L'ingerenza europea nel voto italiano
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L'ingerenza europea nel voto italiano

La presenza di B. riaccende l’interventismo dell’Europa nella campagna elettorale italiana. C’è bisogno di una vittoria elettorale che tolga dal campo il problema.

L'ingerenza europea nel voto italiano
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16 Gennaio 2013 - 20.05


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di Francesco Peloso

Saranno cinque settimane di fuoco, di colpi bassi, inchieste, denunce, scandali e interventi di leader europei sulla situazione italiana, quelle che ci seperano dal voto del 24 e 25 febbraio. Il capogruppo europeo del Ppe Joseph Daul che interviene a favore di Mario Monti e spiega che il problema non è nemmeno il Pdl in quanto tale ma caso mai quello di una persona sola, e cioè di Silvio B., la dice lunga su come stanno le cose. Il berlusconismo dovrà essere battuto una volta per tutte alle urne, il che significa che la rappresentanza parlamentare degli uomini legati a Berluskamen non deve avere alcun potere di interdizione, in poche parole Pd-Sel e Centro devono ottenere una vittoria schiacciante.

Fuori dai nostri confini ci considerano, almeno in parte, ancora un Paese sotto tutela, tanto che al primo allarme su una possibile parziale affermazione – sia pure solo d’opposizione – del Pdl, sono piovute pietre europee sulla testa del leader della destra italica. Il messaggio è chiaro: B. potrebbe essere personalmente cacciato dal gruppo del Ppe, un provvedimento ad hoc o ad honorem se si preferisce. La conclusione è evidente: ci ha pensato la famiglia dei popolari europei – a lungo silente negli anni passati- a rimettere almeno in parte le cose a posto in questa rutilante campagna elettorale: attenti, è il messaggio, B. resta impresentabile e irricevibile in qualsiasi contesto internazionale, anche se resta all’opposizione.

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In questa ipersensibilità europea si può intravedere un timore: e cioè che le spinte centrifughe antieuropee e antieuro possano prima o poi sommarsi – sia pure nell’estrema differenza che le caratterizza di populismi e di movimenti estremisti di vari colori – e attentare alla costruzione dell’Unione. Allo stesso tempo è il segnale che l’Unione europea non può tollerare un’Italia percorsa da fibrillazioni pre-politiche o pre-democratiche, figlie di feroci lotte per il potere legate alla difesa spregiudicata di interessi illegali appartenenti a gruppi economici o sociali.

Sul piano politico questa situazione richiederebbe una risposta forte in grado di disegnare un’alternativa rispetto all’Europa costruita fino ad ora. Se è vero che il pareggio di bilancio e il rigore monetario, l’eccesso liberista, non sono risposte alla crisi verticale del capitalismo finanziario, è altrettanto evidente che gli estremismi votati alla dissoluzione del progetto unitario in nome di un ritorno alle nazionalità, non solo sono miopi ma antistorici, privi di radici e di memoria. E tuttavia a ciò va aggiunto un di più, lo ripetiamo ancora, fatto di diritti, di welfare, di presa di coscienza del lavoro precario come nuovo elemento sociale e di classe transnazionale, di riforma in senso ambientale dello sviluppo, di giustizia sociale, di rinnovamento delle istituzioni europee che non vanno demolite ma al contrario rafforzate nel senso della democrazia e della partecipazione.

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Un dibattito in tale senso ogni tanto prende forma anche in Italia eppure non riesce a decollare fino in fondo e la ragione è che nel nostro Paese è tornato B. Per questo fanno ancora effetto le perquisizioni della guardia di Finanza nella sede della Lega nord o il processo Ruby. Invece di un capitolo della storia criminale del Paese infatti, siamo di fronte a eventi che possono spostare voti e consenso nella traballante alleanza di centrodestra.

Fino al momento in cui l’Italia non si sarà liberata democraticamente di B. restiamo un Paese soggetto alle incursioni di leader e istituzioni straniere, siano esse finanziarie o politiche. Restiamo insomma un Paese da ‘caschi blu’, che ha bisogno dell’intervento internazionale, dove il problema non è nemmeno la cattiva gestione dell’economia o del governo, ma l’allucinatoria presenza di un grottesco personaggio da tv scadente che si è impadronito, con i suoi accoliti più o meno fascistoidi, di una buona fetta del potere.

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