundis”, suscitando violenti polemiche. 

Tali polemiche influenzeranno gli scrittori E.M. Forster ed Andrè Gide. Mentre il primo si dimostrerà terrorizzato e deciderà di non pubblicare in vita il suo romanzo omosessuale, “Maurice”, il secondo si dimostrerà orgoglioso della sua tendenza, grazie proprio a Wilde, che gli aveva fatto prendere coscienza di sé stesso in Africa.

Gide si imporrà sullo scenario della letteratura con grandi romanzi come “L’immoralista” e “I falsari”. La prima opera è molto autobiografica e rievoca l’esperienza dell’autore con Wilde. La seconda presenta un grande numero di personaggi omosessuali e bisessuali.

Invece il romanzo di Forster, “Maurice”, scritto tra il 1913 e il 1914, verrà pubblicato postumo nel 1971.

Questo romanzo è, inaspettatamente, a lieto fine. Il protagonista, nonostante tutti i suoi tormenti interiori, riuscirà ad unirsi felicemente ad un altro uomo e a sentirsi realizzato. Anche quest’opera è autobiografica, in quanto rievoca l’esperienza di Forster a Cambridge e la sua relazione con un altro uomo, Meredith.

Un comportamento simile a quello di Gide viene tenuto da Klaus Mann, il figlio del grande scrittore decadente Thomas. Padre e figlio hanno entrambi tendenze omosessuali. Quest’ultimo le renderà manifeste con il romanzo “La pia danza”.

Invece Thomas Mann tenderà a nascondere questa sua inclinazione sessuale, ma scriverà nel 1912 il famoso romanzo “Morte a Venezia” che racconta l’ossessione amorosa di Gustav von Aschenbach verso il giovanissimo Tadzio. Il finale dell’opera è tragico, anche se abbastanza prevedibile. Anche questo romanzo è autobiografico, poiché il celebre scrittore era rimasto colpito proprio a Venezia da un minorenne, suscitando lo sdegno di sua moglie.

Anche Virginia Woolf fu dichiaratamente omosessuale ed esplicitò nel romanzo “Orlando” tutto il suo amore per Vita Sackville West. In quest’opera, il protagonista, un cortigiano dell’età elisabettiana, cambierà, col passare dei secoli, anche sesso. In questo romanzo, vengono esplicati anche il desiderio e la necessità di cambiare sesso che ai giorni nostri la Medicina può realizzare.

In Italia abbiamo molti scrittori italiani sensibili all’omosessualità come Giorgio Bassani, Pier Paolo Pasolini, Umberto Saba e Alberto Moravia.

Bassani descrive nel romanzo “Gli occhiali d’oro” la vicenda tragica di un medico omosessuale, il dottor Fadigati, che si trova a dover nascondere la sua tendenza durante il ventennio fascista.

Pasolini descrive la realtà del secondo dopoguerra, concentrandosi sui “ragazzi di vita” del basso proletariato, costretti spesso a prostituirsi.

Saba e Moravia possono essere contrapposti tra di loro con i loro romanzi “Ernesto” e “Agostino”. Il primo, ambientato a Trieste, esprime leggerezza con il suo spensierato protagonista; il secondo tutta l’angoscia esistenziale di Agostino, durante una calda estate sul litorale toscano.

Questi ultimi scrittori dovettero fare i conti con il Fascismo che operò una violenta repressione contro gli omosessuali. Infatti, ad esempio, Moravia dovette affrontare la censura fascista nel pubblicare il suo breve romanzo.

Solo dopo la seconda guerra mondiale abbiamo i due principali romanzi omosessuali: “La statua di sale” di Gore Vidal e “Un uomo solo” di Christopher Isherwood.

Il primo romanzo uscì in America nel 1947 suscitando grande scandalo per la presenza di personaggi omosessuali. Il protagonista, Jim, ha lo stesso nome del primo amante di Vidal ed è innamorato perdutamente di Bob, amico di gioventù. Dopo un weekend d’amore passato insieme, Bob parte per un lungo viaggio e il suo amato tenterà di ritrovarlo a tutti i costi.

Il secondo romanzo, del 1964, viene considerato da alcuni come la prima opera gay. Narra la solitudine di George, uomo di mezz’età, che deve affrontare la perdita del suo amato tra l’ostilità e l’indifferenza di chi lo circonda. 

Tale opera ispirerà il romanzo di Pier Vittorio Tondelli, “Camere Separate”, del 1989. Il romanzo di Tondelli ha una struttura narrativa più ampia rispetto a quello di Isherwood. Infatti la vicenda di “Un uomo solo” ha la durata di un solo giorno, mentre quella di “Camere Separate” dura ben quattro anni.

Anche i protagonisti sono diversi: George è un uomo maturo, mentre Leo, personaggio tondelliano, ha appena trent’anni.

Negli anni ’80 l’epidemia di Aids mieterà molte vittime e susciterà altrettanti dibattiti. Gli omosessuali, insieme ai tossicodipendenti, furono considerati i maggiori untori. 

Per fronteggiare l’epidemia e proteggere i più fragili si raccomandò l’uso del preservativo durante i rapporti sessuali, ma i cattolici, capeggiati dal pontefice Giovanni Paolo II, si opposero in modo feroce a tale protezione, condannando nel contempo, in modo assoluto, l’omosessualità.

Ai nostri giorni regna il “politically correct” per cui la condizione dell’omosessualità viene vista in modo “non colpevole”. Persino il nuovo papa, Francesco, si è dimostrato di mentalità assai aperta. 

In questo nuovo clima sono recentemente usciti molti film a tematica LGBTQ, tratti talvolta da celebri romanzi. È il caso di “Chiamami col tuo nome”, romanzo di Andrè Aciman, del 2007, trasposto sullo schermo ad opera di James Ivory e Luca Guadagnino, di “Moonlight”, film premio Oscar di Barry Jenkins tratto da una piece teatrale, o di “Estate ‘85”, di François Ozon, tratto dal romanzo “Danza sulla mia tomba” di Aidan Chambers.

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