Il presepe come clava identitaria: Meloni e l’ennesima occupazione propagandistica del Natale
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Il presepe come clava identitaria: Meloni e l’ennesima occupazione propagandistica del Natale

Anche quest’anno Giorgia Meloni sceglie il presepe come fondale del proprio messaggio natalizio agli italiani. Un video curato, diffuso capillarmente sui social e rilanciato dalle reti televisive

Il presepe come clava identitaria: Meloni e l’ennesima occupazione propagandistica del Natale
Giorgia Meloni
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24 Dicembre 2025 - 11.53


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Anche quest’anno Giorgia Meloni sceglie il presepe come fondale del proprio messaggio natalizio agli italiani. Un video curato, diffuso capillarmente sui social e rilanciato dalle reti televisive, in cui la presidente del Consiglio parla di “radici”, “identità”, “valori che non impongono nulla a nessuno”. Ma dietro il lessico suadente e apparentemente inclusivo si consuma, ancora una volta, una precisa operazione politica: la strumentalizzazione dei simboli della cristianità a fini di propaganda identitaria.

Meloni evoca la “rivoluzione del presepe”, sostenendo che quel simbolo “custodisce dei valori” e rende una nazione più forte perché consapevole delle proprie radici. Peccato che, nella pratica quotidiana del suo governo, quei valori vengano sistematicamente traditi. Il presepe che Meloni brandisce non è un luogo di accoglienza, ma un confine. Non è un messaggio universale, ma un marchio identitario da contrapporre a un “altro” implicitamente escluso.

La vera rivoluzione del presepe – se si volesse prendere sul serio il messaggio evangelico – sarebbe l’accoglienza di chi bussa alle porte, la protezione degli ultimi, la cura dei fragili. È esattamente l’opposto di ciò che questo esecutivo pratica: politiche migratorie punitive, criminalizzazione della povertà e del disagio sociale, repressione del dissenso, retorica securitaria che trasforma i vulnerabili in colpevoli. Parlare di dignità e rispetto della vita mentre si firmano decreti che colpiscono i più deboli non è difesa delle radici: è ipocrisia istituzionale.

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Se Meloni fosse davvero coerente con il cristianesimo che invoca davanti alle telecamere, dovrebbe fare un gesto molto più radicale di un videomessaggio natalizio: stracciare il programma di Fratelli d’Italia e ripensare buona parte delle leggi approvate dal suo governo. Perché il Vangelo non è compatibile con una politica che alimenta la xenofobia, legittima l’esclusione e tratta la marginalità come una colpa da punire anziché come una responsabilità collettiva da affrontare.

C’è infine un elemento di saturazione, quasi di invasione, che molti italiani avvertono con fastidio. Il Natale è, per credenti e non credenti, un tempo intimo, familiare, personale. Eppure anche quest’anno la premier lo trasforma in un palcoscenico politico, occupando gli spazi mediatici con una presenza pervasiva, amplificata da un sistema televisivo che assomiglia sempre più a un megafono governativo. Un’occupazione quasi militare dell’immaginario natalizio, che rende difficile persino sottrarsi al messaggio.

Basta strumentalizzare il Natale. Basta usare il presepe come arma retorica. Gli italiani non hanno bisogno di lezioni identitarie impartite dall’alto, né di simboli religiosi piegati alla propaganda. Vorrebbero semplicemente poter festeggiare – o non festeggiare – in pace, senza che anche la vigilia diventi l’ennesimo comizio del potere.

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