Don Tonio dell’Olio, il sacerdote pacifista che vuole esportare la pace in Russia
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Don Tonio dell’Olio, il sacerdote pacifista che vuole esportare la pace in Russia

don Tonio dell’Olio, figura storica del movimento per la pace e presidente di “Pro Civitate Christiana”, l’associazione di Assisi il cui obiettivo è offrire “accoglienza e opportunità, linfa e respiro, missione e servizio”.

Don Tonio dell’Olio, il sacerdote pacifista che vuole esportare la pace in Russia
don Tonio dell’Olio e papa Francesco
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3 Maggio 2022 - 21.25


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Lui è un sacerdote pacifista che è andato fino in Ucraina a testimoniare la pace. E ora vuole esportare la pace in Russia.

 “Dopo la marcia per la pace a Leopoli, dove siamo andati portando aiuti e riportando in Italia famiglie in necessità, stiamo pensando alla Russia. Si va costituendo un nuovo soggetto, “StoptheWarNow”, che intende raccogliere tutto il movimento non violento, fatto di tante associazioni e sigle diverse, che non si accontentano di manifestare contro la guerra ma che pensa ad azioni reali, a ‘invasioni pacifiche’ che possano rispondere all’esigenza di chi vuole fermare il conflitto adesso”. 

Lo ha detto nei giorni scorsi  all’Agenzia Fides don Tonio dell’Olio, figura storica del movimento per la pace e presidente di “Pro Civitate Christiana”, l’associazione di Assisi il cui obiettivo è offrire “accoglienza e opportunità, linfa e respiro, missione e servizio”.

Dell’Olio, già coordinatore nazionale di “Pax Christi”, ricorda azioni storiche come il viaggio per la pace compiuto a Sarajevo da un’ampia delegazione guidata da don Tonino Bello (1935-1993), ex Vescovo di Molfetta dichiarato Venerabile, di cui è in corso il processo di beatificazione.
Ora Don Dell’Olio dice: “Solo marciare non basta più”.

Secondo il presidente di “Pro Civitate Christiana”, la società civile in Italia e in Europa in questi anni ha fatto compiere un salto di qualità alla cultura della pace e oggi si oppone a una logica della guerra “che passa dall’aumento in tutta Europa della spesa militare che significa poi una nuova corsa al riarmo”.

“Oltre al riarmo – avverte – c’è anche un elemento culturale, una logica per cui ‘il mio vicino può essere il mio nemico’, e la paura di essere aggrediti può trasformarsi, come è già avvenuto, in aggressione. E’ una cultura che si somma ad aspetti psicologici e che prepara il terreno all’ennesima guerra, che ormai non viene definita più col suo nome ma con camuffamenti semantici come ‘missione di pace’ o ‘ingerenza umanitaria’. La società civile europea è stata però in grado di cambiare alcuni paradigmi: gli aiuti e l’assistenza erano visti prima solo come un sostegno alle popolazioni, come se un conflitto fosse pari a una catastrofe naturale, un terremoto o un’alluvione. La guerra invece si può evitare e questo è possibile solo se si guarda al futuro e si lavora perché cambi totalmente l’approccio verso i conflitti e ci si opponga a questo messaggio, che surrettiziamente arriva col riarmo”.

Prosegue Dell’Olio: “Il riarmo è il contrario del dialogo. Del resto, in Italia già don Milani ci ricordava che, dopo la Seconda guerra mondiale, non vi sono state più guerre di difesa del territorio nazionale. Ecco perché c’è poi stato l’inganno delle cosiddette ‘missioni di pace’ che in realtà erano guerre. Così si poteva ripudiare la guerra, come dice la Costituzione italiana, ma farla lo stesso perché guerra non era. La società civile può e deve svolgere un ruolo – conclude Dell’Olio – perché dalla Seconda guerra mondiale in poi non si combatte più solo fra eserciti ma in mezzo alla gente, se è vero che nei conflitti moderni nove vittime su dieci sono civili. Ecco perché prima di tutto dobbiamo parlare a ai nostri fratelli ucraini e russi, e con loro giocare un ruolo attivo per fermare il conflitto”.

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