Una petizione per salvare dall'abbandono il Parco Icori, adiacente alla Valle dei Templi
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Una petizione per salvare dall'abbandono il Parco Icori, adiacente alla Valle dei Templi

Ad Agrigento, la città della sete che nel 2025 dovrebbe assumere il ruolo di Capitale Italiana della Cultura, si assiste anche allo scandalo di un parco straordinario e di un meraviglioso teatro, realizzati all'indomani della rovinosa frana dell'estate de

Una petizione per salvare dall'abbandono il Parco Icori, adiacente alla Valle dei Templi
Agrigento
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20 Agosto 2024 - 19.11


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Ad Agrigento, la città della sete che nel 2025 dovrebbe assumere il ruolo di Capitale Italiana della Cultura, si assiste anche allo scandalo di un parco straordinario e di un meraviglioso teatro, realizzati all’indomani della rovinosa frana dell’estate del 1966, ma abbandonati da sempre. Nonostante alcune inaugurazioni, una delle quali in presenza del Capo dello Stato dell’epoca, queste sono state sostanzialmente “finte”. Proprio in questi giorni è stata avviata una raccolta firme su change.org per salvare il parco, che in pochi giorni ha già raccolto centinaia di adesioni da parte di associazioni culturali, esponenti della cultura e singoli cittadini.

Il Parco Icori, noto anche come Parco dell’Addolorata per la sua vicinanza all’omonimo quartiere pesantemente colpito dalla frana degli anni ’60, si trova in una posizione straordinaria: potrebbe essere un tutt’uno con il Parco Archeologico della Valle dei Templi, con vista sui templi dell’antica Akragas e affacciato sul Mediterraneo. I fondi pubblici per il suo recupero potevano essere trovati nel corso degli anni, così come l’interesse di privati lungimiranti, ma le risorse sono state destinate ad altro, spesso alimentando scempi urbanistici. Un esempio recente è la demolizione della Villa del Sole per costruire un mega asilo, destinato secondo molti a una gestione privata.

“La petizione ricorda che il Parco dell’Addolorata, o Parco Icori, si trova ai confini del centro abitato, fuori vista e ignorato da quasi tutti, nel più totale abbandono, con strutture ammalorate che mostrano i ferri del cemento armato, strade spaccate dalle piante spontanee, erba secca che copre le aiuole e il sottobosco, e mini-discariche di rifiuti di ogni tipo. Una bomba ecologica: in caso di incendio, il bosco alimentato dalle sterpaglie e dai rifiuti potrebbe divorare il parco in pochissimo tempo, mettendo in serio pericolo l’intera fascia boschiva che circonda la città e minacciando anche il centro abitato.”

Il Parco, nonostante il degrado, mostra ancora la sua grande bellezza, con una vista panoramica sulla campagna agrigentina e sul mare africano, dal molo di Porto Empedocle fino a Punta Bianca. La zona dell’Addolorata ha un’altra prerogativa importante: è l’unica area che mette in connessione diretta la Akragas-Agrigentum greca e romana con la Kerkent-Girgenti araba e normanna. Dopo la devastazione urbanistica del secondo dopoguerra, con la costruzione dei “tolli”, ignobili palazzoni che hanno sfigurato la vecchia Agrigento, il recupero della zona di Santa Croce e dell’Addolorata rappresenterebbe un promettente inizio per ripristinare la fondamentale connessione fisica e sentimentale tra i due insediamenti storici della città. Questa ricucitura è imprescindibile per riequilibrare l’armonia architettonica di Agrigento, e dovrebbe costituire il progetto più ambizioso per il futuro della città.

Attualmente, il Parco non è fruibile, anche se alcuni sparuti visitatori, soprattutto sportivi, si aggirano tra i suoi viali. Sin dalla sua consegna agli inizi degli anni ’90, il parco è stato parzialmente inaugurato più volte, ma non è mai stato pienamente collaudato né dichiarato agibile in tutte le sue parti. Lo spazio cinema, il teatro e la pista di pattinaggio non sono mai stati utilizzati.

I firmatari della petizione si chiedono perché questo luogo, che potrebbe essere una perla per la città, non sia oggetto di attenzione e recupero da parte degli amministratori, nonostante le numerose risorse pubbliche stanziate contro il dissesto idrogeologico, che potrebbero essere utilizzate per rivitalizzare il parco. Propongono di lanciare un concorso internazionale di idee per il recupero del Parco dell’Addolorata, sicuri che un luogo così suggestivo susciterebbe l’interesse di molti studi e gruppi di progettazione, garantendo un’elevata qualità delle proposte di intervento.

Quello che manca, denunciano i firmatari, sono idee e concretezza progettuale, frutto di una visione della città. Senza immaginare l’Agrigento dei prossimi decenni, ma appiattendosi sulla (mala)gestione del presente, non si può costruire alcun futuro. Probabilmente è tardi, una soluzione andava trovata per tempo, soprattutto in vista degli eventi del 2025 legati al titolo di Capitale Italiana della Cultura. Sarebbe bastato concentrare i finanziamenti che, invece, si disperderanno in mille rivoli, proprio come l’acqua che non arriva nelle case degli agrigentini, ma zampilla in qua e là nei quartieri.

Alla luce di ciò, i firmatari propongono una parziale agibilità del Parco che comprenda solo la zona del cinema all’aperto e del teatro. I costi e i tempi di recupero sarebbero ridotti, coinvolgendo anche operatori privati, e la città si doterebbe di due strutture di grande pregio. Gli spettacoli che oggi si tengono nel teatro approntato nella Valle potrebbero essere spostati nel teatro dell’Addolorata, un teatro all’aperto che, con oltre 2.000 posti (estensibili a 3.500-4.000), ambientazione e bellezza, sarebbe idoneo ad ospitare grandi eventi internazionali.

Per la gestione del Parco, la soluzione migliore sarebbe un affido congiunto alla forestale, per la cura del bosco, e all’Ente Parco Archeologico per la conduzione delle strutture. Questa soluzione appare la più logica, considerando che l’area dell’Addolorata confina con la Valle dei Templi, si trova a due passi dalla necropoli Pezzino e al suo interno custodisce aree suscettibili di indagini archeologiche.

Per parlare del futuro del Parco, è necessario prima di tutto mettere in sicurezza l’area dal rischio incendi. Oggi le sterpaglie, l’erba secca del sottobosco e i rifiuti che abbondano ovunque rappresentano una miccia pericolosissima per la sopravvivenza stessa del Parco.

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