Licenziato per allusioni sessuali alla collega: la Cassazione respinge il ricorso
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Licenziato per allusioni sessuali alla collega: la Cassazione respinge il ricorso

La Corte di Cassazione ha stabilito che anche quando avvengono in un contesto scherzoso, le insinuazioni a sfondo sessuale rivolte a una collega da parte di un collega possono costituire motivo di licenziamento per quest'ultimo.

Licenziato per allusioni sessuali alla collega: la Cassazione respinge il ricorso
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26 Agosto 2023 - 14.34


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La Corte di Cassazione ha stabilito che anche quando avvengono in un contesto scherzoso, le insinuazioni a sfondo sessuale rivolte a una collega da parte di un collega possono costituire motivo di licenziamento per quest’ultimo.

Questa decisione è emersa nel corso della valutazione di un caso in cui un uomo è stato denunciato sia dalla sua collega che dalla società presso cui lavorava, che poi ha perso il posto di lavoro.

Nel suo appello, l’uomo ha cercato di difendersi affermando che le allusioni non erano idonee a ledere la dignità della persona. Tuttavia, i giudici di Roma hanno convalidato la decisione di licenziamento, sostenendo che il comportamento era giustamente sanzionabile.

Era stato denunciato per stalking

 A essere oggetto di allusioni verbali e fisiche è stata una giovane barista assunta con contratto a termine. La ragazza ha denunciato il collega prima per stalking e violenza sessuale e poi per le allusioni. La denuncia di violenza è stata, però, archiviata perché presentata troppo tardi. Quanto alle allusioni, i giudici della Cassazione hanno ritenuto questo comportamento “indesiderato e oggettivamente idoneo a ledere a violare la dignità della collega di lavoro”. Inoltre, hanno precisato che un simile atteggiamento non può essere giustificato dall’assenza della “volontà offensiva” e neanche dal fatto che “in generale il clima dei rapporti tra tutti i colleghi fosse spesso scherzoso e goliardico”.

La difesa del lavoratore

 La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza emessa prima dal Tribunale di Arezzo e poi dalla Corte d’Appello di Firenze. Entrambe le corti hanno ritenuto che nel comportamento dell’uomo può essere rinvenuta una giusta causa di licenziamento.

Contro la sentenza di secondo grado l’uomo ha presentato ricorso sostenendo l'”inattendibilità” della collega, poiché il gip aveva archiviato la denuncia di violenze sessuali e stalking. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha precisato che “il reato di stalking era estraneo ai fatti” che hanno portato al licenziamento e ha sottolineato che l’archiviazione della violenza era dovuta alla tardività della querela. 

“Licenziamento giusto”

 Nella sentenza i giudici considerano le allusioni come “comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”. E quindi può essere licenziato chi fa allusioni a una collega.

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