Referendum: come, dove e perché si vota
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Referendum: come, dove e perché si vota

Domenica gli italiani devono scegliere se approvare il testo della riforma voluta da Renzi

Domenica 4 si vota
Domenica 4 si vota
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3 Dicembre 2016 - 10.40


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Sapete tutto? Ma tutto ma tutto tutto? Qualche dubbio?
Un ripassino non fa mai male: Il referendum costituzionale del 4 dicembre chiama gli italiani al voto per dire sì o no alla riforma del governo Renzi con il disegno di legge Boschi. La riforma, se approvata, porterebbe all’addio del bicameralismo paritario cioè Camera e Senato non avrebbero più uguali poteri, ma la prima prevarrebbe sul secondo. Si vota nella sola giornata di domenica.
Il referendum costituzionale, detto anche confermativo o sospensivo, riguarda solo leggi costituzionali o di revisione della Costituzione come è il ddl Boschi. Il testo di riforma è stato approvato dal Parlamento, ma non con la maggioranza qualificata dei due terzi nella seconda votazione (per questo tipo di legge devono essere due per ramo del parlamento a tre mesi di distanza). Questa mancata maggioranza porta alla necessità del referendum.
Non serve il quorum
Questo tipo di referendum, rispetto a quelli abrogativi, non ha bisogno del quorum. Non serve che vada a votare il 50% più uno degli aventi diritto perché sia valido. Vince una delle due parti qualunque sia l’affluenza.
Quando si vota
Si vota soltanto domenica 4 dicembre dalle 7 alle 23.
Come votare
Votano tutti i maggiorenni e al seggio devono presentarsi con un documento di riconoscimento (carta d’identità, patente, tessera di riconoscimento rilasciata dall’Unione nazionale ufficiali in congedo d’Italia e tessera di riconoscimento di un ordine professionale) e la tessera elettorale. Chi l’avesse persa o avesse tutte le caselle già occupate può rinnovarla all’ufficio elettorale del comune di residenza. Gli uffici restano aperti dalle 9 alle 18 nei due giorni antecedenti la data del voto e per tutto l’orario di apertura delle urne, dalle 7 alle 23, nel giorno del referendum.
Il quesito
Il quesito stampato sulla scheda è: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione» approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?». Chi vota sì sceglie di approvare la riforma, chi vota no vuole mantenere l’attuale sistema.
I Sì e i No
I sostenitori del sì dicono che la riforma porterà una velocizzazione dei lavori parlamentari senza i continui passaggi fra Senato e Camera. I sostenitori del no temono uno sbilanciamento del potere verso il governo di volta in volta in carica. Quando si tornerà a votare, se al referendum vincerà il sì, gli elettori avranno solo una scheda, quella per la Camera dei deputati. Non si voterà più per eleggere il Senato. Resteranno le due schede e la doppia elezione in caso di vittoria del no. Con la vittoria del sì e quindi se passa la riforma, a Palazzo Madama andranno consiglieri regionali e sindaci. I senatori veri e propri saranno cinque, scelti dal presidente della Repubblica. I senatori nella legge Renzi-Boschi passano da 315 a 100.
Il nuovo Senato (se vince il Sì)
A eleggere 95 membri del nuovo Senato sono i consigli regionali, nel caso di Trento e Bolzano le province autonome. 74 verranno dalle regioni e 21 saranno sindaci. Un sindaco e almeno due consiglieri per regione e quanti restano da calcolare in misura proporzionale alla popolazione delle regioni. Lombardia o Lazio ne avranno di più di Molise e Valle d’Aosta. Sono i consigli regionali a eleggere i loro senatori. Secondo quanto si legge nella riforma lo devono fare «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri» alle regionali. Come gli elettori potranno esprimersi è da capire e da scrivere in una legge ordinaria. Potrebbero essere quelli che hanno ottenuto più voti a mantenere il doppio ruolo, ma potrebbe anche esserci una preferenza da dare espressamente nella scheda delle regionali. I nominati dal Quirinale sono cinque per «altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario». La loro carica però ha un termine temporale, sette anni, e non c’è possibilità diuna nuova nomina. Non a vita
Nessuno dei nuovi senatori avrà compensi aggiuntivi rispetto a quelli percepiti da Regione, Comune o altro datore di lavoro. La riforma non specifica cosa accadrà invece per diaria e rimborsi per l’attività politica che attualmente i senatori percepiscono insieme all’indennità base di 10.385 euro lordi al mese. I nuovi senatori avranno l’immunità parlamentare, che invece non hanno attualmente consiglieri e sindaci. I magistrati dovranno avere il via libera dell’Aula per intercettazioni o arresti.
No, anche in caso di vittoria del sì l’attuale Senato resta in carica fino allo scioglimento delle Camere. Il nuovo partirebbe con la prossima legislatura. La tempistica dovrebbe essere: voto, elezione della Camera, costituzione del Senato entro dieci giorni dalla prima riunione dei deputati. Se la riforma dovesse passare Camera e Senato non avrebbero più gli stessi poteri. Solo la Camera potrà approvare le leggi ordinarie e di bilancio e dare la fiducia al governo. Il Senato potrà legiferare solo in materia di riforme costituzionali e potrà chiedere esclusivamente la revisione delle leggi ordinarie, non proporne.
Nuovi referendum
Cambia il quorum per i referendum abrogativi. Se sono richiesti da almeno 800mila elettori non serve che vada al voto il 50% più uno degli aventi diritto. Resta invece questa maggioranza se sono richiesti da meno di 800mila persone o da cinque consigli regionali. La riforma prevede nuovi referendum popolari propositivi e d’indirizzo. Non ci sono specifiche e le norme dovranno essere stabilite da una legge d’attuazione.
Rapporti Stato-regioni
Con la riforma cambiano perché elimina quelle che le precedenti riforme avevano indicato come materie concorrenti assegnandole definitivamente allo stato centrale. Fra queste ci sono energia, ricerca, opere pubbliche strategiche, salute, politiche sociali e di sicurezza alimentare, istruzione, disciplina giuridica del lavoro, associazioni tra Comuni, attività culturali, turismo, governo del territorio, sistema nazionale di Protezione civile.

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