Migranti: nel Mediterraneo si muore ma il Governo preferisce litigare con l'Onu
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Migranti: nel Mediterraneo si muore ma il Governo preferisce litigare con l'Onu

Già 10.000 gli arrivi in Italia nel 2023 e il Mediterraneo di nuovo senza soccorsi con quattro navi Ong dirottate sui porti di Ancona, Ravenna e Civitavecchia

Migranti: nel Mediterraneo si muore ma il Governo preferisce litigare con l'Onu
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

18 Febbraio 2023 - 20.42


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Sessanta barchini arrivati sull’isola di Lampedusa dove l’hotspot è al collasso, altre 2500 persone bloccate dalla guardia costiera tunisina. Già 10.000 gli arrivi in Italia nel 2023 e il Mediterraneo di nuovo senza soccorsi con quattro navi Ong dirottate sui porti di Ancona, Ravenna e Civitavecchia.

E’ la sintesi perfetta (copyright Repubblica) di ciò che sta avvenendo nel Mediterraneo. E di fronte a una situazione del genere, il governo italiano non trova di meglio che litigare con l’Onu.

La nave salvavita

Così ne scrive Luca Pons per fanpage.it: “La nave Life Support di Emergency ha effettuato due soccorsi, nella notte tra il 15 e il 16 febbraio e nella mattinata. In tutto nelle due operazioni sono stati salvati 156 migranti. Le autorità italiane hanno assegnato il porto di Civitavecchia. “Nella notte – fa sapere Emergency – poco dopo le 12, la Life Support ha individuato un’imbarcazione in pericolo in acque internazionali”. Il comandante della nave “ha informato immediatamente tutte le autorità competenti e ha attivato il rescue team”. “La barca di legno, di circa 7 metri – afferma Emanuele Nannini, capo missione Sar di Emergency – è comparsa improvvisamente sul radar. Si è avvicinata spontaneamente alla nostra nave: in un primo momento i naufraghi hanno tentato di salire direttamente a bordo, pratica che rischiava di compromettere la loro incolumità. L’imbarcazione era sovraffollata e quindi molto instabile. Si sono tranquillizzati solo quando hanno visto attivarsi il team. Le persone soccorse ci hanno segnalato di aver incrociato un’altra imbarcazione come la loro in mare in condizioni precarie e senza nessun dispositivo di sicurezza.” Il trasferimento dei naufraghi sulla Life Support si è concluso alle 2.30 del mattino. I 46 naufraghi, di cui tre minori, sono tutti uomini che provengono da Bangladesh, Pakistan, Sudan, Eritrea ed Egitto.

Dopo aver concluso le operazioni di salvataggio e aver informato le autorità, la Life Support ha chiesto un porto dove sbarcare i naufraghi. Mentre attendeva una risposta, ha ricominciato le attività di ricerca dell’imbarcazione segnalata dalle persone soccorse durante la notte. Verso le 8.30 del mattino, un’ora dopo aver ricevuto il Pos (Place of safety), la Life Support ha individuato un’altra imbarcazione in difficoltà un gommone grigio di una decina di metri. A questo punto la nave ha iniziato le operazioni di salvataggio in coordinamento con il Centro di coordinamento marittimo italiano, che nel frattempo aveva indicato il Pos di Civitavecchia.
“Stava imbarcando acqua – dichiara Domenico Pugliese, comandante della Life Support. – Era così sovraccarico che le persone sedute sui tubolari avevano le gambe in acqua”. I naufraghi sono 110 persone tra cui 26 minori non accompagnati, due donne e tre bambini sotto i 10 anni.

L’Ong denuncia anche di aver ricevuto minacce da mezzi libici. “la Life Support è stata avvicinata da un mezzo veloce che ha effettuato manovre azzardate e intimidatorie senza identificarsi e senza dare alcun tipo di comunicazione, nonostante la Life Support abbia chiesto ripetutamente un contatto radio. Emergency ha scoperto che il mezzo in questione apparteneva alle Ssa (Stability Support Apparatus, un organismo dipendente dal ministero dell’Interno libico). Denunciamo le intimidazioni ricevute e le manovre azzardate nei nostri confronti da parte di un mezzo che appartiene a forze di sicurezza libiche. Confermiamo che la nostra nave si trovava a oltre 25 miglia nautiche dalla costa libica, quindi a debita distanza delle acque territoriali che terminano a 12 miglia, come riscontrabile dagli apparati di navigazione presenti a bordo. Il nostro mandato è e rimane soccorrere vite in mare, un bisogno confermato anche dai naufragi avvenuti in questi giorni”.

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E Roma litiga con l’Onu.

Le critiche che le Nazioni Unite hanno rivolto al decreto Ong del governo Meloni sono “infondate, intrise di visioni ideologiche, gravi”. Ha commentato così Nicola Molteni, sottosegretario al ministero dell’Interno, intervistato da Radio24. Per Molteni, le parole dell’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Volter Türk, sono “prive di fondamento e inopportune”, perché “pensare che un governo possa fare un decreto per incentivare le morti in mare è inaccettabile”.

Cosa ha detto l’Onu sul decreto Ong del governo Meloni.

Il decreto Ong è stato approvato dalla Camera pochi giorni fa, nonostante le critiche delle opposizioni, e dovrebbe diventare legge entro il 3 marzo. Ieri, Türk ha commentato il decreto Ong italiano con una nota, esprimendo “serie preoccupazioni per una proposta di legge in Italia che potrebbe ostacolare la fornitura di assistenza salvavita da parte delle organizzazioni umanitarie di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, con conseguenti più morti in mare”.

In particolare, l’Alto commissario ha detto che “osserviamo tutti con orrore la difficile situazione di coloro che attraversano il Mediterraneo e il desiderio di porre fine a quella sofferenza è profondo”, ma che un decreto come quello del governo Meloni “è semplicemente il modo sbagliato per affrontare questa crisi umanitaria. La legge punirebbe efficacemente sia i migranti che coloro che cercano di aiutarli. Questa penalizzazione delle azioni umanitarie probabilmente scoraggerebbe le organizzazioni umanitarie e per i diritti umani dal compiere il loro lavoro cruciale”.

Il rappresentante delle Nazioni Unite ha contestato diversi punti del decreto, a partire dal fatto che spinge le navi di Ong a dirigersi immediatamente al porto sicuro, “rinunciando a ulteriori soccorsi anche se sono nelle immediate vicinanze di persone in difficoltà”, quando poi il governo “ha recentemente designato porti di sbarco distanti, a volte giorni di navigazione lontani dal sito di salvataggio originale”.

Non solo, ma la legge “rischia anche di aumentare le intercettazioni e i rimpatri in Libia”, un Paese che – come è stato chiarito più volte – “non può essere considerato un porto sicuro di sbarco”. Insomma, l’invito dell’Onu è stato quello di “ritirare la proposta di legge e consultare i gruppi della società civile, in particolare le Ong di ricerca e soccorso”, per scriverne un’altra più conforme al rispetto dei diritti umani.

“L’Italia non può prendere lezioni sull’immigrazione da nessuno”, ha risposto Nicola Molteni. “L’Italia è l’unico Paese del Mediterraneo che fa attività di salvataggio in mare. Non lo fanno Malta, Grecia, Spagna, lo fa solo l’Italia”, ha concluso il sottosegretario leghista.

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Come l’Italia sta inondando di migranti il resto d’Europa.

A darne conto è un documentato report di Dario Prestigiacomo per EuropaToday: “Si chiama Marco Romano, è un politico di centrodestra, ma a dispetto del nome non è italiano. Anzi, in questi giorni ha più volte preso di mira l’Italia. Il motivo? Il nostro Paese starebbe inondando di migranti illegali la sua Svizzera. Un’accusa che è stata mossa al governo di Giorgia Meloni da diversi Paesi Ue all’utlimo vertice di Bruxelles. Come la ministra belga Nicole de Moor, anche lei di centrodestra: “Gli italiani rifiutano di riprendersi i richiedenti asilo”, ha detto la scorsa settimana. È l’altra faccia della migrazione in Europa, quella dei cosiddetti movimenti secondari. Su cui la Commissione Ue ha annunciato, sotto la pressione di Olanda e altri, di voler imporre una stretta.

I movimenti secondari.

 “I movimenti secondari sono una legittima preoccupazione in alcuni Paesi membri”, ha dichiarato la commissaria europea Mairead McGuinness, annunciando le prossime mosse della roadmap Ue per le migrazioni. “Dobbiamo ridurli e ridurre gli incentivi ai movimenti secondari – ha aggiunto – Lavoreremo con i Paesi per assicurare che venga applicato il percorso di Dublino”. Già, perché il regolamento di Dublino, come è noto, prevede che a farsi carico dell’accoglienza dei migranti siano in prima battuta i Paesi di approdo, come Italia e Grecia. Perché questo avvenga, tali Paesi devono registrare tutti le richieste d’asilo, e solo dopo operare con i rimpatri di chi non ha diritto alla protezione.

Ma accoglienza e rimpatri costano, e le procedure burocratiche sono lunghe. Così, stando a quanto sostengono (non da oggi) i governi del Centro e del Nord Europa, le autorità italiane e greche avrebbero preso l’abitudine di non registrare una parte dei migranti, o di registrarli come minorenni, laddove possibile. In questo modo, per loro sarà più facile tentare la fuga verso il resto del Continente, in direzione di Francia, Germania, Belgio e Olanda, per esempio, tra le mete più ambite da chi sbarca sulle nostre spiagge.

L’allarme tedesco.

A confermare le accuse all’Italia ci sarebbero i dati. Nei giorni scorsi, ha suscitato clamore in Germania il rapporto dell’Ufficio federale per le migrazioni ei rifugiati (Bamf). Dei 151.277 migranti giunti in Germania nel 2022 per presentare domanda d’asilo, ben due terzi (ossia 101mila) “non avevano riscontro su Eurodac”. Eurodac è il database europeo delle impronte digitali sa cui tutti gli Stati Ue devono fare riferimento per registrare coloro che richiedono asilo e per le persone fermate mentre varcano irregolarmente una frontiera esterna dell’Unione europea.

Se uno Stato, mettiamo l’Italia, inserisce un migrante nell’Eurodac, deve poi occuparsene in termini di accoglienza o rimpatrio: se fugge e va in un altro Paese Ue, l’Italia è obbligata a riprenderselo. Ma se non usa Eurodac, e il migrante va, per esempio, in Germania, allora a quel punto le autorità tedesche sono costrette a registrare e accogliere (o rimpatriare a proprie spese) la persona in questione. Ed è proprio questo il sospetto sollevato da più governi Ue, ossia che l’Italia adotti degli stratagemmi per favorire il flusso di migranti dal suo territorio verso il resto d’Europa.

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Il caso svizzero.

Ma non è l’unico stratagemma. Il caso  svizzero è emblematico: in base a un accordo Berna, l’Italia ha accettato di riprendere i richiedenti asilo che oltrepassano il confine svizzero entro 24 ore, utilizzando una procedura semplificata. Ma l’accordo non funziona: delle 2.900 persone fermate dalle autorità di Berna al confine meridionale a dicembre, l’Italia ha ripreso solo 573 persone. È una media di 20 persone al giorno. Nel 2022, oltre 54mila migranti sono arrivati in Svizzera, la stragrande maggioranza dal nostro Paese. Per sua fortuna, lo Stato elvetico ha anche altri confini, che i migranti illegali attraversano volentieri (in uscita dai cantoni) per raggiungere le loro mete preferite: Germania, Francia e Austria. Sono questi Paesi, del resto, a registrare i numeri maggiori di richieste di asilo (pur non essendo certo territori di primo approdo): nel 2021, per esempio, la Germania ha registrato 190mila domande di protezione (un terzo del totale Ue), la Francia 120mila. L’Italia è al quarto posto dopo la Spagna, con 53mila. Non molte di più dell’Austria e del Belgio (38mila e 24mila), le cui popolazioni sono decisamente di numero inferiore rispetto alla nostra.

I minorenni di Ventimiglia.

Un altro stratagemma usato per far defluire i migranti dall’Italia verso il resto d’Europa è quella di registrare il più alto numero possibile di minorenni: “Se gli italiani registrano una persona come minorenne all’arrivo, non possiamo più rifiutarlo, a meno che non vogliamo una lite diplomatica”, ha spiegato un poliziotto francese alla frontiera con Ventimiglia. “Quando arrivano i barconi, le autorità italiane fanno una valutazione: un migrante sembra minorenne o no? Si tiene conto di un margine di due anni, sempre a favore della minore età”, ha raccontato Fulvio Vassallo Paleologo, docente dell’Università di Palermo ed esperto del fenomeno migratorio.

Questa situazione non fa altro che inasprire il dibattito politico europeo sulla riforma del regolamento di Dublino. “I Paesi di ingresso e transito dell’Ue stanno violando penalmente il loro dovere di registrare i dati dei migranti senza visto – ha tuonato il ministro della regione tedesca della Bavaria, Joachim Herrmann, il cui partito è asse portante del Ppe, la principale forza politica in Ue – Il fatto che sempre più persone entrino completamente nell’Ue senza controllo è anche un crescente rischio per la sicurezza”, ha avvisato.

Se l’Italia chiede che il resto dell’Europa si faccia carico dell’accoglienza dei migranti che sbarcano sulle nostre coste, il resto d’Europa risponde che lo stanno già facendo, accogliendo quelli “sfuggiti” ai controlli delle autorità italiane. Accuse e contro accuse che vanno avanti da tempo. E che, per il momento non hanno trovato nessuna soluzione”.

Criticata dall’Europa. Contestata dall’Onu. Ma per Giorgia Meloni sembra valere l’ardito motto di mussoliniana memoria: “Tanti nemici, tanto onore”.

Povera Italia.

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