La pazzia della guerra, lo scandalo del commercio delle armi: il manifesto pacifista di Francesco
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La pazzia della guerra, lo scandalo del commercio delle armi: il manifesto pacifista di Francesco

Ma quella che emerge con sempre maggiore forza e capacità attrattiva è la sua leadership politica. Sì, politica. Perché tale è quella esercitata da Papa Francesco.

La pazzia della guerra, lo scandalo del commercio delle armi: il manifesto pacifista di Francesco
Papa Francesco
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25 Agosto 2022 - 16.24


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La sua leadership morale è da tempo fuori discussione anche tra i tanti che non sono credenti. Ma quella che emerge con sempre maggiore forza e capacità attrattiva è la sua leadership politica. Sì, politica. Perché tale è quella esercitata da Papa Francesco. Una leadership in tempi di guerra. Politica, parola che oggi appare screditata come mai in passato. Screditata da partiti ridottisi a consorterie elettorali, senza visione, senza idealità, senza coraggio. Il coraggio di andare contro i poteri che determinano il destino del pianeta e dei suoi abitanti. Bergoglio va controcorrente e dice cose che in questi tempi mefitici appaiono rivoluzionarie.

La “battaglia” della pace contro la pazzia della guerra.

“Rinnovo l’invito a porre fine alla guerra. Che si intraprendano passi concreti per mettere fine alla guerra e scongiurare il rischio di un disastro nucleare a Zaporizhzhia. E penso ai prigionieri soprattutto quelli che si trovano in condizioni fragili, e chiedo alle autorità responsabili di adoperarsi per la loro liberazione”. Così ieri Papa Francesco al termine dell’Udienza generale in Aula Paolo VI affrontando ancora il tema della guerra.

“Oggi pensiamo in modo speciale perché sono sei mesi dall’inizio della guerra in Ucraina – ha evidenziato il Pontefice – Ucraina e Russia, entrambe i paesi ho consacrato all’immacolato Cuore di Maria che lei Madre che vede tutto, veda l’Ucraina, veda la Russia e ci porti la pace abbiamo bisogno di pace”. 

“Penso ai bambini, tanti morti, poi tanti rifugiati, qui ce ne sono tanti. – prosegue Papa Francesco – Tanti feriti. Tanti bambini ucraini e russi sono diventati orfani, hanno perso il papà o la mamma siano russi, siano ucraini. Penso a tanta crudeltà, a tanti innocenti che stanno pagando la pazzia, la pazzia, la pazzia di tutte le parti, perché la guerra è una pazzia. E nessuno in guerra non può dire ‘io no, non sono pazzo’. La pazzia della guerra”. 

“Penso alla povera ragazza volata in aria per una bomba sotto il sedile della macchina a Mosca, – continua Papa Francesco facendo riferimento alla morte di Darya Dugina in un attentato a Mosca – gli innocenti pagano la guerra, gli innocenti! Pensiamo a questa realtà e diciamoci l’un l’altro la guerra è una pazzia. E coloro che guadagnano con la guerra, con il commercio delle armi, sono dei delinquenti che ammazzano l’umanità”. “Un riferimento, quello all’attentato mortale a Darya Dugina, che non è piaciuto affatto a Kiev. Annota in proposito Nicola Porro: “Un riferimento, quello all’attentato in cui ha perso la vita Darya Dugina, che ha scatenato la reazione di Kiev. Scrive in proposito Nicola Porro: “Apriti cielo. Immediata è scattata la replica dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, che non l’ha presa benissimo. “Il discorso di oggi (ieri, ndr) del Papa è stato deludente e mi ha fatto pensare a molte cose – ha detto Andrii Yurash – non si può parlare con le stesse categorie di aggressore e vittima, stupratore e stuprato”. E su Dugina: “Come è possibile citare una degli ideologi dell’imperialismo russo come vittima innocente?”[…]. Ps: sarà un caso, ma la grande stampa italiana non ha dato molto risalto alle parole di Francesco. Lo abbiamo già detto: in Occidente nessuno ha versato molte lacrime per la morte della trentenne Darya e anzi sicuramente in molti hanno pensato: ‘Ad Aleksandr Dugin ben gli sta!’. Il Papa, è chiaro, non la vede così”. 

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Con Porro siamo in disaccordo il 99% delle volte. Stavolta, però, è quell’1%.

Francesco non dimentica le guerre “dimenticate” o per meglio dire colpevolmente ignorate dalla comunità internazionale e da una stampa mainstream. “E pensiamo ad altri Paesi che sono in guerra da tempo, la Siria o lo Yemen dove tanti bambini patiscono la fame, e pensiamo ai Rohingya, ingiustamente cacciati dalla loro terra. Abbiamo bisogno di pace”, ha concluso il Pontefice.

L’”Agenda Bergoglio”

L’abbiamo scritto e lo riproponiamo. Una sinistra, nel centrosinistra, che sia tale dovrebbe adottare un’Agenda. Ma non quella Draghi. L’”Agenda Bergoglio”.

L’agenda di chi, dopo aver  h annullato la propria partecipazione ad un incontro promosso dalla conferenza episcopale italiana e dal comune di Firenze, con la partecipazione di vescovi e sindaci di tutto il Mediterraneo, nel suo discorso a La Valletta (4 aprile 2022) ha ripreso la figura che era al centro di quell’incontro: “Più di sessant’anni fa, a un mondo minacciato dalla distruzione, dove a dettare legge erano le contrapposizioni ideologiche e la ferrea logica degli schieramenti, dal bacino mediterraneo si levò una voce controcorrente, che all’esaltazione della propria parte oppose un sussulto profetico in nome della fraternità universale”, ha detto Jorge Mario Bergoglio. “Era la voce di Giorgio La Pira, che disse: ‘La congiuntura storica che viviamo, lo scontro di interessi e di ideologie che scuotono l’umanità in preda a un incredibile infantilismo, restituiscono al Mediterraneo una responsabilità capitale: definire di nuovo le norme di una Misura dove l’uomo lasciato al delirio e alla smisuratezza possa riconoscersi’. Sono parole – ha chiosato il papa – attuali: quanto ci serve una ‘misura umana’ davanti all’aggressività infantile e distruttiva che ci minaccia, di fronte al rischio di una ‘guerra fredda allargata’ che può soffocare la vita di interi popoli e generazioni!”.

“Quell’infantilismo, purtroppo, non è sparito”, ha proseguito il papa argentino. “Riemerge prepotentemente nelle seduzioni dell’autocrazia, nei nuovi imperialismi, nell’aggressività diffusa, nell’incapacità di gettare ponti e di partire dai più poveri. Oggi è tanto difficile pensare con la logica della pace, siamo abituati a pensare con la logica della guerra. Da qui comincia a soffiare il vento gelido della guerra, che – ha puntualizzato il papa – anche stavolta è stato alimentato negli anni. Sì, la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi”.

“Ed è triste – ha proseguito – vedere come l’entusiasmo per la pace, sorto dopo la seconda guerra mondiale, si sia negli ultimi decenni affievolito, così come il cammino della comunità internazionale, con pochi potenti che vanno avanti per conto proprio, alla ricerca di spazi e zone d’influenza. E così non solo la pace, ma tante grandi questioni, come la lotta alla fame e alle disuguaglianze sono state di fatto derubricate dalle principali agende politiche. Ma la soluzione alle crisi di ciascuno è prendersi cura di quelle di tutti, perché i problemi globali richiedono soluzioni globali. Aiutiamoci ad ascoltare la sete di pace della gente, lavoriamo per porre le basi di un dialogo sempre più allargato, ritorniamo a riunirci in conferenze internazionali per la pace, dove sia centrale il tema del disarmo, con lo sguardo rivolto alle generazioni che verranno! E – ha detto il Papa concludendo il ragionamento – gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione”.

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“Faccio appello ai capi delle Nazioni e delle organizzazioni internazionali perché reagiscano alla tendenza ad accentuare la conflittualità. Il mondo ha bisogno di pace. Non di una pace basata sull’equilibrio degli armamenti, sulla paura reciproca. No, questo non va. Questo vuol dire far tornare indietro la Storia di 70 anni”. “La crisi ucraina avrebbe dovuto essere – ma se lo si vuole può ancora diventare – una sfida per statisti saggi, capaci di costruire nel dialogo un mondo migliore per le nuove generazioni”, ha aggiunto ancora Bergoglio, poco dopo il suo rientro a Roma.  “Bisogna passare dalle strategie di potere politico, economico e militare a un progetto di pace globale. No a un mondo diviso tra potenze in conflitto, sì a un mondo unito tra popoli e civiltà che si rispettano”. “Bisogna passare dalle strategie di potere politico, economico e militare a un progetto di pace globale”

“Malta è un luogo-chiave per quanto riguarda il fenomeno delle migrazioni”, ebbe ha sottolineare il Papa ripercorrendo nell’udienza di oggi le tappe del suo viaggio apostolico a Malta ha raccontato come “nel Centro di accoglienza Giovanni XXIII ho incontrato numerosi migranti, che sono approdati sull’isola dopo viaggi terribili”. “Non bisogna stancarsi di ascoltare le loro testimonianze, perché solo così si esce dalla visione distorta che spesso circola nei mass-media e si possono riconoscere i volti, le storie, le ferite, i sogni e le speranze di questi migranti”, l’appello di Francesco: “Ogni migrante è unico, non è un numero, è unico come ognuno di noi: il migrante è una persona con la sua dignità, le sue radici, la sua cultura. Ognuno di essi è portatore di una ricchezza infinitamente più grande dei problemi che pure comporta”. “E non dimentichiamo che l’Europa è stata fatta dalle migrazioni”, ha aggiunto a braccio.  “Certo, l’accoglienza va organizzata, va governata, e prima, molto prima, va progettata insieme, a livello internazionale”, ha precisato il Papa: “Perché il fenomeno migratorio non può essere ridotto a un’emergenza, è un segno dei nostri tempi. E Come tale va letto e interpretato. Può diventare un segno di conflitto, oppure un segno di pace. Dipende come lo prendiamo, dipende da noi”.

“Penso ai centri di accoglienza: quanto è importante che siano luoghi di umanità!”. Lo aveva esclamato il Papa, nel discorso rivolo ai 200 migranti presenti nel Centro “Giovanni XXIII PeaceLab” di Hal Far, ultima tappa pubblica del suo viaggio apostolico a Malta. “Sappiamo che è difficile, ci sono tanti fattori che alimentano tensioni e rigidità”, ha ammesso Francesco: “E tuttavia, in ogni continente, ci sono persone e comunità che accettano la sfida, consapevoli che la realtà delle migrazioni è un segno dei tempi dove è in gioco la civiltà”. “E per noi cristiani è in gioco anche la fedeltà al Vangelo di Gesù, che ha detto ‘Ero straniero e mi avete accolto’”, il monito del Papa sulla scorta del Vangelo: “Questo non si crea in un giorno! Ci vuole tempo, ci vuole tanta pazienza, ci vuole soprattutto un amore fatto di vicinanza, di tenerezza e di compassione, come è l’amore di Dio per noi. Penso che dobbiamo dire un grande ‘grazie’ a chi ha accettato tale sfida qui a Malta e ha dato vita a questo Centro. Lo facciamo con un applauso!”. Al centro del discorso di Francesco, le testimonianze dei migranti, che partendo hanno dovuto staccarsi dalle proprie radici. “È uno strappo. Uno strappo che lascia il segno. Non solo un dolore momentaneo, emotivo. Lascia una ferita profonda nel cammino di crescita di un giovane, di una giovane. Ci vuole tempo per risanare questa ferita; ci vuole tempo e soprattutto ci vogliono esperienze ricche di umanità: incontrare persone accoglienti, che sanno ascoltare, comprendere, accompagnare; e anche stare insieme ad altri compagni di viaggio, per condividere, per portare insieme il peso… Questo aiuta a rimarginare le ferite”.

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Potremmo proseguire a lungo, citando altri discorsi del Papa sulla pace giusta, l’inclusione, la denuncia delle barbarie dei lager in Libia, a Lesbo, in ogni parte del mondo. Così come le sue considerazioni contro l’apartheid vaccinale, lo sfruttamento selvaggio della natura, causa di siccità, fame, disastri ambientali. La critica ad una idea di sviluppo che non conosce regole né limiti, ad una finanziarizzazione dell’economia per cui il 5% del pianeta detiene la ricchezza a scapito dell’altro 95%. 

Così si esprimeva nel 2013 Francesco, nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium : “Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente tranquillità”. E questo accade “non soltanto perché l’iniquità provoca la reazione violenta di quanti sono esclusi dal sistema, bensì perché il sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice”. Insomma, “il male cristallizzato nelle strutture sociali ingiuste, contiene sempre un potenziale di dissoluzione e di morte”. Siamo dunque lontani da un’analisi rassicurante sui possibili ‘aggiustamenti’ in senso perequativo del capitalismo, si dice piuttosto che è lo stesso sistema a produrre ingiustizia e violenza. Non solo: Francesco mette sotto accusa anche un pensiero in base al quale “ogni crescita economica favorita dal libero mercato” porti con sé una ricaduta positiva, cioè “una maggiore equità nel mondo”. Il Papa bolla così chi la pensa in questo modo: “Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante”, sottolineando ancora come l’attuale sistema di sviluppo sia fondato su «un’economia che uccide», per questo «non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato”.

Più di un’”Agenda”, è un “Manifesto”, quello di Bergoglio. Un “manifesto” da incorniciare e trasformare in azione. Dal “pulpito” alle piazze. I pacifisti sanno di avere al loro fianco quel signore in bianco. Ed è una vicinanza che dà forza. 

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