Vigilessa uccisa, il gip accusa l'ex comandante Gualandi: "Aveva in mente l'omicidio, spiccata pericolosità sociale"
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Vigilessa uccisa, il gip accusa l'ex comandante Gualandi: "Aveva in mente l'omicidio, spiccata pericolosità sociale"

Secondo il gip di Bologna Domenico Truppa, Gualandi aveva «già in mente l'omicidio», quando il 16 maggio la vigilessa Sofia Stefani è arrivata al comando della polizia locale di Anzola per parlargli.

Vigilessa uccisa, il gip accusa l'ex comandante Gualandi: "Aveva in mente l'omicidio, spiccata pericolosità sociale"
Giampiero Gualandi e Sofia Stefani
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24 Maggio 2024 - 14.28


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Per la morte di Sofia Stefani, la vigilessa 33enne morta per un colpo di pistola alla testa, è stato fermato l’ex comandante Giampiero Gualandi, 63 anni, con il quale Sofia aveva avuto una relazione.

Secondo il gip di Bologna Domenico Truppa, Gualandi aveva «già in mente l’omicidio», quando il 16 maggio la vigilessa Sofia Stefani è arrivata al comando della polizia locale di Anzola per parlargli. Tra Gualandi e Stefani sarebbe iniziato un diverbio perché la donna insisteva per proseguire la relazione. Così Gualandi, «esasperato», le avrebbe sparato. Poi, subito dopo, si sarebbe dato da fare per «simulare una tragica fatalità». La ricostruzione del Gip è stata fatta «sulla base degli atti a disposizione» ed esclude, quindi, nettamente, che si sia trattato di uno sparo accidentale come sostiene l’indagato. 

Per il gip, Gualandi è stato fermato con le motivazioni di «una spiccata pericolosità sociale» e il rischio di «reiterazione del reato» di omicidio. «L’utilizzo dell’arma a fronte di un soggetto che risultava disarmato esprime una particolare mancanza di controllo e di consapevolezza dell’assoluta incongruità della propria condotta», spiega il Gip. Inoltre «le inquietanti modalità esecutive dell’azione criminosa poste in essere da Gualandi, che denotano non comune freddezza e disarmante facilità di ricorso all’uso di arma con effetto letale, non lasciano dubbi sulla sussistenza del concreto ed attuale pericolo di reiterazione di fatti analoghi a quelli per cui si sta procedendo», aggiunge.

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«Non dormo, mangio poco, sono esaurito», aveva scritto a Sofia il 14 maggio. E ancora: «Non ho più energia per sopportare la pressione, ansia, nervoso, tensione» e «Sono esausto, me ne vado via senza dire niente a nessuno, non reggo più nulla». Insomma, una reazione, secondo il giudice, che «appare perfettamente in sintonia con l’attività di molestia e pressione» esercitata sulla 33enne e dimostra «quello stato di esasperazione che verosimilmente si è trovato a gestire Gualandi, ben sapendo della visita della Stefani». 

Il giorno dell’omicidio gli arrivarono ben quindici chiamate dalla giovane. Le risposte di Sofia Stefani ai messaggi dell’indagato sono state, invece, eliminate dalla chat. È dunque «con questa tensione fortissima» che è avvenuto l’incontro tra i due nell’ufficio di Gualandi che si è presto trasformato in una discussione «all’interno della quale è ragionevole ritenere che l’uomo abbia impugnato la pistola e premuto il grilletto, per chiudere definitivamente i conti con una persona che lo ossessionava da alcuni mesi in maniera incessante». 

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