Migrazioni, oltre l'emergenzialismo: la sfida "visionaria" di Link 2007
Top

Migrazioni, oltre l'emergenzialismo: la sfida "visionaria" di Link 2007

Praticare una visione a 360 gradi che faccia i conti e dia risposte a un fenomeno epocale, che di emergenziale non ha nulla, come è quello delle migrazioni.

Migrazioni, oltre l'emergenzialismo: la sfida "visionaria" di Link 2007
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

20 Marzo 2023 - 18.57


ATF

Porre fine all’emergenzialismo. Praticare una visione a 360 gradi che faccia i conti e dia risposte a un fenomeno epocale, che di emergenziale non ha nulla, come è quello delle migrazioni.

E’ la sfida lanciata LInk2007, associazione di coordinamento consortile che raggruppa importanti e storiche Organizzazioni Non Governative di cooperazione e solidarietà internazionale: Amref, Cesvi, Ciai, Cisp, Coopi, Cosv, Elis, Icu, Intersos, Lvia, Medici Con L’africa Cuamm, Soleterre, Weworld, World Friends, Associazione Le Reseau, Fondazione Corti Onlus. Nasce per condividere e mettere in comune valori, conoscenze, esperienze e saper fare, per dare maggiore forza all’azione di cooperazione allo sviluppo e di aiuto umanitario, valorizzandone le diverse specificità pur mantenendone il senso profondo. 

Una visione lungimirante

“Per affrontare la questione delle migrazioni è indispensabile uscire dalla logica emergenziale e dalle contrapposizioni ideologiche, avviando un confronto costruttivo e duraturo che coinvolga tutte le realtà in grado di fornire un contributo concreto. A pochi giorni dall’ennesima tragedia del mare, “Link2007 – Cooperazione in rete” rinnova il suo impegno per il dialogo presentando il documento “Governo dell’immigrazione e cooperazione con i paesi di origine”, che intende porre le basi per un nuovo approccio alle politiche migratorie e alla gestione di rifugiati e richiedenti asilo. La rete di coordinamento – che raggruppa importanti e storiche Ong italiane di cooperazione e solidarietà internazionale – chiede a tutti gli attori coinvolti, a partire dal Governo e dal Parlamento, la valorizzazione dello straordinario patrimonio di esperienze e capacità di azione delle organizzazioni della società civile che da decenni lavorano al fianco dei migranti. 

Non considerare le migrazioni un fenomeno strutturale, che in quanto tale richiede di essere governato con strategie sistemiche e coordinate, significherebbe perpetuare un grave errore. Occorre pertanto passare dalla politica del Viminale alla politica di Palazzo Chigi, abbandonando l’attuale impostazione concentrata su sicurezza e contenimento. Per abbracciare una visione più  ampia è necessario in primo luogo colmare le tante lacune e distorsioni della narrazione dominante. A partire dai riflettori accesi in modo quasi esclusivo sui salvataggi delle Ong nel Mediterraneo centrale, che negli ultimi cinque anni sono state coinvolte soltanto nel 12-14% degli sbarchi totali. Altrettanto indifferibile è una revisione della normativa, che da oltre venti anni si fonda sulla legge Bossi-Fini, oggi ancor più inadeguata a fornire risposte in un mondo in rapido cambiamento. 

Leggi anche:  Naufragio in acque Sar maltesi, 9 morti tra cui una bambina: i superstiti portati a Lampedusa, 6 in gravi condizioni

Le istituzioni sovranazionali, in modo particolare Onu e Unione Europea, che devono certo essere più attive, sono però spesso relegate ai margini, mentre potrebbero favorire una governance globale delle migrazioni a patto di ricevere le dovute deleghe di competenze da parte degli Stati nazionali. In questo senso, assumono forte rilevanza anche il Patto globale dell’ONU per una migrazione sicura, ordinata e regolare e il Patto globale sui rifugiati, approvati nel 2018 dall’Assemblea del Palazzo di Vetro, che forniscono modelli utili ai Governi per l’elaborazione di politiche coordinate. 

A livello europeo è indispensabile cambiare al più presto le regole. Per governare il fenomeno servono norme chiare che definiscano gli ingressi sulla base degli indicatori socio-economici dei singoli Paesi. Solo in questo modo è possibile trasformare i bisogni dei Paesi di destinazione in opportunità per i nuovi venuti, assicurando ingresso e soggiorno regolari. Il tanto auspicato patto europeo sulle migrazioni non ha mai visto la luce, mentre la riforma degli accordi di Dublino sui richiedenti asilo non è al momento in agenda. Quest’ultima richiederà tempo e trattative, ma nel frattempo l’Italia può adottare un sistema d’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo diffuso su tutta la penisola, con piccoli numeri per ogni regione e provincia, così da rafforzare il legame tra territorio, accoglienza e inclusione. 

Leggi anche:  Sbarcati a Ravenna i 202 naufraghi soccorsi dalla Life Support di Emergency: tra loro 15 donne e 18 minori

Nonostante la difficile congiuntura, sono molteplici le azioni che possono contribuire a cambiare il quadro globale: dall’assicurare ai Paesi più poveri lo 0,7% del Reddito nazionale lordo promesso dai Paesi Ocse (l’Italia è ferma interno allo 0,25%), ad accordi di riammissione e rimpatrio siglati in una prospettiva di partenariato e vera cooperazione; dalla concessione della cittadinanza alle nuove generazioni di immigrati inserite nel nostro tessuto sociale, alla lotta contro i trafficanti in Libia e altrove. 

Nel 2050 la popolazione dell’Africa raddoppierà per raggiungere circa 2,3 miliardi di persone, con un probabile bacino di 750 milioni di persone in età lavorativa. Allo stesso tempo, si prevede che la popolazione italiana diminuirà di 15 milioni. Occorre scorgere adesso le opportunità di questi sviluppi: l’Africa ha bisogno dell’Europa e l’Europa ha bisogno dell’Africa. La creazione di un partenariato euro-africano permanente, dotato di risorse sufficienti, può tracciare il solco di una rinnovata cooperazione tra i due continenti. Il nesso tra migrazioni e sviluppo è infatti forte e impone una riflessione sul tipo di complementarietà tra Africa e Europa, basata su comuni interessi e valori condivisi, mettendo fine all’insensato senso di superiorità per mettersi all’ascolto e definire un cammino comune. Tra i primi segnali concreti, la questione del debito dei Paesi africani, valutando l’opportunità di convertirlo in investimenti in valuta locale per la creazione di ricchezza e di nuovi posti di lavoro. Investimenti da integrare anche con il ruolo del settore privato, incentivato attraverso un Fondo Africa dedicato. 

Leggi anche:  Migranti, assolto l'equipaggio della nave Iuventa: l'accusa era di favoreggiamento all'immigrazione clandestina

Al contrario di quanto afferma la vulgata comune, la maggioranza dei migranti non proviene da Paesi in condizioni di estrema povertà, ma dispone delle risorse e dell’istruzione minime necessarie per poter immaginare e realizzare l’emigrazione. Molti di loro hanno educazione scolastica e parlano più lingue. Parecchi mostrano una spiccata iniziativa 

imprenditoriale, investendo sia in Italia che nei propri paesi di origine. Il loro transnazionalismo – il fatto cioè di essere integrati, pur mantenendo stretti legami con le comunità di origine – può favorire iniziative di co-sviluppo a livello territoriale, che coinvolgano comunità immigrate e pubbliche amministrazioni in Italia e nei territori di origine. 

Sono queste alcune delle proposte avanzate da LINK2007 nel nuovo position paper, con l’obiettivo di contribuire a definire politiche efficaci e condivise di accoglienza e gestione dei flussi migratori. Di fronte al perpetuarsi di morti, sfruttamento e naufragi è indispensabile un profondo ripensamento delle attuali norme. Sono più di 26.000 le persone annegate nel Mediterraneo negli ultimi 10 anni. Anni di scontri e di strumentalizzazioni politiche non hanno migliorato in alcun modo la condizione e la gestione degli stranieri che abbandonano il loro Paese in cerca di fortuna. È giunto il momento di voltare pagina”. 

A proposito del “Patto per l’Africa”

Dal Rapporto di Link 2007.

Il Piano di sviluppo on l’Africa richiede politiche coerenti. Una delle condizioni per potere realizzare il Piano di sviluppo con l’Africa, di cui da tempo si parla con denominazioni diverse, sta nel rendere coerenti le politiche dell’immigrazione con quelle della cooperazione internazionale allo sviluppo. La scarsa considerazione dei paesi da cui provengono gli immigrati, la rappresentazione ancora poco benevola dell’immigrazione, le difficoltà nell’accoglienza e nell’integrazione a partire dal riconoscimento dei diritti, gli atteggiamenti xenofobi, la burocrazia disumanizzante sono purtroppo segnali che contraddicono le aperture e gli sforzi per rafforzare il nesso tra migrazioni e sviluppo e facilitare rapporti duraturi e paritari con i paesi africani di 
emigrazione. La chiusura, a partire dalla comunicazione politica, impedisce di valorizzare le opportunità che possono derivarne, come impedisce di cogliere la spinta innovativa che questa presenza porta normalmente in sé e di cui sempre di più l’Italia avrà bisogno. Ne rimangono influenzate anche le scelte delle nuove generazioni che vedono spesso i migliori e le migliori giovani andare altrove, in particolare verso il centro-nord Europa dove si sentono più valorizzati e apprezzati.  Chiudiamo come abbiamo aperto  La migrazione, la ricerca di protezione e asilo e, più in generale, la mobilità umana sono realtà che l’Italia e l’Europa potranno governare solo uscendo da approcci emergenziali, contrapposizioni ideologiche e visioni legate ad un egoistico e immediato interesse nazionale. Sono in gioco problemi e opportunità che riguardano tutti e condizionano lo stesso futuro delle nostre società e la solidità dell’Unione europea.  Il Governo e il Parlamento italiani potrebbero trovare grande beneficio dal confronto, l’ascolto e il dialogo, in particolare con le organizzazioni specializzate della società civile che da decenni intervengono con iniziative diversificate e diffuse sul territorio a tutela, integrazione e valorizzazione degli immigrati, a salvaguardia dei valori fondanti della nostra società e nell’interesse dell’Italia. Si tratta di uno straordinario patrimonio di esperienza, conoscenza, capacità di azione e proposta, collaborazione con le istituzioni pubbliche e rapporti di rete con analoghe realtà nei paesi europei e in quelli di emigrazione. Sono enti del terzo settore, organizzazioni sociali, culturali, sindacali e delle diaspore, istituzioni ecclesiali e comunità di fede, enti educativi e formativi con coinvolgimento diretto nell’assistenza, la solidarietà, l’integrazione, il lavoro, l’educazione, la formazione, la cultura, il vissuto delle comunità, la cooperazione per lo sviluppo. 
Il confronto, l’ascolto e il dialogo sono anche l’obiettivo di Link2007 e lo scopo di questo documento”. L’ascolto. Una pratica salutare. 
Native

Articoli correlati