La crisi non "disarma". Se i pacifisti salissero al Quirinale...
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La crisi non "disarma". Se i pacifisti salissero al Quirinale...

È altrettanto cosa buona e giusta (e impegnativa) sostenere centri di documentazione preziosi come Milex, l’Osservatorio sulle spese militari italiane

La crisi non "disarma". Se i pacifisti salissero al Quirinale...
Pace e pacifismo
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17 Luglio 2022 - 15.59


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Quando si parla d’informazione corretta, puntuale, documentata, in materia di armamenti e spese militari, è cosa buona e giusta leggere e studiare articoli, report, documenti redatti da persone più che competenti in materia. Giorgio Beretta è tra queste persone. Ed è altrettanto cosa buona e giusta (e impegnativa) sostenere centri di documentazione preziosi come Milex, l’Osservatorio sulle spese militari italiane, che annovera studiosi appassionati e combattivi, oltre che preparati, come, per fare due nomi tra i tanti, Francesco Vignarca e Enrico Piovesana. 

Un attestato dovuto, specie in tempi di guerra come quelli che viviamo e dentro una crisi politica e di governo nella quale tutti i protagonisti (e comparse) parlano di tutto meno che di disarmo (salvo rare eccezioni).

Missioni estere crescono

In uomini e mezzi. A darne conto è il report di Enrico Piovesana: “Oltre alla partecipazione alla forza di reazione ultra-rapida della Nato (Vjtf) attivata in funzione di difesa anti-russa – 86 milioni di euro per l’approntamento di 1.350 uomini e relativi mezzi terrestri e aeronavali da combattimento – si registra l’invio di nutriti contingenti dell’Esercito Italiano per la formazione dei Battle Group Nato in Bulgaria (750 uomini, comando italiano) e Ungheria(250 uomini) per un costo totale di quasi 40 milioni di euro e il rinforzo della nostra presenza militare in Lettonia (che sale a 250 uomini) per 30 milioni.

L’altro notevole incremento riguarda le operazioni di difesa aerea anti-russa della Nato a cui partecipano i caccia della nostra Aeronautica Militare che pattugliano i caldissimi cieli della Polonia confinante con l’Ucraina (dopo aver pattugliato quelli della Romania e del Mar Nero) e le aerocisterne e aerei-spia italiane che operano a supporto degli altri caccia NATO. Un incremento di costi (da 33 a 79 milioni e da 2 a 17 milioni) dovuto all’intensificazione delle sortite e quindi dell’aumento delle ore di volo.

E’ invece dovuto all’invio di nuove navi militari della Marina Militare con relativi equipaggi l’incremento del costo (da 17 a 50 milioni) della partecipazione alla missione Nato di pattugliamento navale in funzione anti-russa nel Mediterraneo Orientale e nel Mar Nero, dove incroceranno i nostri cacciamine a supporto delle Marina militare rumena.

Collegato alla guerra in Ucraina e alle tensioni tra Nato e Russia è anche l’incremento del costo della partecipazione alla missione NAto nei Balcani(da 81 a 109 milioni) dovuto preallertamento di un battaglione dell’Esercito Italiano pronto a intervenire nella regione per contrastare tensioni legate alla crisi internazionale est-europea.

Indirettamente legata alla crisi è anche la nuova missione militare in Mozambico(costo 1,2 milioni) a supporto delle forze armate locali che operano in funzione anti-guerriglia nella provincia di Cabo Delgado, teatro di una ribellione – sfruttata da gruppi jihadisti – a seguito della scoperta di mega-giacimenti di gas off-shore strategiche per l’Eni in vista dello stop delle forniture russe.

Restando in Africa, in Mali la missione italiana continua a costare una cifra ingente seppur in diminuzione (da 49 a 35 milioni) nonostante la chiusura dell’operazione anti-jihadista Takuba a guida Francese in seguito alla rottura diplomatica con la giunta golpista di Bamako e il suo progressivo riposizionamento nel vicino Niger, dove infatti si registra per la missione italiana un incremento di costi (da 44 a 62 milioni) e di personale.

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In Libia, se da una parte si registra una riduzione dell’operazione nazionale di supporto medico a Misurata – Miasit, ex Ippocrate – e quindi del suo costo (da 47 a 40 milioni), dall’altra si mantiene consistenza e costo della missione di supporto alla Guardia Costiera e alla Marina libiche(95 milioni) prevedendo anzi un rafforzamento del dispositivo aeronavale. Questo nonostante le mozioni parlamentari che chiedevano al Governo il superamento di questa missione con il trasferimento delle sue funzioni alle missioni europee– che invece rimangono puramente simboliche: la missione europea di assistenza alle frontiere (EU Border Assistance Mission in Libya – Eubam) conta 5 uomini dall’Italia (per meno di mezzo milione di euro).

Da ultimo l’Iraq, dove è ancora in corso il passaggio di consegne tra la missione anti-Isis a guida Usa e quella Nato di cui l’Italia ha assunto il comando: qui il travaso di uomini e mezzi risulta in un incremento dei costi complessivi (da 245 a quasi 300 milioni) in virtù del raddoppio dei mezzi terrestri schierati (da 110 a quasi 200)”.

Fin qui il report di Milex

Quello che i palazzi non dicono…

Ma che non sfugge a Giorgio Beretta. Che ne scrive su unimondo a maggio. “Un semplice “Errata corrige”. Di quelli che si appiccicano nei libri per segnalare qualche piccolo refuso. E’ il metodo adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per correggere una serie di dati, tra cui il maggiore per la modica cifra di oltre 4,5 miliardi di euro relativi alle esportazioni di sistemi militari, nella “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”. Relazione che era stata inviata al parlamento lo scorso 5 aprile e pubblicata alcuni giorni dopo sui siti di Camera e Senato. Relazione che i funzionari dell’ufficio di Presidenza del Consiglio avevano letto considerato che, come sempre, ne avevano fatto una presentazione riportando i dati recepiti dai vari ministeri. Ma che evidentemente non avevano compreso. Perché chiunque avesse avuto un minimo di dimestichezza con le precedenti Relazioni o avesse posto anche solo po’ di attenzione alle cifre non poteva non notare che quei 225 milioni di euro di esportazioni di materiali d’armamento riportati dall’Agenzia delle Dogane per l’anno 2021 cozzavano con gli oltre 4,6 miliardi di euro di autorizzazioni all’esportazione concesse dall’Autorità Nazionale Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) e ancor più con gli oltre 5 miliardi di euro di operazioni, relativi soprattutto ad incassi dall’estero, segnalate dal Ministero dell’Economia e della Finanze. Un po’ come se una ditta nello stesso anno registrasse 4,6 miliardi di ordinativi, oltre 5 miliardi di incassi e vendite per soli 250 milioni di euro: l’Agenzia delle Entrate invierebbe i funzionari per ispezionare i libri contabili e del magazzino.

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Il macroscopico errore dell’Agenzia delle Dogane

Invece niente di tutto questo, nessuna ispezione e via libera alla pubblicazione della Relazione governativa che – come dicevo – è avvenuta ai primi di aprile. L’Agenzia delle Dogane riportava operazioni doganali relative a “Esportazioni definitive”, cioè per spedizioni all’estero di materiali militari, per un valore complessivo pari a 225.151.624,16 euro e per tutti andava bene. Ma non a me che da oltre vent’anni leggo queste Relazioni e un minimo di conoscenza in materia credo di essermela fatta. Così, lo scorso 20 aprile in un articolo per Il Manifesto segnalavo le numerose incongruenze nei dati contenuti nella relazione evidenziando che “l’Agenzia delle Dogane, che è tenuta a certificare le esportazioni di armamenti italiani, non le sta riportando tutte: e questo è grave perché inficia radicalmente la possibilità di controllo parlamentare e della società civile sulle esportazioni effettive di armamenti italiani”. Tra i miei quattro lettori, evidentemente c’è qualche funzionario governativo ed è stato così che, il 13 maggio scorso sui siti di Camera e è apparsa una nuova versione dei due volumi della Relazione governativa. Nuova versione (denominata nei file in pdf: vers.2) che, nel primo volume, riporta alla prima pagina un “Errata Corrige” e che invece è stata completamente rifatta nel secondo volume in cui la relazione dell’Agenzia delle Dogane è stata integrata introducendo di soppiatto 271 pagine relative soprattutto alle “Esportazioni definitive” il cui valore adesso è di 4.794.025.000,65 euro: una bella differenza rispetto ai 225.151.624,16 euro riportati nella prima versione.

Record storico nel 2021 di esportazioni effettive

Si scopre così che nel 2021, anno ampiamente segnato dalla pandemia per Covid-19, le aziende militari italiane hanno lavorato a pieno ritmo esportando nel mondo armamenti per un record storico di quasi 4,8 miliardi di euro. Tra i maggiori destinatari di sistemi militari “made in Italy” figurano Qatar (958.849.653 euro), Kuwait (875.393.504 euro), Egitto(773.289.163 euro), Turkmenistan (378.470.352 euro) tutti paesi che, come noto, non primeggiano certo per livelli di democrazia e di rispetto dei diritti umani. Scorrendo il lungo elenco, dopo Regno Unito (233.466.565 euro), Stati Uniti (223.451.692 euro), Francia (148.001.753 euro) troviamo l’Arabia Saudita (135.844.327 euro) e Emirati Arabi Uniti(122.460.394 euro) di poco preceduti dalla Germania (128.755.982 euro) e subito seguiti dal Pakistan (87.774.972 euro).

Ripresa anche delle nuove autorizzazioni

La nuove autorizzazioni individuali mostrano un leggero calo passando dai 3.927.988.408 euro del 2020 ai 3.648.843.633 euro dell’anno scorso, calo che è compensato dalle “licenze globali” che riguardano soprattutto progetti militari i cui destinatari sono i paesi dell’Unione europea e della Nato: ai 3.648.843.633 di euro di “autorizzazioni individuali” (cioè per singole licenze di esportazione) vanno infatti sommati i 1.012.348.699 euro di “licenze globali” e “licenze generali” e “intermediazioni” che rappresentano per le aziende uno strumento di semplificazione delle procedure: il totale definitivo delle autorizzazioni rilasciate nel 2021 è dunque di 4.661.192.334 euro, in leggero aumento rispetto all’anno precedente (4.647.446.532 euro).

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Sul calo delle licenze individuali ha influito anche la diminuzione degli ordinativi soprattutto dei Paesi extra-UE che, con limitate risorse, hanno dovuto fronteggiare la pandemia da Covid-19. Anche per questo, per la prima volta negli ultimi sei anni, il valore delle autorizzazioni individuali all’esportazione verso i Paesi Ue e Nato supera quello dei Paesi esterni alle due alleanze politiche e militari dell’Italia: si tratta di 1,9 miliardi di euro (pari al 52,1%) a fronte di 1,7 miliardi (il 47,9%) rilasciati ai Paesi extra Ue-Nato.

Sempre più armi nelle zone di tensione

Ma anche quest’anno il primo destinatario delle nuove licenze per armamenti italiani è un paese del Medio Oriente, il Qatar, che con oltre 813 milioni di euro supera ampiamente Stati Uniti (763 milioni), Francia (306 milioni) e Germania (263 milioni). Tra i principali acquirenti figurano anche Pakistan (204 milioni), Filippine (99 milioni), Brasile (73 milioni), India (60 milioni), Emirati Arabi Uniti (56 milioni), Malaysia (48 milioni), Arabia Saudita (47 milioni) e l’immancabile Egitto (35 milioni) – che era stato il primo destinatario nei due anni precedenti  – i cui corpi di polizia e enti governativi continuano ad essere riforniti dall’Italia di “armi leggere” tra cui pistole e fucili automatici. Più di 970 milioni di euro di licenze di esportazione (pari al 26,6%) riguarda l’Africa settentrionale e Medio oriente: un dato preoccupante considerato che quest’area costituisce una delle zone di maggior tensione del mondo. Una zona in cui il governo Draghi, come i suoi predecessori, ha dunque continuato a inviare armamenti. Mentre – come hanno rivelato vari sondaggi d’opinione – i cittadini italiani da anni chiedono ai vari governi di rispettare rigorosamente le norme della legge 185/1990 che vieta espressamente di esportare armamenti a paesi in guerra e i cui governi sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani”. 

Così l’articolo. 

La “morale” politica la trarre lo stesso autore che in un tweet  di questi giorni crisaioli, annota: C’è un record storico del governo Draghi di cui nessuno parla, nessuno solleva domande né fa una crisi di governo: 4,8 miliardi di euro di export di #armamenti nel 2021. E i maggiori destinatari sono autocrati e dittatori.

Ecco, se a salire sul Colle quirinalizio fosse anche una delegazione di sapienti disarmisti, il Presidente Mattarella ne avrebbe di cose serie di cui discutere. Ma questo rimane, ahinoi, un sogno. Anche perché quando in Parlamento c’era gente seria e preparata in materia, come Giulio Marcon, chi decide tu sì, tu no, ha deciso di farne a meno. Compiacendo la lobby degli armamenti, quella che decide, eccome decide, carriere politiche e nomine milionarie nei Cda che pesano. 

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