Lo studio: una proteina ereditata dall'uomo di Neanderthal può ridurre la gravità del Covid
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Lo studio: una proteina ereditata dall'uomo di Neanderthal può ridurre la gravità del Covid

I livelli aumentati di questa proteina sono associati tra i pazienti Covid a una mortalità ridotta e a una malattia meno grave che richiede meno ventilazione

Uomo di Neanderthal
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27 Febbraio 2021 - 11.20


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Un grande regalo alla battaglia contro il Coronavirus potrebbe arrivarci dalla Preistoria.

Sotto la lente degli scienziati è finita una forma della proteina Oas1 che è probabilmente emersa nelle persone di discendenza europea attraverso l’incrocio con l’uomo di Neanderthal decine di migliaia di anni fa, si è conservata per generazioni e potrebbe rivelarsi un’arma per gli uomini moderni alle prese con la lotta a Covid-19.

Un team del Lady Davis Institute (Ldi), attivo nel canadese Jewish General Hospital, ha scoperto che livelli aumentati di questa proteina sono associati tra i pazienti Covid a una mortalità ridotta e a una malattia meno grave che richiede meno ventilazione.
Lo studio è pubblicato su ‘Nature Medicine’.

Questa forma di proteina Oas1 è probabile che sia servita proprio da protezione contro le precedenti pandemie. La pressione evolutiva ha lentamente aumentato la sua prevalenza ed è ora rilevabile in oltre il 30% per cento delle persone di origine europea.

I ricercatori di questa realtà associata alla McGill University ritengono sulla base dei risultati della loro ricerca che l’utilizzo di farmaci in grado di aumentare i livelli di Oas1 possa essere esplorato per cercare di migliorare l’effetto scudo contro Covid.

“La nostra analisi evidenzia che Oas1 ha un effetto protettivo contro la suscettibilità a Covid e la sua gravità”, spiega Brent Richards, ricercatore senior del Center for Clinical Epidemiology dell’istituto e docente della McGill University.

“E’ uno sviluppo entusiasmante nella corsa per identificare potenziali trattamenti per i pazienti. Ci sono già terapie in sviluppo preclinico che potenziano l’Oas1 e potrebbero essere esplorate per il loro effetto contro l’infezione da Sars-CoV-2”, assicura.

I ricercatori hanno esplorato le proteine rilevabili nel sangue periferico come potenziali bersagli. La sfida che hanno affrontato è stata capire quali di queste proteine svolgono un ruolo causale nella progressione della malattia e quali no, poiché i loro livelli possono anche essere influenzati da Covid stessa o da altri fattori confondenti.

Con analisi hi-tech gli esperti sono riusciti alla fine a ‘districare’ quali proteine hanno influenzato gli esiti avversi di Covid-19.

Dai determinanti genetici di 931 proteine circolanti, Sirui Zhou, primo autore dell’articolo, ha scoperto che l’aumento dei livelli di OAS1 era associato a ridotte mortalità, ventilazione, ospedalizzazione e suscettibilità a Covid in un numero di casi fino a 14.134 e 1,2 milioni di controlli.

I risultati sono stati coerenti in più analisi. Gli esperti hanno misurato la proteina in 504 pazienti con diversi esiti della malattia (dati dal Biobanque Québec Covid-19) e hanno scoperto che i livelli aumentati di OAS1 nei pazienti post-infezione erano associati a una protezione.

“L’effetto protettivo era particolarmente ampio”, sottolinea Zhou, “in modo tale che abbiamo osservato una diminuzione del 50% delle probabilità di Covid severa” legato a incrementati livelli circolanti di OAS1. “Per le popolazioni non africane, questo effetto protettivo è probabilmente ereditato dalla forma di OAS1 derivata dai Neanderthal, e chiamata p46”.

“La nostra raccomandazione – conclude Richards – è che farmaci che innescano livelli aumentati di OAS1” attualmente in fase di sviluppo preclinico “siano ulteriormente studiati per il loro effetto sugli esiti di Covid in modo che possiamo arrivare a trattare meglio i pazienti infetti”.

 

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