Per Koutiki un settimo posto nei 400 metri che vale comunque la storia
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Per Koutiki un settimo posto nei 400 metri che vale comunque la storia

L'atleta azzurro è il primo italiano con disabilità intellettiva-relazionale a centrare una finale paralimpica.

Ruud Koutiki
Ruud Koutiki
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9 Settembre 2016 - 22.00


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L’Atletica paralimpica italiana dice bravo a Ruud Koutiki che, nella seconda giornata di gare allo Stadio Engenhao di Rio, conquista il settimo posto nei 400 T20. Lo sprinter azzurro, nato in Congo Brazaville 27 anni fa, è infatti il primo atleta con disabilità intellettiva-relazionale a riuscire a disputare una finale paralimpica. Partito in prima corsia il campione europeo del 2014 chiude il giro di pista in 51.14 in una gara velocissima in cui il brasiliano Daniel Martins vince con il nuovo record mondiale di categoria (47.22). L’argento va al venezuelano Luis Arturo Paiva ed il bronzo a Gracelino Tavares Barbosa di Capo Verde. 

Il risultato del velocista dell’Anthropos Civitanova ripaga un impegno costante e continuo che conferma quel riconoscibile talento innato per la corsa che lo ha proiettato ai vertici dello scenario internazionale negli ultimi tre anni: “È stata una bella gara ma io dentro mi sento triste. Potevo dare di più perchè mi sentivo bene ma gli altri sono andati più veloci. C’è un po’ di rimpianto perchè mi alleno sempre e duramente per arrivare a questo livello, ma non cerco scuse, ho dato tutto, ho perso e bisogna accettarlo. Congratulazioni ai miei avversari”.

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Questo il commento del suo allenatore Mauro Ficerai: “Prima della gara avevo detto a Ruud che non aveva nulla da perdere e che doveva provare a stare con gli altri quanto più possibile. Ha cercato di tenere il ritmo estremamente elevato e ha dato quello che ha potuto. Si è migliorato rispetto a ieri e deve solo essere orgoglioso di quello che ha fatto. I sacrifici per arrivare fin qui sono stati enormi e non solo quest’anno. Grazie Ruud”.

Koutiki però continua a coltivare un altro sogno nel cassetto: “Spero che in futuro arrivino altri ragazzi italiani con la mia stessa disabilità che corrano con me in Nazionale. Non voglio più stare da solo, mi piacerebbe condividere tutte queste esperienze con loro”.

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