L'autorevole rivista Science: “La scuola può ripartire, i bambini non contagiano il Covid”
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L'autorevole rivista Science: “La scuola può ripartire, i bambini non contagiano il Covid”

Quante probabilità hanno i bambini piccoli di ammalarsi e trasmettere il virus? Possono giocare insieme come prima? A questa e ad altre domande hanno cercato di rispondere gli esperti sulla rivista.

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27 Luglio 2020 - 08.58


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Le scuole dovrebbero riaprire? Secondo la rivista specializzata Science sì. Studiando le strategie di riapertura in Sud Africa, Finlandia e Israele, sarebbe emerso che i bambini più piccoli raramente si contagiano l’un l’altro o portano il virus a casa, infettando i famigliari. Secondo Otto Helve, uno specialista in malattie infettive pediatriche dell’Istituto finlandese per la salute e il benessere, che ha studiato a fondo il problema, i focolai nelle scuole sono inevitabili.
“Ma ci sono buone notizie”, precisa l’esperto: finora, con alcune modifiche alla routine quotidiana delle scuole i benefici della frequenza scolastica sembrano superare i rischi, almeno dove i tassi di infezione della comunità sono bassi. Ma quante probabilità hanno i bambini piccoli di ammalarsi e trasmettere il virus? A questa e ad altre cinque domande che riguardano i bambini e la riapertura delle scuole hanno cercato di rispondere gli esperti su Science, in base a quanto emerso dagli studi condotti finora. 

Diversi studi hanno dimostrato che, in generale, le persone di età inferiore ai 18 anni avrebbero una probabilità compresa tra un terzo e la metà degli adulti di contrarre il coronavirus e il rischio sembra essere ancora più basso per i più piccoli. 

Dalle ricerche condotte dall’Istituto Pasteur in sei scuole elementari, è emerso che i bimbi si possono infettare ma non sembrano essere contagiosi. “Ma gli studenti delle scuole superiori devono stare molto attenti. Hanno una malattia lieve, ma sono contagiosi”, precisa Arnaud Fontanet, un epidemiologo dell’Istituto Pasteur. 

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Dai test sierologici condotti al liceo è emerso che il 38% degli alunni, il 43% degli insegnanti e il 59% del personale non docente erano stati infettati. 

Secondo Science sì, purché non siano in troppi in una classe sola. 

Le scuole sono “dove i nostri bambini corrono, giocano e ridono e discutono tra loro. Devono tornare al più presto possibile a una sorta di sana normalità”, sostiene Russell Viner, presidente di RCPCH. Le scuole nei Paesi Bassi, per esempio, alla riapertura ad aprile, hanno dimezzato le dimensioni delle classi ma non hanno fatto rispettare le distanze tra gli studenti di età inferiore ai 12 anni. La Danimarca, invece, il primo Paese in Europa a riaprire le scuole, ha assegnato i bambini a piccoli gruppi che potevano riunirsi durante la ricreazione e far stare i bambini il più possibile all’aria aperta. In generale, gli esperti consigliano di fare lezione all’aperto quando è possibile. Gli studenti più grandi, invece, è bene che stiano a un metro di distanza. 

“Per me, le mascherine fanno parte dell’equazione” per rallentare la diffusione di Covid-19 nelle scuole, specialmente quando il distanziamento è difficile”, dichiara Susan Coffin, un medico di malattie infettive all’ospedale pediatrico di Filadelfia. “Le goccioline respiratorie sono una delle principali modalità di trasmissione del virus”, dice, e indossare una maschera crea un ostacolo nel percorso di quelle goccioline. In Cina, Corea del Sud, Giappone e Vietnam, dove le maschere sono già ampiamente accettate e indossate da molti durante la stagione influenzale, le scuole le richiedono per quasi tutti gli studenti e i loro insegnanti. In alcune scuole in Germania, gli studenti le indossano nei corridoi o nei bagni, ma possono rimuoverle quando sono seduti al proprio banco.  
“La risposta è breve: nessuno lo sa”, precisa Science. Se si trova un bambino o un ragazzo positivo al coronavirus bisogna mandare a casa lui e tutti quelli che hanno avuto contatti con lui o chiudere quella classe o l’intera scuola? Alcune scuole hanno preferito isolare solo contatti stretti. In Germania, per esempio, i compagni di classe e gli insegnanti di uno studente infetto vengono rimandati a casa per 2 settimane, ma le altre lezioni continuano. In Israele, invece, le scuole hanno chiuso per un singolo caso e sono stati sottoposti al test e messi in quarantena i contatti stretti di ogni individuo contagiato. 

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Poiché i bambini sviluppano raramente sintomi gravi, gli esperti ritengono che l’apertura delle scuole potrebbe comportare un rischio maggiore per gli insegnanti, i familiari e la comunità rispetto agli studenti stessi.

I primi dati provenienti da Paesi europei suggeriscono che il rischio per la comunità in generale è ridotto. “Almeno quando i tassi di infezione locale sono bassi, l’apertura delle scuole con alcune precauzioni non sembra causare un salto significativo nelle infezioni altrove”, precisa Science. Sebbene non si abbiano certezze in merito, analizzando i risultati delle ricerche condotte finora in questo ambito, è emerso che i casi di malattie gravi tra gli insegnanti sono davvero pochi, con un’eccezione sola, quella della Svezia, che non ha mai chiuso le scuole.

In gran parte del mondo, le scuole sono rimaste chiuse durante la pausa estiva e l’autunno vedrà un’ondata di riaperture. Molti paesi a basso reddito, tuttavia, non hanno le risorse per ridurre le dimensioni delle classi o fornire a tutti mascherine, quindi probabilmente non riapriranno nei prossimi mesi. 

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A giugno, il primo ministro del Bangladesh, ha dichiarato che le scuole probabilmente rimarranno chiuse finché l’epidemia non sarà completamente vinta. Nelle Filippine sarà lo stesso: l’istruzione di persona non riprenderà fino a quando non vi sarà un vaccino contro il coronavirus. 

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